Pubblicità online, Google colpevole di monopolio: rischio separazione dei servizi

Pubblicità online, Google colpevole di monopolio: rischio separazione dei servizi

Google ha perso una causa antitrust negli USA per pratiche monopolistiche nel settore della pubblicità online. Possibili divisioni aziendali. Google annuncia ricorso, difendendo la qualità dei propri strumenti pubblicitari per editori e inserzionisti.

di pubblicata il , alle 06:01 nel canale Web
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Google ha perso uno dei più importanti processi antitrust della sua storia. A stabilirlo è la sentenza emessa dalla giudice federale Leonie Brinkema in Virginia, che ha riconosciuto la colpevolezza di Big G per pratiche anticoncorrenziali nel settore della pubblicità digitale.

Secondo la Corte, Google ha costruito e mantenuto illegalmente un monopolio nei mercati dei server pubblicitari per editori e degli ad exchange, ossia le piattaforme che gestiscono le aste per la vendita degli spazi pubblicitari online.

"Per oltre un decennio, Google ha deliberatamente messo in atto una serie di condotte anticoncorrenziali per acquisire e mantenere il potere monopolistico nei mercati del server pubblicitario per editori e dell'ad exchange per la pubblicità display sul web aperto", scrive Brinkema nella sua decisione. "Google ha legato insieme il suo server pubblicitario per editori e il suo ad exchange attraverso politiche contrattuali e integrazioni tecnologiche, riuscendo così a consolidare e difendere il suo monopolio in questi due mercati".

La causa, intentata dal Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti (DOJ), sosteneva che Google controllasse in maniera illegittima più segmenti dell'ecosistema pubblicitario online. La società, sempre secondo l'accusa, avrebbe manipolato le aste pubblicitarie e penalizzato editori e concorrenti, imponendo tariffe più alte e riducendo la trasparenza. "Google ha truccato le aste pubblicitarie", ha sostenuto il DOJ durante il processo, aggiungendo che l'azienda ha costruito un sistema chiuso che soffoca la concorrenza e favorisce solo sé stessa.

Il verdetto, oltre a confermare la condotta illecita, apre la strada a possibili conseguenze molto più gravi per il colosso di Mountain View. Il Dipartimento di Giustizia ha infatti richiesto la separazione delle attività legate ai server pubblicitari per editori e agli ad exchange. In altre parole, si prospetta uno smantellamento parziale dell'impero pubblicitario di Google, un settore che nel 2023 ha generato oltre 95 miliardi di dollari di entrate.

La giudice Brinkema ha precisato che le pratiche di Google hanno danneggiato "i clienti editori di Google, il processo competitivo e, in ultima analisi, i consumatori di informazioni sul web aperto". Ha inoltre criticato l'azienda per aver cancellato chat interne rilevanti, pur decidendo di non infliggere sanzioni per questa condotta, in quanto le prove presentate sono risultate sufficienti a fondare il verdetto.

Google, da parte sua, non si dà per vinta. In una dichiarazione rilasciata ai media, la vicepresidente per gli affari normativi, Lee-Anne Mulholland, ha dichiarato: "Abbiamo vinto metà del caso e faremo appello sull'altra metà. Il tribunale ha stabilito che i nostri strumenti per gli inserzionisti e le nostre acquisizioni, come DoubleClick, non danneggiano la concorrenza. Non siamo d'accordo con la decisione riguardante i nostri strumenti per gli editori. Gli editori hanno molte opzioni e scelgono Google perché i nostri strumenti di ad tech sono semplici, convenienti ed efficaci".

Il caso si aggiunge a un altro processo in corso contro Google per abuso di posizione dominante nel mercato della ricerca online, nel quale il DOJ ha proposto rimedi altrettanto radicali, come la separazione del browser Chrome dal motore di ricerca. Per Google si preannuncia una battaglia legale lunga e complessa, ma con un rischio sempre più concreto: la fine dell'integrazione verticale che per anni ha sostenuto il suo dominio sulla pubblicità digitale.

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