Chrome fa gola Anche a Perplexity, ma la vera sfida è aprire Android alla concorrenza

Nel processo antitrust contro Google, il dirigente di Perplexity Dmitry Shevelenko ha colto l’occasione per candidare la sua azienda all’acquisto di Chrome, ma la società è critica verso una vera e propria scissione: il vero nodo, secondo Perplexity, è la libertà di scelta su Android
di Andrea Bai pubblicata il 24 Aprile 2025, alle 11:41 nel canale WebPerplexityChromeGoogle
La fase delle "remedies" del processo antitrust che vede Google accusata di abuso di posizione dominante nella ricerca online, non manca di riservare sorprese: dopo il dichiarato interesse di OpenAI per rilevare Chrome, anche Perplexity non nasconde il suo desiderio di acquistare il browser del colosso di Mountain View, qualora il giudice Amit Mehta dovesse imporre a Google la cessione.
Il Dipartimento di Giustizia USA ha richiesto a Dmitry Shevelenko, Chief Business Officer di Perplexity, di comparire in tribunale per una testimonianza. Shevelenko, inizialmente riluttante a comparire per timore di ritorsioni da parte di Google, ha poi colto l'occasione per manifestare la disponibilità di Perplexity ad acquistare Chrome, affermando che la società sarebbe in grado di gestire il browser mantenendo standard elevati e senza introdurre costi per gli utenti, confutando quindi la tesi di Google secondo la quale la cessione del browser potrebbe portare ad un calo della qualità e della manutenzione, e al rischio che un nuovo compratore possa decidere di farne pagare l'uso.
Non è la prima volta che Perplexity, startup californiana nata meno di tre anni fa, si propone come acquirente di piattaforme tecnologiche strategiche finite nel mirino delle autorità statunitensi: la società ha infatti espresso interesse anche per TikTok, attualmente sotto minaccia di ban negli Stati Uniti per motivi di sicurezza nazionale legati alla proprietà cinese.
Come abbiamo accennato poco sopra, la presenza di Shevelenko in tribunale non è stata volontaria, ma il dirigente di Perplexity non ha mancato di esporre alcuni fatti a dimostrazione delle pratiche di Google per ostacolare le nuove realtà di Intelligenza Artificiale, proprio in virtù della propria posizione dominante sul mercato. Shevelenko descritto le difficoltà incontrate dagli utenti Android che vogliono impostare Perplexity come assistente IA predefinito, parlando di un vero e proprio “percorso a ostacoli” tra le impostazioni del sistema operativo. Anche una volta impostato Perplexity come assistente predefinito, ha spiegato, al servizio non viene riservato lo stesso livello di priorità di Google Assistant: per attivarlo serve premere un pulsante, mentre l’assistente di Google può essere richiamato con il comando vocale “Hey Google”.
Shevelenko ha poi mostrato un elenco anonimizzato di produttori di smartphone con cui Perplexity ha tentato di stringere accordi per essere preinstallata come motore di ricerca o assistente predefinito negli Stati Uniti, senza però riuscire a concludere alcuna intesa. In particolare, ha raccontato di un’azienda con cui l’accordo si è arenato per la paura di perdere la quota di ricavi garantita da Google o di infrangere clausole contrattuali di tipo esclusivo. "Le aziende che hanno contratti con Google si trovano praticamente con una pistola puntata alla testa", ha dichiarato senza mezzi termini Shevelenko, spiegando che Google può tagliare una parte significativa dei ricavi se i partner prendono iniziative non gradite. Secondo Shevelenko, la pressione esercitata dal procedimento antitrust e dalla sentenza del giudice Mehta sta rendendo però possibile l’avvio di trattative con operatori telefonici, produttori di smartphone e sviluppatori di browser che ora si sentono più liberi di valutare alternative a Google.
Shevelenko ha anche messo in guardia contro il rischio che un’azienda
come OpenAI possa acquistare il browser e abbandonare il modello
open source di Chromium o non garantirne più il supporto adeguato.
Il dirigente di Perplexity ha inoltre mostrato anche una certa contrarietà alla prospettiva di uno "spezzatino forzato" di Google. Prima della deposizione in tribunale, Shevelenko aveva condiviso su LinkedIn un post della società in cui si sosteneva che Google non dovrebbe essere costretta alla scissione e che il vero problema sono gli accordi esclusivi che il colosso di Mountain View sigla con i propri partner. In altre parole, come già evidenziato in precedenza anche dal CEO di Perplexity, Aravind Srinivas, la priorità non è la frammentazione di Google, ma l’apertura del sistema Android alla concorrenza, consentendo agli utenti di scegliere liberamente il motore di ricerca e l’assistente vocale predefiniti e ai produttori di dispositivi di offrire questa possibilità senza timore di perdere l’accesso a servizi fondamentali come Play Store e Maps.
"Saremmo qui solo per interesse personale se ci scagliassimo contro Google, ma vogliamo essere ragionevoli. Non vorremmo mai una soluzione che impedisse a Google di continuare a innovare" ha dichiarato Shevelenko, riconoscendo la capacità Google realizza prodotti di qualità sui quali altri possono costruire alternative anche migliori.
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