Caso fiscale storico in Italia: le big tech devono pagare l'IVA sui dati degli utenti

Le autorità fiscali italiane hanno avanzato richieste di pagamento IVA a tre giganti tecnologici per un valore complessivo di oltre un miliardo di euro. La controversia si basa sul principio che i dati personali degli utenti rappresentino una forma di pagamento per i servizi offerti dalle piattaforme social.
di Nino Grasso pubblicata il 31 Marzo 2025, alle 10:31 nel canale WebMetaXLinkedIn
Le autorità fiscali italiane hanno notificato formalmente a Meta, X e LinkedIn richieste di pagamento dell'IVA in un caso che potrebbe rivoluzionare il panorama fiscale per le aziende tecnologiche in tutta l'Unione Europea. La richiesta rappresenta l'ultimo passo formale prima dell'avvio di un contenzioso tributario giudiziario e segna un momento cruciale nella regolamentazione fiscale del settore digitale.
Gli importi richiesti ammontano a 887,6 milioni di euro per Meta, 12,5 milioni di euro per X e circa 140 milioni di euro per LinkedIn, per un totale che supera il miliardo di euro. Le cifre si riferiscono all'intero periodo oggetto di indagine, che varia a seconda dell'azienda e copre gli anni dal 2015 fino al 2021-2022. Tuttavia, gli avvisi di accertamento fiscale attualmente notificati riguardano solo gli anni 2015 e 2016, per i quali i crediti fiscali sono prossimi alla prescrizione. La questione assume particolare rilevanza considerando le tensioni commerciali esistenti tra l'Unione Europea e l'amministrazione statunitense.
L'Italia chiede l'IVA alle big tech: il fondamento giuridico della controversia
Il nucleo della controversia risiede nell'interpretazione delle modalità con cui i social network forniscono accesso ai loro servizi. Le autorità fiscali italiane sostengono che le registrazioni degli utenti sulle piattaforme di X, LinkedIn e Meta debbano essere considerate transazioni imponibili, in quanto comportano lo scambio di un account di iscrizione in cambio dei dati personali dell'utente. Secondo questa interpretazione, i dati personali rappresenterebbero una forma di corrispettivo non monetario, rendendo la transazione soggetta all'IVA secondo la normativa europea.
Meta ha espresso forte disaccordo con questa interpretazione, dichiarando di non condividere "l'idea che fornire l'accesso alle piattaforme online agli utenti debba essere soggetto all'IVA". L'azienda ha comunque affermato di aver collaborato pienamente con le autorità riguardo ai propri obblighi ai sensi del diritto dell'UE e locale. LinkedIn ha invece dichiarato di non avere "nulla da condividere al momento", mentre X non ha risposto alle richieste di commento da parte della fonte. Le tre società hanno 60 giorni di tempo per presentare ricorso e avviare così il processo giudiziario, con la possibilità di ottenere un ulteriore mese di proroga se richiedono alle autorità fiscali di formulare una proposta di accordo.
Dopo questo periodo, si apriranno diverse possibilità: procedere in tribunale, con un processo che in Italia può durare anche 10 anni attraverso tre diversi gradi di giudizio; il ritiro della pretesa da parte dell'Agenzia delle Entrate; oppure un accordo tra l'Agenzia e le imprese per il pagamento delle prime rate annuali contestate, con la possibilità di sospendere il procedimento in attesa di una valutazione da parte della Commissione Europea. Il caso potrebbe estendersi presto oltre i confini italiani, considerando che l'IVA è un'imposta armonizzata a livello europeo e quindi l'esito della controversia potrebbe influenzare la regolamentazione fiscale in tutti i 27 paesi membri dell'Unione Europea, costringendo a ripensare il modello di business dell'industria tecnologica nel Vecchio Continente.
L'approccio italiano potrebbe interessare quasi tutte le aziende che collegano l'accesso ai servizi gratuiti sui loro siti all'accettazione dei cookie di profilazione da parte degli utenti, dalle compagnie aeree ai supermercati agli editori. È inoltre da notare che gli importi richiesti, sebbene significativi in termini assoluti, rappresentano una frazione relativamente modesta per aziende delle dimensioni di Meta, X e LinkedIn, ma il principio alla base della controversia potrebbe avere conseguenze di vasta portata per l'intero settore tecnologico e per tutte le aziende che operano con modelli di business simili.
14 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - infoQuesta cosa l'anno capita in pochissimi, direi 1 su 1kk, e di quelli che lo hanno capito il 70% dice eh vabbe'.
Vero ma verrà una sincope a Trump perchè qualcuno minaccia con nuovi "dazi" le aziende americane
NB Si, l'analfabeta Trump considera dazi l'iva.
Davvero
Ridicolo.
Questa iniziativa è prova dell'indole predatoria, violenta e vessatoria chiamata stato.
I ladri sono sempre alla ricerca di nuovi metodi per derubare la gente e le aziende.
Ridicolo.
Questa iniziativa è prova dell'indole predatoria, violenta e vessatoria chiamata stato.
I ladri sono sempre alla ricerca di nuovi metodi per derubare la gente e le aziende.
“Se non stai pagando per un prodotto, allora il prodotto sei tu”
Vediamo se le tasse applicate ad un mercato non rilevante, sono da considerarsi anch'esse non rilevanti...
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