I sistemi di riconoscimento vocale fanno distinzioni razziali? No, sono solo allenati male

I sistemi di riconoscimento vocale fanno distinzioni razziali? No, sono solo allenati male

C'è un problema di bias razziale con gli assistenti vocali? I ricercatori di Stanford dimostrano come il problema sia imputabile all'insieme di dati e campioni usato per allenare questi sistemi

di pubblicata il , alle 17:21 nel canale Scienza e tecnologia
 

Gli algoritmi sono ormai parte della nostra vita quotidiana e abbiamo delegato loro molti dei passaggi decisionali che possiamo trovarci a dover compiere. Principalmente lo facciamo per comodità e convenienza (su questioni "di poco conto" una macchina è più veloce ed efficiente, soprattutto se la decisione deve essere presa sulla base di un mero calcolo o confronto) ma anche perché crediamo che in determinati frangenti un algoritmo non può avere "pareri" o essere condizionato da convinzioni o preconcetti. Per usare un termine oggi particolarmente in voga, un algoritmo non può avere "bias".

Questo almeno in linea teorica: l'algoritmo certamente non può fare preferenze essendo un mero processo logico/matematico. Ma gli algoritmi, specie nell'ambito machine learning/AI, vengono letteralmente allenati con un set di dati: se questi dati sono in qualche modo affetti da bias, allora l'algoritmo tenderà a prendere decisioni pendenti.

I sistemi di riconoscimento vocale fanno discriminazioni?

Partendo da queste considerazioni un gruppo di ricercatori della Stanford University ha identificato un altro campo in cui si possono manifestare problemi simili: gli algoritmi di riconoscimento del parlato a cui oggi ci affidiamo per svariati compiti, dal trascrivere automaticamente un discorso al governare lo smartphone con i comandi vocali. I ricercatori hanno individuato una sorta di "bias razziale", riscontrando una maggior difficoltà a comprendere gli schemi comunicativi vocali degli afroamericani.

I ricercatori hanno deciso di mettere alla prova i sistemi di Amazon, Apple, Google, IBM e Mcrosoft con grandi raccolte di parole pronunciate. Due di queste raccolte sono state incentrate su singoli gruppi: una comunità di afroamericani della Carolina del Nord e una comunità di bianchi della parte nord della California. Gli altri campioni invece sono di altre comunità di Rochester, Sacramento e Washington D.C. Tutti i campioni sono stati somministrati a tutti e cinque i sistemi e i risultati sono stati confrontati a quelli di traduttori umani.

Tutti i sistemi hanno mostrato in generale un comportamento abbastanza buono con un punteggio word error rate inferiore a 0,5. Questo punteggio si basa sul riscontro di parole aggiunte, mancanti o interpretate in maniera non corretta. Osservando più a fondo i risultati i ricercatori hanno tuttavia scoperto che in media la pronuncia degli afroamericani è stata elaborata con un word error rate più elevato rispetto a quella dei bianchi, mediamente il doppio. Una dinamica mediamente più incisiva tra gli afroamericani di sesso maschile. I tassi d'errore registrati per uomini e donne bianchi sono stati rispettivamente di 0,21 e 0,17 laddove per uomini e donne afroamericani si è registrato un tasso d'errore di 0,41 e 0,30.

Gli algoritmi non hanno pregiudizi

Per capire quanto possano essere significative queste differenze gli autori hanno fissato arbitrariamente un word error rate conservativo di 0,5 e hanno quindi verificato quante volte singoli blocchi di testo raggiungono questo limite individuando che il 20% delle frasi pronunciate da afroamericani lo supera, mentre per i bianchi ciò si verifica in meno del 2% dei casi. Questi risultati potrebbero essere influenzati da un problema geografico: dal punto di vista americano si ritiene che i californiani non abbiano un particolare accento e i campioni provenienti da quegli stati hanno registrato tassi d'errore molto bassi. Tuttava il numero di campioni e la varietà a disposizione dei ricercatori non sono sufficientemente ampi da poter approfondire questo aspetto.

Si è poi proseguito ad analizzare l'uso del linguaggio: dal momento che i ricercatori non hanno ovviamente potuto aver accesso agli algoritmi usati dai sistemi che hanno analizzato, trattandosi di tecnologie proprietarie, si è deciso di recuperare alcuni pacchetti open-source che compiono funzioni simili a quelle dei sistemi commerciali. Lo scopo è stato quello di misurare la comprensione del linguaggio da parte del software espresso da un valore chiamato "perplexity" che indica l'accuratezza con cui un sistema è in grado di dedurre quali siano le parole successive mentre una frase viene pronunciata. In controtendenza a quanto ci si poteva aspettare, questo test ha dimostrato che i sistemi sono risultati più abili nel gestire e riconoscere il linguaggio degli afroamericani. Approfondendo questo aspetto i ricercatori si sono resi conto di due fattori in contrapposizione: nonostante il costrutto frasale degli afroamericani sia più complicato (spesso eliminando alcuni vocaboli, per esempio la copula), essi fanno uso di un vocabolario complessivamente più piccolo rendendo più facile provare a predire le parole successive in una frase.

A questo punto ai ricercatori non è rimasto altro che verificare quanto i sistemi commerciali siano adusi alle voci afroamericane. Per esplorare questo aspetto sono state cercate le trascrizioni in cui afroamericani e bianchi hanno usato le stesse frasi. Quando sono state somministrate ai sistemi di riconoscimento vocale, il word error rate è risultato maggiore per gli afroamericani rispetto ai bianchi: ecco trovato il motivo delle differenze nei risultati del test iniziale. Ciò significa che generalmente i sistemi di riconoscimento vocale sono stati allenati su un sottoinsieme delle diversità e accenti presenti negli USA. Non si tratta quindi di vero e proprio bias razziale ma è dimostrazione di come un insieme di dati parziali, condizionati o pendenti possa determinare in maniera significativa il comportamento finale di un algoritmo: l'inclusività deve essere una priorità anche nel campo dell'intelligenza artificiale. Il rischio, altrimenti, è quello di automatizzare dei pregiudizi, anche in maniera inconsapevole o imprevista.

10 Commenti
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turcone26 Marzo 2020, 17:28 #1
direi che è una cosa normale non tutti gli afroamericani sanno parlare bene l'inglese
come chiedere a siri di capire un meridionale che parla in dialetto
deggial26 Marzo 2020, 17:37 #2
Originariamente inviato da: turcone
come chiedere a siri di capire un meridionale che parla in dialetto

ti correggo il commento per non farlo sembrare razzista:
come chiedere a siri di capire un qualunque italiano che parla in dialetto
sarebbe troppo facile dirti di andare a capire un bergamasco che parla in dialetto, in realtà anche un milanese che parla in dialetto è impossibile da capire - il fatto è che ormai milanesi che parlano dialetto non ce ne sono quasi più.

Il vero problema è che in tanti (nord e sud) non si farebbero capire da siri nemmeno parlando in italiano...
turcone26 Marzo 2020, 18:28 #3
Originariamente inviato da: deggial
ti correggo il commento per non farlo sembrare razzista:
come chiedere a siri di capire un qualunque italiano che parla in dialetto
sarebbe troppo facile dirti di andare a capire un bergamasco che parla in dialetto, in realtà anche un milanese che parla in dialetto è impossibile da capire - il fatto è che ormai milanesi che parlano dialetto non ce ne sono quasi più.

Il vero problema è che in tanti (nord e sud) non si farebbero capire da siri nemmeno parlando in italiano...


il vicentino lo capisce .....
i dialetti del sud e anche quello sardo sono molto diversi dall'italiano non è razzismo
AlPaBo26 Marzo 2020, 18:56 #4
Originariamente inviato da: turcone
il vicentino lo capisce .....
i dialetti del sud e anche quello sardo sono molto diversi dall'italiano non è razzismo


Mi sa che non conosci l'argomento. L'italiano deriva dal toscano, che è una lingua italo-romanza. Come sono italo-romanze i dialetti italiani mediani (per capirci, il romano), il napoletano e il siciliano.
Il veneto, che effettivamente è di dubbia classificazione, è più spesso ritenuto una lingua gallo-romanza, insieme all'emiliano, al romagnolo, al lombardo, al ligure e al piemontese.
Il sardo fa effettivamente storia a sé.
Per cui soffri dello stesso bias dei sistemi di IA citati nell'articolo: consideri più corretta la pronuncia che senti più spesso.
Emin00126 Marzo 2020, 19:11 #5
Originariamente inviato da: turcone
il vicentino lo capisce .....
i dialetti del sud e anche quello sardo sono molto diversi dall'italiano non è razzismo



La tua affermazione è alquanto discutibile(ad essere sinceri è un cazz. colossale) alla luce del buonsenso: un dialetto o una lingua si possono imparare.
Comunque, l'unesco ha dichiarato il siciliano una lingua regionale e se cerchi trovi anche la sua grammatica.
ZannaMax26 Marzo 2020, 20:40 #6
Originariamente inviato da: deggial
ti correggo il commento per non farlo sembrare razzista:
...


Raga per favore non scendiamo così in basso suvvia. Adesso è troppo...
deggial26 Marzo 2020, 21:20 #7
Originariamente inviato da: ZannaMax
Raga per favore non scendiamo così in basso suvvia. Adesso è troppo...


dai su, siamo a casa per coronavirus... un po' di sana polemica
cmq non ce l'avevo con la presunta vena razzista, ma con la semantica della sua frase:

Per definizione, Siri non capisce i dialetti perchè capisce solo l'italiano, quindi non capisce un meridionale che parla nel suo dialetto, così come non capisce un vicentino, bergamasco, milanese, torinese che parlano in dialetto.
Questo perchè Siri non capisce nessun dialetto, ma capisce l'italiano!

Quindi l'utente avrebbe dovuto dire:
"come chiedere a siri di capire un qualunque italiano che parla in dialetto" oppure se avesse voluto sembrare razzista:
"come chiedere a siri di capire un meridionale che parla in italiano"


PS: il Sardo è da sempre riconosciuto come lingua, non è un dialetto
Gnubbolo27 Marzo 2020, 01:54 #8
un provinciale che parla italiano lo parla quasi sempre con alcuni errori sintattici o grammaticali mutuati dal dialetto.

dal napoletanese:
es. oggi c'è il sole ma è caldo. ( ma usato come congiunzione copulativa )
es. questo è un libro a gnubbolo. ( che va cioè che è di gnubbolo )

dal milanese:
es. è stato una grande campione di F1 piuttosto che veloce.
es. banneranno tutti i cheaters piuttosto che i wallhackari piuttosto che gli scriptari.
( piuttosto che usato in modo logicamente sbagliato come congiunzione in vece di e od o )

un esempio peculiare solo ed esclusivamente della mia città/paese.
es: domani si va a spiaggia.
turcone27 Marzo 2020, 14:43 #9
Originariamente inviato da: AlPaBo
Mi sa che non conosci l'argomento. L'italiano deriva dal toscano, che è una lingua italo-romanza. Come sono italo-romanze i dialetti italiani mediani (per capirci, il romano), il napoletano e il siciliano.
Il veneto, che effettivamente è di dubbia classificazione, è più spesso ritenuto una lingua gallo-romanza, insieme all'emiliano, al romagnolo, al lombardo, al ligure e al piemontese.
Il sardo fa effettivamente storia a sé.
Per cui soffri dello stesso bias dei sistemi di IA citati nell'articolo: consideri più corretta la pronuncia che senti più spesso.


ma hai mai sentito parlare un calabrese o siciliano/sardegnolo ?
la gente fa copia incolla da wiki senza capire quello che scrive

adesso ci sono tantissime informazioni però spesso sono inutili dato che non se ne capisce il significato
cdimauro09 Maggio 2020, 20:25 #10
Di quali informazioni parli? Non è affatto chiaro.

Per il resto ho sentito parlare piemontesi e veneti nei loro dialetti: non si capisce una mazza (rispetto all'italiano).
Dunque qual sarebbe il tuo problema? Che a parti invertite non capisci le lingue (perché tali sono) del sud?

Inoltre a quello che ti è stato detto aggiungo che la scuola fiorentina ha preso a piene mani da quella siciliana. Ci sono anche studi recenti che ipotizzano pure che l'italiano derivi dalla scuola siciliana.
Altra nota: il sonetto è stato inventato da Giacomo da Lentini (siciliano, e per giunta a pochi Km dalle mie parti).

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