ARM: addio Legge di Moore, le prestazioni per watt ci salveranno dal cambiamento climatico

ARM sottolinea l'importanza di progettare con in mente le prestazioni per watt anziché la mera potenza: una necessità a fronte di una Legge di Moore che rallenta, ma anche un'esigenza di fronte al cambiamento climatico e a miliardi di persone che, nei prossimi anni, accederanno alla tecnologia.
di Manolo De Agostini pubblicata il 14 Luglio 2021, alle 18:01 nel canale ProcessoriARM
Rob Aitken, Fellow & Director of Technology di ARM, ha pubblicato sul blog dell'azienda un articolo in cui espone la sua visione per il futuro dell'industria dei semiconduttori. Il titolo è inequivocabile "Performance per Watt Is the New Moore's Law" e riprende un concetto che più volte negli ultimi anni ha attraversato le discussioni di appassionati e addetti ai lavori.
Il raddoppio del numero di transistor nei chip ogni due anni e il relativo calo dei costi sono concetti che hanno accompagnato l'industria tecnologica per decenni e traghettato i microprocessori da un tempo in cui 2250 transistor occupavano un'area di 12 mm2 ai design attuali dove più 100 milioni di transistor posso stare in appena un millimetro quadrato.
ARM, come molti altri, ritiene però che la Legge di Moore sia agli sgoccioli e soprattutto non sia più adeguata ai tempi che viviamo. "Il ritmo del progresso sta rallentando - i transistor stanno diventando così piccoli che ci sono appena poche dozzine di atomi lungo i loro gate e le strutture dei singoli grain di rame policristallino rappresentano una considerazione fondamentale nella temporizzazione del segnale".
Rob Aitken, Fellow & Director of Technology di ARM
Qual è il futuro? Una progettazione che tenga conto del cambiamento climatico. "[…] La connettività è diventata una necessità fondamentale, essenziale per tutto, dalle informazioni mediche alla spesa. L'accesso a Internet è sinonimo di opportunità: le informazioni sono condivise online, l'apprendimento avviene online, i lavori sono pubblicizzati online... in sostanza, se non sei online, sei tagliato fuori".
"La correlazione tra esclusione digitale ed esclusione sociale è ben consolidata, eppure 3,7 miliardi di persone nel mondo non hanno ancora pieno accesso alla tecnologia digitale. Colmare il divario digitale è un imperativo morale, ma pone anche un nuovo enigma per l'industria tecnologica: come mitigare l'impatto ambientale di 3,7 miliardi di nuovi consumatori digitali, connettendo tutti, ovunque, senza accelerare catastroficamente il cambiamento climatico?".
Le prestazioni per watt devono diventare il nuovo paradigma e guidare lo sviluppo di prodotti capaci di estrarre più prestazioni da un consumo sempre minore. Nel suo post Aitken richiama un vecchio studio del 2010 di Jonathan Koomey, professore di Stanford, dal quale è nata la "Legge di Koomey", con la quale si descrive una "tendenza nel numero di calcoli svolti per joule di energia dissipata. Questo numero è raddoppiato ogni 18 mesi dal 1945 al 2000 (100 volte per decennio), poi ha rallentato, raddoppiando ogni 2,6 anni circa (16 volte per decennio)".
"La legge di Koomey è probabilmente più rilevante per il modo in cui i consumatori sperimentano l'informatica oggi e per il modo in cui dovremmo approntare le roadmap tecnologiche. La nostra vita digitale tende a estendersi su più dispositivi, dove la durata della batteria e le prestazioni per watt sono più importanti delle sole prestazioni grezze".
I produttori devono quindi concentrarsi sempre di più sull'aumento dell'efficienza. "Una spietata attenzione all'efficienza è ciò che è necessario se vogliamo ridurre il consumo energetico complessivo: la necessità di concentrarsi sulla decarbonizzazione dell'informatica non è mai stata così grande. [...] Se vogliamo evitare il catastrofico cambiamento climatico, mantenere stabili i numeri di potenza ed energia non è sufficiente; dobbiamo lavorare per garantire che diminuiscano attivamente, riducendo il consumo di energia e abbassando le emissioni ovunque avvenga il calcolo".
Seguendo una progettazione fatta per estrarre il massimo delle prestazioni per watt, l'obiettivo è spingersi fino ad arrivare a creare processori così a bassa potenza capaci di recuperare energia dal loro ambiente. Una tecnologia che già esiste in una certa misura se si pensa agli RFID passivi senza batterie, che raccolgono l'energia elettromagnetica dal dispositivo usato per leggerli. In genere, questi tag sono solo archivi di informazioni, ma potrebbe essere possibile dotarli di "intelligenza" integrando una MCU a bassissima potenza o capaci di lavorare senza batteria, wireless - andando così a eliminare dal ciclo la produzione e lo smaltimento di una batteria, come noto altamente inquinante.
Già oggi soluzioni come TinyML, che si concentrano sull'ottimizzazione dei carichi di lavoro di machine learning (ML) affinché funzionino richiedendo pochi milliwatt di energia, stanno guadagnando terreno. "E dove va la domanda, seguirà il prodotto", spiega Aitken. "Alla fine dello scorso anno, ARM ha lanciato Ethos-U65, una microNPU specificamente progettata per accelerare l'inferenza ML nei dispositivi embedded e Internet of Things, con una riduzione del consumo fino al 90% per carichi di lavoro di machine learning su dispositivi IoT".
"Quando inizieremo a colmare il divario digitale, condividendo i vantaggi della connettività con miliardi di nuovi utenti, questa attenzione incessante all'efficienza diventerà sempre più vitale".
Leggi anche: Processori, addio al silicio e Legge di Moore in salvo: questa scoperta potrebbe cambiare tutto - Numero di transistor nei chip, la crescita è in linea con la Legge di Moore
8 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - infoE immagino questa correlazione faccia piacere a tutti gli esponenti delle Big Tech e a quei governi compiacenti che vorrebbero usare la tecnologia per regolamentare e controllare la vita delle persone.
Che mondo stiamo costruendo? Questa è la domanda che la gente dovrebbe farsi.
no aspetta... fammi capire, secondo te, i mutamenti climatici degli ultimi anni, non dipendono dall'attività umana?
si probabilmente dipendono sia dall'uomo, quanto dai cicli climatici del pianteta.
Ma la vera domanda è, a chi diamine sta rispondendo visto che non mi pare qualcuno avesse tirato in ballo la questione? Forse ha solo sbagliato thread forse è solo preda di un delirio chissà, sta di fatto che questo thread mi pare sempre più scagliato verso l'off topic...
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