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17-04-2009, 11:08 | #41 | |
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tu presupponi che il sistema economico basi la propria politica economica sugli indicatori dei consumi delle famiglie, non rendendoti conto che questi possono influenzarla solo in percentuali minime. il sistema economico attuale è diverso e per certi versi indipendente dai valori reali. cioè, non so |
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17-04-2009, 14:19 | #42 | |
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17-04-2009, 14:22 | #43 | |
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17-04-2009, 15:18 | #44 | |
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Ti indico solo alcuni siti che potresti leggere.. http://en.wikipedia.org/wiki/Inflation Attento che se non vuoi rovinarti la giornata non ti consiglio di seguire il link.. potresti scoprire che non ci sono solo i consumi che possono influenzare l'inflazione.. |
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18-04-2009, 00:27 | #45 | |
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18-04-2009, 00:31 | #46 | |
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Ultima modifica di superkoala : 18-04-2009 alle 00:36. |
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18-04-2009, 08:02 | #47 | |
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l'aumento della moneta circolante si tramuta in un aumento della richiesta di titoli che a sua volta ne alza il prezzo abbassando i tassi di interesse... tassi di interesse finanziari bassi rendono convenienti investimenti che prima non erano convenienti e quindi aumentano gli investimenti. un aumento degli investimenti si traduce in un aumento della produzione che significa anche aumento dei posti di lavoro e del reddito. piu reddito significa piu consumi e piu gente che lavora significa piu acquirenti. eccoci alla conclusione teorica: con piu occupati e piu reddito il tasso di inflazione cresce poiche c'è piu domanda di beni e piu reddito per comprarli. in macroeconomia devi considerare l'economia nel suo complesso, se ti metti a guardare ai casi speciali come a qualche famiglia che non arriva alla fine del mese non ci cavi piu i piedi e giungi a conclusioni fuorvianti questa è la teoria sviluppata analizzando gli ultimi 100 anni di storia economica globale, se tu hai significative evidenze circa il fatto che siamo davanti a una svolta sociale epocale allora forse non funziona quanto ho detto... ma io non credo proprio che ci troviamo difronte a una situazione del genere.
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18-04-2009, 14:53 | #48 | |
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Magari, tra 3 o 4 anni, quando i tassi dei bot ricominceranno a salire in modo significativo... Ultima modifica di superkoala : 18-04-2009 alle 14:55. |
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18-04-2009, 15:10 | #49 | |
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18-04-2009, 15:13 | #50 | |
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Ci sono teorie che dicono esattamente il contrario. Cmq in genere mi pare che nel "consensus" generale un espanzione monetaria abbia effetti reali ma solo per il breve termine. Poi nel medio-lungo la moneta risulta neutrale e si riflette solo (o cmq nella massima parte) in un aumento dei prezzi. |
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18-04-2009, 15:27 | #51 | |
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Non giudico realistica una inversione a U della politica monetaria sobito dopo la recessione. E sinceramete non conosco i metodi per cui si possano eliminare un trillione di dollari in poco tempo. Non dubito però che qualche modo si potrebbe anche trovare, ma a chi gioverebbe?? mah.. |
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18-04-2009, 18:24 | #52 | ||
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Ma su, non sottovalutarti... sono certo che se ci rifletti un pò, ci arrivi!!!
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Io, piuttosto, mi chiederei a chi gioverebbe l'iperinflazione... |
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18-04-2009, 18:34 | #53 | |
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Cmq non credo che sia facile ritirare mille miliardi di dollari, però non so.. tu lo sai? e se si come? Intendo a chi gioverebbe ricadere nel baratro di una recessione ancora più forte? Cmq mi sono pentito di aver introdotto per primo la parola iperinflazione, intendevo molta inflazione senza pensare alla definizione di iperinflazione che è decisamente esagerata.. cmq la possiamo sempre usare basta considerarlo come per dire tanta inflazione (tra il 10 e il 20%, che non sarebbe iper) |
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18-04-2009, 18:48 | #54 | |
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P.S. Il discorso vale anche per un'inflazione del 10-20%, dato che in tal caso quella reale sarebbe almeno del 50%... |
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18-04-2009, 19:00 | #55 | |
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Cmq si passa da un baratro all'altro, dal rischio deflazione si rischia l'iper che poi si rischia le recessione.. Insomma una specie di barzelletta.. che palle.. e la morale della favola è che chi sbaglia non paga.. Bailout!! Chi si incazza forse non ha tutti i torti, però forse le conseguenze sarebbero peggiori.. Buona serata! |
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20-04-2009, 08:53 | #56 |
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poso un bellissimo articolo che ben evidenzia chi la vuole la iperinflazione e invece chi la teme
Liquidità a go-go e rischi d’inflazione! Scritto da Luigi Palamara in data aprile 1st, 2009 Nessun Commento Versione-Stampabile Liquidità a go-go e rischi d’inflazione! Mario Lettieri, già sottosegretario all’Economia nel governo Prodi Paolo Raimondi, economista Roma, 1 aprile 2009 Questa volta bisogna stare con la Germania. Anche se nel recente passato il governo tedesco è andato spesso per conto suo nel prendere decisioni importanti relative alla crisi economica e finanziaria globale, Berlino ha assolutamente ragione di rifiutare l’iniziativa del premier inglese Gordon Brown e della Federal Reserve americana di stampare moneta e immettere massicce quantità di liquidità nel sistema per salvare le banche comprando anche i loro titoli tossici. Ciò determinerebbe un’ondata di inflazione che darebbe il colpo finale al sistema economico produttivo, alla stabilità e al benessere sociale. Questo sembra contraddire i più recenti dati sul contenimento dei prezzi negli ultimi mesi, ma la statistica guarda al passato e noi, oggi più che mai, dobbiamo intuire il futuro per prevenire altri nefasti sconvolgimenti. Il 5 marzo Gordon Brown ha invitato i governi a farsi promotori di un “global bail out” del sistema bancario in crisi, e invitandoli cioè a farsi garanti dei debiti delle banche. Subito dopo attraverso l’emissione di nuova moneta, quella moderna e virtuale creata al computer più che nella forma tradizionale di banconote di carta, la Bank of England ha acquistato una prima tranche di asset privati (compresi quelli tossici) e anche di obbligazioni del Tesoro per 2 miliardi di sterline, parte di un pacchetto di 75 miliardi. Sarebbe a dire che i governi e le banche centrali dovrebbero stampare soldi per comprare carta in gran parte senza valore, ma a prezzi sufficientemente alti da far contenti banchieri e speculatori, sperando che simili mosse possano riattivare i canali del credito e stimolare l’economia. Anche se il premier britannico non lo dice, ma tra i titoli tossici ci sono anche pacchetti dei famosi derivati OTC che vantano un valore nozionale di 600.000 miliardi di dollari. Alla vigilia dell’incontro a Bruxelles del Consiglio Europeo del 19-20 marzo, in preparazione del Summit del G-20 del 2 aprile a Londra, la Fed americana ha immesso altra liquidità nel sistema per oltre 1.000 miliardi di dollari: 250 per comprare titoli sovrani, i suoi Buoni del Tesoro, 750 miliardi per acquistare dalle banche debiti e titoli tossici, come i MBS (mortgage-backed securities) legati ai mutui casa inesigibili e un centinaio di miliardi per imprevisti! Anche l’economista dell’Università di New York, Roubini ha recentemente detto in una conversazione con il Sole 24 Ore che “Fed, BCE e altri istituti centrali dovranno essere disposti a comprare assets anche di scarsa qualità, ed accollarsi rischi di credito più elevati per riaprire il mercato dei corporate bond e delle cartolarizzazioni”. E c’è chi, come il guru della finanza speculativa George Soros, propone di riattivare la stamperia dei Diritti Speciali di Prelievo del Fondo Monetario Internazionale per immettere nuova liquidità per trilioni di dollari. A nostro avviso sono ricette suicide, con alti rischi di iperinflazione. Il governo tedesco è invece sceso in campo con assoluta determinazione per denunciare questa pazzia. La stampa tedesca, a cominciare dal settimanale Der Spiegel fino al quotidiano popolare Build Zeitung, ha scritto che la decisione americana di stampare soldi rappresenta un grave pericolo di inflazione. Tutta la Germania, sia i suoi cittadini che la dirigenza economica e politica, a prescindere dai colori di appartenenza, hanno un’assoluta fobia e un sacro terrore dell’inflazione, avendola tristemente sperimentata negli anni 1923-4 della Repubblica di Weimar che sprofondò la Germania nella povertà e nella disperazione, foriera poi della più spaventosa deriva autoritaria che portò alla Seconda Guerra Mondiale. Londra, la Fed, i banchieri e i loro esperti economici dicono che il pericolo odierno maggiore è la cosiddetta deflazione, cioè la discesa dei prezzi combinata con la contestuale caduta della domanda, del consumo, della produzione e del commercio dei beni. Loro propongono di rispondere a questa fase di crisi stampando soldi, immettendo nuova liquidità che dovrebbe sostenere la domanda e anche creare nuova inflazione, ma che sarebbe, secondo loro, in seguito riportata sotto controllo. Sarebbe come versare benzina sul fuoco, mentre si parla di approntare i mezzi per spegnere l’incendio! L’inflazione è una brutta bestia da non provocare; non si comporta mai in modo prevedibile. Servirebbe invece un intervento globale da “curatore fallimentare” condiviso dai governi, liberi da qualsiasi condizionamento delle banche in fallimento. Occorrerebbe congelare i titoli tossici, che non possono essere salvati con i soldi dello stato, e condurre l’economia reale, l’occupazione e il benessere collettivo fuori dalla palude della depressione economica, con nuove linee di credito mirate a progetti di crescita. |
20-04-2009, 13:01 | #57 | ||
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Molto interessante e devo dire che in larga parte mi trova d'accordo su tutto. Solo che non sono sicuro al 100% che se non si fosse cercata la via dell'inflazione inondando il sistema di moneta si sarebbero raggiunti i risultati che sembrano essere stati raggiunti. Cmq bell'articolo che probabilmente si deve leggere in parallelo e si deve collegare all'articolo ansa che ho postato qualche giorno fa. Quote:
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20-04-2009, 13:21 | #58 |
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Un altro interessante articolo è questo di Guido Ascari sul sito lavoce.
Da notare il CREDIT EASING adottato dalla FED.. E LA BANCA CENTRALE VA IN TERRITORI INESPLORATI di Guido Ascari 17.04.2009 Le normali politiche monetarie adottate dalle banche centrali non funzionano in una crisi economica come quella attuale. Sono necessarie misure non convenzionali: come aumentare la qualità di moneta comprando titoli di stato. E' quanto ha fatto la FED che ha seguito una strategia basata su tre misure: prestare alle istituzioni finanziarie, fornire liquidità direttamente ai mercati monetari e del credito, acquistare titoli a lungo termine.. La BCE. Invece, non ha intrapreso questa via. Il motivo? Il prestatore di ultima istanza è uno solo, lo Stato. Difficile svolgere questo ruolo senza un'autorità fiscale alle spalle, che ripiani eventuali perdite. Il 2 aprile la BCE ha tagliato il tasso d’interesse di riferimento all’1,25%, accumulando un impressionante taglio complessivo di 300 punti base da ottobre 2008. Ci stiamo avvicinando al livello minimo, ossia zero, già raggiunto dall’americana Federal Reserve (Fed). Concentrare l’attenzione sui tassi, come in tempi normali, è però fuorviante. In tempo di crisi, il classico meccanismo di trasmissione della politica monetaria non funziona: da un lato l’aumento della base monetaria non si trasmette in aumento della quantità di moneta, perché le banche tesaurizzano la liquidità presso i depositi della banca centrale; dall’altro, i movimenti del tasso EONIA non si riflettono sugli altri tassi. IL BILANCIO DELLA FED IN TEMPI NORMALI La politica monetaria in tempo di crisi si attua mediante misure non convenzionali, che vanno sotto il nome di quantitative easing o, nella versione più aggressiva, di credit easing. Sommariamente, quantitative easing significa “rilassare” la quantità di moneta, ossia aumentarla, comprando assets, tendenzialmente titoli di Stato. Le maggiori banche centrali del mondo (tranne la BCE) lo stanno facendo. La Fed si è spinta più di ogni altra nell’uso di queste misure non convenzionali, seguendo una strategia che Bernanke chiama credit easing. Questa si basa sulla variazione della dimensione e della composizione del lato dell’attivo del bilancio della Fed. Per comprendere come la politica monetaria agisca in tempo di crisi si deve, quindi, guardare al bilancio della Fed. La Tabella 1 mostra il lato delle attività del bilancio della Fed in varie date. Tabella 1 Prima della crisi il totale delle attività della Fed è di circa 880 miliardi di dollari. A fronte di passività consistenti sostanzialmente in larghissima parte di circolante, la banca centrale detiene una quantità di titoli in portafoglio, pari a circa il 90% del budget totale. Le altre componenti sono una componente minima. FASE 1 (AGOSTO 2007- 15 SETTEMBRE 2008): QUANTITATIVE EASING La crisi scoppia nell’agosto del 2007 e subito le banche centrali di tutto il mondo iniettano grandi masse di liquidità nel sistema. Il problema da risolvere è quello della carenza di liquidità da parte degli istituti bancari e finanziari. Nel dicembre del 2007 la Fed istituisce: 533 Term Auction Facility (TAF) fornendo base monetaria attraverso aste e a fronte di collaterali di diverse tipologie di titoli; 534 Liquidity Swap Lines in valuta con BCE e SNB (poi nel 2008 allargato ad altre 12 banche centrali) per fornire dollari alle banche estere. Il problema successivamente si aggrava. Le banche non si prestano più fondi sul mercato interbancario ed accettano come collaterali solo i titoli di Stato. Nel marzo del 2008, la Fed attua due nuove misure, con lo scopo di chiudere lo spread fra gli Asset-Based-Securities (ABS) o i Mortgage- Asset-Based-Securities (MBS) e i titoli di Stato: 535 Term Securities Lendig Facilities (TSLF) si prestano titoli del Tesoro in cambio di collaterali in molti altri titoli possibili (ABS e MBS); 536 Primary Dealer Credit Facility: senza precedenti recenti, il ruolo di prestatore di ultima istanza è esteso anche a 19 investment banks and brokers. Alla fine di questa prima fase della crisi, il TAF assorbe circa 150 miliardi, gli swap in valuta 62 e il TSLF 114. È variata la composizione del bilancio della Fed, ma non la sua dimensione totale. FASE 2 (15 SETTEMBRE 2008-OGGI) : CREDIT EASING Il 15 settembre Lehman Brothers fallisce. In soli due mesi il bilancio della Fed più che raddoppia raggiungendo 2231 miliardi di dollari a metà novembre. È evidente che il quantitative easing non è sufficiente: l’aumento della base monetaria non si trasforma in aumento della quantità di moneta, ossia, questo aumento di liquidità non è trasferito dalle banche al mercato del credito, ma tesaurizzato in riserve in eccesso presso le banca centrale (vedi ultima Figura). Il primo problema urgente è il mercato monetario, dove i fondi monetari, che detengono molti titoli emessi da Lehman, fronteggiano crescenti riscossione delle quote e non trovano finanziamenti. Il 19 settembre, la Fed crea l’Asset-backed Commercial Paper Money Market Mutual Fund Liquidity Facility (AMLF): si presta direttamente ai fondi monetari per far fronte al rimborso delle quote, accettando come collaterale asset-backed commercial paper (ABCP). Il secondo problema è quello del mercato del credito. La Fed istituisce: 537 7 ottobre, il Commercial Paper Funding Facility (CPFF): tramite un veicolo la FED acquista sul mercato commercial papers (titoli di debito a breve termine emessi dalle imprese). 538 25 novembre, il Term Asset Backed Securities Loan Facility (TALF) per far fluire il credito alle famiglie ed alle imprese (senza ricorrere ai prefetti!). Il TALF presta contro ABS garantiti da prestiti a studenti, al consumo, alle carte di credito e Small Business Administration e dal 10 Febbraio 2009 è esteso anche a MBS. L’obiettivo è quello di diminuire lo spread fra ABS sul credito o i commercial papers ed i titoli di Stato, col fine di far ridurre i tassi pagati da imprese e famiglie su prestiti a lunga scadenza. Un altro modo per raggiungere questo scopo è quello di abbassare, a parità di spread, il sottostante, ossia il rendimento dei titoli di Stato. Come? Comprando titoli di Stato. Il 18 marzo 2009: la FED annuncia che acquisterà 300 miliardi di dollari di titoli di stato a diversa scadenza, 1.25 miliardi (da 500) di MBS, e titoli di debito di Fannie Mae e Freddie Mac fino a 200 miliardi (da 100). Queste misure determinano l’esplosione del bilancio della Fed, soprattutto a causa di tre voci: il TAF, il CPFF e gli swap in valuta (Tabella 2). LE DIVERSE POLITICHE ADOTTATE DA FED E BCE In tempi normali la politica monetaria è controllo dei tassi d’interesse, in tempi di crisi è essenzialmente gestione del ruolo di prestatore di ultima istanza. La Fed ha dimostrato fantasia e prontezza nel percorrere terreni inesplorati, seguendo una strategia di politica monetaria basata su tre misure: prestare alle istituzioni finanziarie, fornire liquidità direttamente ai mercati monetari e del credito, acquisto di titoli a lungo termine. Queste misure determinano un aumento della dimensione e una diversa composizione del bilancio della Fed. Speriamo che Bernanke non se ne debba pentire, e le banche centrali dovranno pensare ad una exit strategy. Ma la priorità oggi è generare aspettative d’inflazione futura, per tenere bassi i tassi d’interesse reali futuri attesi. In tempo di crisi, eventuali pericoli di inflazione futura assumono, importanza secondaria. Inoltre, dopo l’esperienza degli anni ’70, le banche centrali sono molto più attrezzate per combattere l’inflazione, piuttosto che la deflazione. E la BCE? Anch’essa ha iniziato misure non convenzionali, le quali si limitano ad allargare senza limiti i prestiti alle banche. Nonostante Trichet abbia dichiarato che prossimamente si potrebbero assumere misure di quantitative easing, la giustificazione per non averlo finora fatto si basa su due fatti veri: il sistema economico europeo è più bancocentrico e meno finanziarizzato, e il budget della BCE rispetto al PIL dell’Eurozona è più grande di quello della Fed rispetto al PIL USA. Il vero motivo per cui ad oggi la BCE rimane l’unica banca centrale dei paesi sviluppati a non aver adottato misure di quantitative easing appare però un altro. Il prestatore di ultima istanza, in fin dei conti, è uno solo: lo Stato. Difficile svolgere appieno questo ruolo senza un’autorità fiscale alle spalle, che possa appianare eventuali perdite. Si veda: Board of Governors of the Federal Reserve System, Monetary Policy Report to the Congress, Febbraio 2009, http://federalreserve.gov/monetarypo...pr_default.htm. http://www.federalreserve.gov/newsev...e20090113a.htm http://www.clevelandfed.org/research...9/02monpol.cfm Fonte: Board of Governors of the Federal Reserve System; Cecchetti: “Crisis and Response: Central Banks and the Financial Crisis”, 2009. Poi allego un commento di un signore qualsiasi che secondo me ha individuato bene qual'è il problema (o almeno il prossimo problema da affrontare) E la via d'uscita? Nome: Massimiliano Guttadauro Data: 17.04.2009 Il suo commento "speriamo che Bernanke non se ne debba pentire" fa sorgere il dubbio che lei si preoccupi molto di quale potrebbe essere l'evoluzione della crisi. Tamponate le falle, quali potrebbero essere le conseguenze di questa soluzione? Una nuova crisi? E quanto tempo ci vorrà perché il bilancio della Fed ritorni a dimensioni coerenti con il suo ruolo nell'economia? E' possibile che non si contrarrà mai più? Quali le conseguenze, per l'economia, di un bilancio di queste dimensioni? |
20-04-2009, 17:26 | #59 |
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Scusate la domanda molto banale:ma investire adesso in prodotti legati all'andamento dell'inflazione dite che sarebbe conveniente?
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20-04-2009, 22:19 | #60 |
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Il prezzo del petrolio chiude in forte calo, sotto i 46 dollari al barile a New York, sulla scia del rafforzamento del dollaro e sui timori legati all'incertezza dello scenario economico. Il greggio con consegna a maggio e' scambiato a 45,88 dollari, con un ribasso dell'8,84%.
Spettro deflazione..
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