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02-10-2008, 17:50 | #2261 | |||||||
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Cnkankakmnaamlk
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FINCHE' C'E' BIRRA C'E' SPERANZA !!! |
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06-10-2008, 09:34 | #2262 |
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http://www.repubblica.it/2008/06/sez...occiatura.html
VICENZA - La consultazione autogestita a Vicenza è per il sì all'acquisizione dell'area dell'aeroporto Dal Molin a uso della città anziché a base Usa. L'esito del voto - a spoglio in corso - secondo gli organizzatori appare scontato. La consultazione, del tutto priva di ufficialità, si è tenuta per protesta dopo che un referendum, indetto dalla giunta guidata dal sindaco Achille Variati, è stato bocciato dal Consiglio di Stato. Al voto - secondo l'ultimo rilevamento del pomeriggio - si erano recati, degli 84.349 aventi diritto, in oltre 17.000. Le operazioni si sono tenute in 32 gazebo nei pressi di quelli che avrebbero dovuto essere i seggi ufficiali. I cittadini hanno trovato urne e schede del tutto uguali a quelle fatte stampare, inutilmente, dal comune. A controllare le operazioni di voto circa 500 volontari tra scrutatori e presidenti di seggio. Alle 12 ai gazebo si erano presentati in 8.812 pari al 10,45%, saliti a 17.411 (20,64%) alle 17 con grande soddisfazione degli organizzatori. Tra i primi ad essere contenti Cinzia Bottene, consigliere comunale e leader dei "No Dal Molin", che ha detto che il voto è stata "un'ottima risposta di partecipazione e democrazia a chi voleva imporre con l'autoritarismo scelte che riguardano il futuro della comunità locale vicentina". Per Variati, che si è presentato al gazebo di prima mattina, così come un'anziano da poco divenuto centenario, il voto è stato "uno straordinario esempio di democrazia". L'afflusso al voto, per il sindaco, ha dimostrato la volontà di esprimersi dei vicentini sui destini della propria città. E' un messaggio, per Variati, che è andato oltre Vicenza e si è rivolto "all'intero Paese" facendo capire "quanto sia sbagliato non permettere alla gente di esprimersi su ciò che li riguarda". "Il quesito - ha sottolineato Variati - mette al centro non problemi di natura militare o legati a patti internazionali ma il destino di un'area verde che riguarda una città". "Uno spazio di pregio ambientale - conclude - a ridosso di Vicenza che è il più grande del genere in Italia". Il presidente della Regione Veneto, Giancarlo Galan, ha criticato invece l'iniziativa e ha parlato di "scorrettezze politiche sostenute dal sindaco Variati e dal 'No dal Molin'" sottolineando che "dalla trappola dell'imbroglio referendario si è tenuta lontana la stragrande maggioranza della cittadinanza vicentina". Pressoché in silenzio i favorevoli alla base Usa. A intervenire è stato solo Silvano Giometto, del Comitato "Si al Dal Molin" che, bocciato il "referendino fatto in casa", ha chiesto ai cittadini di attivarsi per sfiduciare il sindaco anche alla luce dei "costi inutili" e degli "sprechi della consultazione" bocciata dal Consiglio di Stato.
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06-10-2008, 11:16 | #2263 |
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rassegnatevi, la base si farà!!!
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Ultima modifica di Silver_1982 : 06-10-2008 alle 15:44. |
06-10-2008, 13:59 | #2264 |
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Il referendum autogestito è stato un sostanziale fallimento (populista, da parte del signor Variati)...hanno votato solo il 30% dei cittadini (che nel 95% dei casi si sono espressi contro l'ampliamento della base)...
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06-10-2008, 14:16 | #2265 |
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imho abbastanza ridicolo e futile sto """"referendum"""". però fa tenerezza e anche un po' sorridere.
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06-10-2008, 14:29 | #2266 |
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mi pare ceh più ceh base si e base
qua non ha vinto NESSUNO. ha solo perso lo stato e la democrazia. sempre maggiore scollamento fra cittadini e istituzioni, fra istituzioni locali e istituzioni romane. sta settimana TUTTI i sindaci veneti son andati a roma a chiedere una parte dell'irpef ai comuni, son stati trattenuti dall apolizia come manifestanti da centro sociale... i sindaci.... non va bene ogni qualvolta lo stato si fa lontano e impone dall'alto e semplicemente e solo presente pre PRENDERE e basta. imho un passo in più verso il caos totale e il disinnamoramento dall ' "Italia" ... preludio a secessionismo. complimenti a tutti.
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07-10-2008, 16:06 | #2267 | |
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TUTTE LE NOTIZIE 07/10/2008 fonte: Presidio Permanente IT EN FR DE Facciamo due conti Il giorno dopo la consultazione popolare sul Dal Molin è una babele di commenti; sono tanti o son pochi 24 mila cittadini che votano per dire che futuro vogliono per l'aerea verde a nord della città? Intorno a questa domanda, spesso in modo strumentale e in alcuni casi con argomentazioni ridicole, si è concentrato il dibattito di coloro che si ergono a commentatori [...] Il giorno dopo la consultazione popolare sul Dal Molin è una babele di commenti; sono tanti o son pochi 24 mila cittadini che votano per dire che futuro vogliono per l'aerea verde a nord della città? Intorno a questa domanda, spesso in modo strumentale e in alcuni casi con argomentazioni ridicole, si è concentrato il dibattito di coloro che si ergono a commentatori. Il commissario Costa, che evidentemente, oltre che di basi militari, treni ad alta velocità, paratie marine mobili, se ne intende anche di sociologia, ha tratto dalla consultazione popolare – che lui stesso ha definito poche settimane fa antidemocratica – le conclusioni più stupefacenti: «il 72% dei vicentini – ha dichiarato il portaborse veneziano – non si oppone alla costruzione della nuova base militare». Che il commissario Costa abbia passato la domenica in incognito tra le strade di Vicenza chiedendo ad ogni cittadino che non si è presentato ai seggi se si oppone al progetto statunitense sembra difficile. È più probabile che l'uomo dei mille incarichi abbia goduto della splendida giornata di sole per concedersi un po' di relax. Beato lui che può, verrebbe da dire; ma, tornando a questo 72%, la questione è piuttosto semplice: c'è tanta – troppa – gente abituata a prendere la parola anche a nome di altri. E Costa è uno di questi, tanto che si sente legittimato, come annota il Sindaco Variati, «a parlare a nome di chi non si è espresso». Poco importa se tra i non votanti ci sono sicuramente i favorevoli alla nuova base statunitense – Roberto Cattaneo e Enrico Hüllweck non hanno mica votato –, ma anche coloro che sono indifferenti e soprattutto coloro che non hanno oggettivamente potuto esprimersi per cause di forza maggiore – per esempio i degenti dell'ospedale i quali, grazie al Consiglio di Stato che ha annullato la consultazione ufficiale, non hanno potuto ricevere la visita di una commissione di seggio –, per mancanza d'informazione o per qualunque altro motivo. È singolare la democrazia proposta dal commissario governativo, fondata non sulla realizzazione delle istanze dei cittadini, bensì sull'interpretazione dell'opinione dei silenti. Verrebbe da dire, allora, che “chi tace acconsente” e, alla luce del quesito referendario, che i favorevoli alla nuova base statunitense sono appena 906 in tutta la città. Ventiquattromila persone, è evidente, non sono la maggioranza dei cittadini di Vicenza; ma sono un dato statisticamente ufficiale. Un campione all'interno del quale è possibile verificare, numeri alla mano, quanti hanno espresso parere favorevole e quanti parere negativo; e, nel caso concreto, a Vicenza è successo che il 95,66% dei votanti ha espresso parere favorevole, chiedendo alla Giunta comunale di acquisire l'area del Dal Molin. E, del resto, non risulta che il Presidente statunitense – le coincidenze – si sia mai chiesto se il 60-70% dei cittadini che non partecipano alle elezioni presidenziali lo sostengono o lo disapprovano nelle sue politiche. Questo, piaccia o no, è il meccanismo che sta alla base della democrazia fondata sul voto: chi partecipa conta uno, chi non partecipa conta zero. Potremmo discutere a lungo sulla democraticità di questo meccanismo, ma non possiamo mettere in dubbio il principio che sta alla base di questa formula: chi partecipa decide. E Vicenza ha deciso. Del resto, il movimento vicentino ha sempre sostenuto che la vocazione maggioritaria contro la base militare è evidente nelle dinamiche pubbliche, nella manifestazioni di piazza, nelle relazioni sociali. E, a confermare questa evidenza, c'è anche l'altra faccia della medaglia, rappresentata dai favorevoli alla base i quali, per autorappresentarsi, sono costretti a parlare di “maggioranza silenziosa” per contrastare mediaticamente quella maggioranza reale che si esprime nella quotidianità. Da tante cariche istituzionali e da molti partiti questa democrazia, fatta di partecipazione diretta e presenza fisica, è stata definita “antipolitica”, perché slegata dalla delega e dai vincoli che essa impone all'espressione della cittadinanza. Ieri quella che loro hanno definito “antipolitica” ha attraversato per un giorno le forme “accettate” dell'espressione politica; ed è stato un fiume in piena, perché la partecipazione quotidiana di migliaia di cittadini si è riversata nelle 32 urne elettorali mettendo nero su bianco non tanto un sì o un no, quanto la determinazione civica di essere protagonisti attivi del proprio domani. Ventiquattro mila, allora, sono tanti; perché queste donne e questi uomini non hanno semplicemente partecipato a quello che ormai, nella società contemporanea, è il rituale del voto; non hanno, per dirla in altre parole, espresso una delega perché qualcun altro risolva questa questione. Hanno, in un certo senso, espresso una sentenza che, per essere smentita, avrebbe bisogno di un'altra sentenza: bene ha fatto, allora, il Sindaco a invitare i partiti favorevoli alla base statunitensi a organizzare essi stessi una consultazione analoga a quella di ieri per verificare la consistenza numerica reale dei favorevoli al progetto statunitense. Restare silenti è un diritto, naturalmente; ma questo diritto non può sopraffare la voce di chi, viceversa, vuole esprimersi. Non può farlo perché il silenzio non è interpretabile e chi tenta di strumentalizzarne il significato fa un misero gioco politico che non ha gambe perché, alle spalle, non ha persone. In occasione della consultazione popolare di Vicenza, dunque, la cittadinanza si è espressa in questo modo: 23.050 cittadini favorevoli all'acquisizione dell'area del Dal Molin da parte dell'Amministrazione comunale; 906 contrari. Gli altri silenziosi, perché disinteressati, non informati, impossibilitati a esprimersi, o per qualunque altra ragione che riguarda soltanto loro
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07-10-2008, 19:10 | #2268 |
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Per tutti quelli che pensano che esprimersi in democrazia sia inutile consiglio di leggere
http://www.repubblica.it/2007/02/rub...a-inutile.html Se la democrazia diventa inutile (Ilvo Diamanti) "Il Consiglio di Stato ha bocciato il referendum indetto, domenica prossima, a Vicenza dall'amministrazione comunale, per consultare i cittadini sull'uso dell'area dove è prevista la costruzione di una nuova base Usa. Non una consultazione deliberativa, perché si tratta di una scelta che poggia su negoziati internazionali. Ma un modo per permettere alla popolazione di esprimersi su una decisione che è destinata a produrre effetti rilevanti sulla realtà locale: dal punto di vista dell'ambiente, del territorio, della viabilità, della sicurezza. Il Consiglio di Stato ha stabilito che si tratta di un esercizio "inutile", perché si applica a un obiettivo "irrealizzabile". E ha, per questo, bloccato l'iniziativa, tre giorni prima dello svolgimento. Contraddicendo, così, il pronunciamento del Tar, che, al contrario due settimane fa, aveva considerato legittima la consultazione. Così, Vicenza diventa un caso esemplare, nella sua specificità. Una città dove lo Stato decide che i cittadini non "devono" pronunciarsi, secondo procedure istituzionali, perché, comunque, è stato già deciso. Peraltro, è difficile che, in questo caso, si levino voci indignate, a livello nazionale. (ad eccezione dei "soliti" esponenti della sinistra radicale). Perché su questa materia l'accordo è bipartisan. La scelta della nuova base Usa nasce, cinque anni fa, da un accordo informale fra Berlusconi e le autorità americane, approvata dall'amministrazione di Vicenza del tempo e coltivata in gran segreto per anni. Così, a doverla gestire è stato il governo Prodi, che, dopo qualche resistenza e molte perplessità, ha, infine, concesso la base agli Usa, nel gennaio 2007. In nome dei buoni rapporti con l'alleato più influente, a livello internazionale. Dunque, destra, sinistra e centro d'accordo. Senza se e senza ma. Cioè: senza ascoltare i cittadini. Senza neppure preoccuparsi di vedere il luogo, il contesto, le condizioni. Nessun leader politico del centrodestra e del centrosinistra che sia venuto a Vicenza a confrontarsi, a spiegare le ragioni della scelta. Nessun ministro che, negli ultimi due anni, abbia avuto il coraggio di avvicinarsi alla città, per timore di venire fischiato e contestato. Oggi che i fischi e le contestazioni fanno male all'immagine. Solo il presidente Napolitano, di recente, si è recato a Vicenza. E ha pronunciato parole prudenti ma, in fondo, sagge, esortando affinché la difesa degli interessi locali avvenga nel rispetto di quelli nazionali. Senza, però, negare il diritto dei cittadini a esprimersi. Mentre il Consiglio di Stato ha decretato che il referendum è inutile. La stessa posizione espressa, in modo aperto, dal ministro La Russa. E dai leader di centrodestra. Dal presidente della Regione, Galan. Senza che, peraltro, si siano levate voci dissonanti dal centrosinistra. Né dal Pd né dall'Idv di Antonio di Pietro. D'altra parte, lo stesso Berlusconi, nelle scorse settimane, aveva inviato al sindaco di Vicenza una lettera per invitarlo a desistere. Il referendum è inutile: non fatelo. Tutti d'accordo, da sinistra a destra. Da Roma a Venezia. Qui, però, non si tratta più del merito: la costruzione di una "nuova" base Usa (non dell'allargamento di quella pre-esistente, come erroneamente si dice) alle porte della città. Ma della possibilità dei cittadini di esprimersi attraverso un referendum. (come ritiene giusto oltre il 60% dei vicentini, interpellati in un sondaggio condotto da Demetra la settimana scorsa). Il Consiglio di Stato (come le principali forze politiche nazionali) ha negato questa possibilità perché "ha per oggetto un auspicio irrealizzabile... su cui si sono pronunciate sfavorevolmente le autorità competenti". Sostenendo, in questo modo, che l'utilità della democrazia si misura solo a partire dal suo "rendimento" concreto; dall'efficacia dei risultati. (Se così fosse, non si spiegherebbe perché, per quanto faticosamente, regga ancora nel nostro paese). Come se la democrazia fosse un utensile per realizzare "prodotti" pubblici. Un sistema e un metodo per decidere, come un'impresa qualsiasi (proprio oggi che il mercato non sembra più di moda). Dimenticando che la democrazia ha valore in sé. E' un valore in sé. Le procedure mediante cui si realizza "servono" come fonte di legittimazione perché garantiscono riconoscimento alle istituzioni e consenso alle autorità. La democrazia "serve" perché istituzionalizza il dissenso sociale, perché sostituisce la mediazione e la partecipazione allo scontro. La democrazia diretta, peraltro, offre un sostegno importante alla democrazia rappresentativa. Nel caso concreto, la prospettiva del referendum ha incanalato i comitati e i movimenti contrari alla base americana dentro alle logiche e alle regole del confronto istituzionale. Ha istituzionalizzato il dissenso. Ha isolato e estromesso le frange più estreme e le tentazioni violente. Due anni di opposizione, manifestazioni e proteste su un terreno così critico si sono svolte senza incidenti, senza strappi. D'altronde, e non a caso, il movimento "No dal Molin" ha partecipato alle elezioni comunali dello scorso aprile, dove ha eletto una rappresentante. Accettando, così, il gioco della democrazia. Trasferendo il confronto dalla piazza alle sedi istituzionali. Sostituendo - e preferendo - la logica della rappresentanza a quella dello scontro. Per la stessa ragione, il referendum avrebbe offerto all'amministrazione comunale e, in primo luogo, al sindaco Variati uno strumento per "governare" il malessere e le tensioni sociali. Perché, qualsiasi ne fosse stato l'esito, avrebbe ottenuto una delega a "negoziare". Anche se non vi fosse stato nulla di negoziabile - come accusa il Consiglio di Stato (la cui fiducia nel potere della partecipazione, dunque, della democrazia "sostanziale" appare assai fragile). In quel caso, avrebbe pagato lui, il sindaco, insieme all'amministrazione il prezzo di aver generato aspettative deluse. Ora, invece, la città si ritrova muta. Costretta al silenzio. Perché si è sancito, semplicemente, che, in alcuni casi, in questo caso, nel "suo" caso, la "democrazia è inutile". Che la partecipazione non serve. Che l'ascolto è un vizio. Che è meglio decidere ignorando il dissenso. Dichiarando preventivamente "illegittima" la semplice possibilità di farlo emergere. Ma la democrazia ha una funzione terapeutica, prima che pratica e strumentale. Serve a curare la frustrazione nei rapporti sociali e politici. A evitare che degeneri. Quando diventa inutile allora è lecito avere paura. (1 ottobre 2008) "
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01-02-2009, 09:08 | #2269 |
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28-04-2009, 09:20 | #2270 |
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LA PASIONARIA CINZIA BOTTENE RICEVUTA DALLA COMMISSIONE SUGLI INVESTIMENTI MILITARI DEL CONGRESSO
La casalinga anti-Dal Molin a Washington MILANO — «La verità vera? È che so no un’incosciente totale. Mica altro». Cin zia Bottene, 52 anni, casalinga di Vicenza, ex timida («Da ragazzina camminavo ra sente i muri. Ma da quando le mie ami*che mi hanno obbligato a salire sul palco a Trento per contestare Prodi, marcio co me un treno»), la vorrebbe liquidare lì, tutta la storia. Appena sbarcata dopo un volo Washington-Parigi-Venezia, mentre recupera le valigie al nastro trasportato re, il volto e l’anima del movimento No Dal Molin se la ride con leggerezza. La stessa con la quale da mesi affronta mili tari e politici. E dell’avventura americana appena conclusa la prima cosa che ti rac conta è un particolare da gita scolastica: «Ma lo sai che dormivamo alla Pink House? È la casa delle donne attiviste per la pace. Sono loro che ci han*no ospitate per tutto il peri odo e ci hanno aiutato ne gli spostamenti. Ci siamo divertite da matti. Una se ra, per festeggiare, abbia mo cucinato noi la carbona ra: un successone». Cinzia, Laura Bettini ed Emanuele Rivellino (anche loro del No Dal Molin) sono stati ricevuti giovedì scor so, per la prima volta, al Congresso degli Stati Uniti, dalla Commissione Appropria tion military construction. «Una eccezio ne, mi dicono, perché è raro che questo importante organismo, che definisce gli investimenti militari, convochi degli stra nieri ». Dopo tre anni di picchetti, manife*stazioni, proteste e contestazioni biparti san, vedersi a colloquio con chi può deci dere davvero le sorti della base americana da loro tanto contestata, per la pasionaria di Vicenza e i suoi compagni di viaggio è stata, manco a dirlo, «un’emozione gran dissima. Se penso a tutte le porte sbattute e all’indifferenza che abbiamo ricevuto qui in Italia... Lì invece hanno un concetto molto chiaro di democrazia formale: tutti possono e devono dire la loro. E così, an che noi siamo riusciti a farci ricevere. Co me? Roba da manuale. Abbiamo chiesto prima un colloquio al presidente della commissione, Sam Farr, un democratico. Poi abbiamo spedito i moduli con i nostri dati e una relazione. Però eravamo convin ti di fare una cosa inutile, come quando imbuchi la cartolina per un concorso a premi... Non ti aspetti di vincere. E inve ce, quando ci è arrivata la lettera di invito col logo del Congresso, ci sembrava di es sere in un film di Frank Capra». Così, giovedì mattina, Cinzia Bottene si è ritrovata davanti alla Commissione fi nanziamenti militari degli Stati Uniti. Una delle più potenti del Congresso. «Io e Laura per l’occasione abbiamo indossato un tubino nero con filo di perle. Ci siamo ispirate a Michelle Obama... Emozionate? Nella sala accanto stava deponendo Hil lary Clinton, e in un’altra ala c’era Oba ma: inutile dire di no. Ma siamo stati ac colti in maniera sorprendente, devo am metterlo. C’era un grande silenzio quan do parlavamo. O meglio, quando parlava Laura, che sa le lingue, ed è stata bravissi ma. Io l’inglese lo capisco così così, lo par lo peggio. Ho preferito star zitta. E dire che non c’eravamo preparate nemmeno un discorso». Nemmeno una scaletta? «No, giuro. Beh, dopo che per anni parli di certe cose, le sai a memoria. Abbiamo spiegato loro le ragioni per cui non do vrebbero proseguire nel progetto di co*struzione della base a Vicenza: il proble ma della falda acquifera, la eccessiva vici nanza al centro storico. E poi come la de cisione sia stata nascosta all’intera popo lazione per anni. Alla fine conoscevano il problema a fondo. Per capirci, ora nessu no — anche tra gli americani — potrà più dire di non sapere». Poche ma mirate le domande dei depu tati americani: «Per esempio ci hanno chiesto se cambiando l’architettura del progetto saremmo stati più contenti... Ma gli abbiamo spiegato, nascondendo un sorriso, che non era mica una questio ne di estetica! Poi hanno voluto sapere co me si poneva il governo italiano rispetto a questo caso. E noi giù a dire dell’accor do Bush-Berlusconi, dell’ultimatum di Spogli, e dell’editto bulgaro di Prodi. Li abbiamo stesi. Tanto che i due deputati repubblicani se ne sono stati zitti zitti fi no alla fine. Al termine dell’incontro il presidente si è girato verso uno dei mem bri della Commissione e gli ha detto: con tattiamo subito il Pentagono e chiediamo se ci sono spazi di intervento. Capisci? Proprio così». Tutta un’altra musica rispetto a quando c’era l’amministrazione Bush, secondo Cinzia: «Quando andammo allora, riu scimmo solo a parlare con qualche depu tato nei corridoi: ci ascoltavano per dove re, con lo sguardo distratto, la mano al cel lulare, e poi una pacca sulla spalle e via. Insomma il cambio di clima, con Obama, si fa sentire. E la nostra vicenda ne è la prova. Se ci fosse stato ancora Bush alla Casa Bianca non ci avrebbero nemmeno ricevuto. Però il potere del Pentagono è ancora fortissimo. Lo percepisci dagli sguardi. Da come molti di loro, alla fine, ci sono venuti incontro e in un orecchio ci hanno bisbigliato: andate avanti, fate bene. Ce la farete». E se ce la faceste davve ro? «Avremmo dimostrato che anche le formichine, come ci hanno spesso defini to, a volte vincono» corriere.it
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28-04-2009, 09:32 | #2271 |
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mi auguro fortemente la bottene non sia sia presentata come la rappresentante della popolazione vicentina, in quanto non lo è.
edit. anzi direi che la maggior parte dei vicentini ne ha le balle piene della bottene&C.
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28-04-2009, 09:45 | #2272 |
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Ma l'han posata la prima pietra?
Ho una weiss che devo stappare.
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28-04-2009, 09:45 | #2273 |
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La base è una follia. Essere per il "si" è da pazzi scellerati. In ogni caso è evidente che la maggioranza della popolazione è contraria e, comunque la si pensi, lei altro non fa che perorare la propria (giusta) causa.
I favorevoli al "si" hanno del resto il loro rappresentante, ovvero Giometto (hahahaha...che culo...), quindi, anche sotto questo profilo, tutto trova il proprio equilibrio.
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28-04-2009, 09:51 | #2274 | |
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Ognuno nella propria vita aspetta qualcosa da festeggiare. La differenza la fa solo "cosa".
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28-04-2009, 10:07 | #2275 | |
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è per questo che a molti ha stancato.
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28-04-2009, 10:10 | #2276 | |
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28-04-2009, 10:17 | #2277 | |
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Va da sè che in tali condizioni il risultato è di enrome peso e va tantopiù da sè che non si può di certo dire che il 67% sia favorevole In ogni caso i vari sondaggi che si sono fatti sinora hanno sempre e costantemente dimostrato che la maggioranza dei vicentini è contraria alla costruzione di questa ennesima base.
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28-04-2009, 10:19 | #2278 | |
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Peccato che non fanno una base militare vicino a Milano.
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28-04-2009, 10:22 | #2279 | |
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Fermo restando che non devono cmq essere i cittadini a scegliere su queste questioni (quel referendum era un pro-forma)... è il governo che deve decidere, assumendosene le responsabilità. A meno che non si pensi che l'Italia debba essere governata da Beppe Grillo, da Cinzia Bottene e da chi scende in piazza a manifestare.
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28-04-2009, 10:25 | #2280 | |
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Ma se il governo si muove nell'illegalità, come ha fatto, è evidente che il concetto non vale più. §Quanto al voto, in quelle condizioni, è un risultato che può essere interpretato in un solo modo.
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Perchè il NO alla nuova base USA e Vicenza città militarizzata 3d ---------- Ho fatto "solo" 3 leggi ad personam... Ultima modifica di radiovoice : 28-04-2009 alle 10:28. |
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