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Per cui, se f(x) risolve y''+y=0, allora f(wx) risolve y''+(w^2)y=0. Quote:
Codice:
sin x = cos(x-Pi/2) Quote:
La prima riga mi sembra un errore di copiatura della formula di addizione del coseno: Codice:
A cos(wt+a) = A (cos wt cos a - sin wt sin a) Quote:
Allora, se y e yp sono entrambe soluzioni di F(x,y,y',y'')=g(x), y-yp soddisfa F(x,y-yp,(y-yp)',(y-yp)'') = F(x,y,y',y'')-F(x,yp,yp',yp'') = g(x)-g(x)=0; ossia, y-yp è soluzione dell'omogenea associata. |
grazie mille, il 2o ho capito, il primo ora me lo riguardo un po' meglio
ciao |
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trucchetti nelle derivate
Salve a tutti ragazzi....a volte mi capita di imbattermi in alcune funzioni le quali(per il loro studio) mi tocca derivarle due volte...e spesso capita che diventi un lavoro lunghissimo e "incasinato" trovarne gli zeri! :muro:
Ad esempio una del genere y= 1/2 x^2 + 4x + 2/(2x+1) diventa lunghissimo il lavoro per determinare la concavità! Volevo chiedere se qualcuno conosce qualche trucco di semplificazione che mi ritorni utile per determinare a occhio ad esempio la concavità delle funzioni, o che riesca in qualche modo a vedere subito in che maniera è rivolta la concavità! Grazie |
altro piccolo dubbio sulle serie.
consideriamo una funzione f: z app ad A----->f(z) app B con A e B aperti del piano complesso, ed una serie di funzioni {Sn(z)} di termine generale fn(z). distinguiamo ora due casi: 1){Sn(z)} converge uniformemente in A alla funzione f(z). 2){Sn(z)} converge puntualmente in A alla funzione f(z) la definizione formale di convergenza uniforme è molto chiara e semplice, però non mi ha fatto capire molto bene la differenza che c'è tra convergenza puntuale e convergenza uniforme in pratica. cioè qual è la differnza tra f(z) nel caso 1 e f(z) nel caso 2 ? |
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Nella convergenza puntuale, l'indice n_epsilon che serve ad avere |S{n}(z)-f(z)|<epsilon per n>n_epsilon, è a priori uno per ciascuno z; nella convergenza uniforme, ce n'è uno che va bene per tutti gli z. E' chiaro allora che la convergenza uniforme è una condizione molto più "severa" di quella puntuale; ma allora, le proprietà che si hanno in caso di convergenza uniforme, devono essere migliori di quelle che si hanno in caso di convergenza puntuale. E in effetti è così: per una successione di funzioni continue, la convergenza puntuale non implica la continuità del limite, mentre quella uniforme sì. Se poi lavori sul piano complesso, allora hai il bellissimo teorema (dovuto a Weierstrass, mi pare) per cui, se le f{n} (o, che è lo stesso, le S{n}) sono olomorfe in A e se S{n}-->f uniformemente sui compatti di A, allora f è olomorfa in A e S'{n}-->f' uniformemente sui compatti di A. |
domanda stupida ma nn mi viene in mente
data una matrice A, un suo autovalore v e l'autovettore w corrispondente, perchè vw=Aw? |
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quindi in parole povere se un serie converge uniformemente ad una funzione f(z) per ogni valore di z appartenente ad un insieme aperto A la f(z) è continua comunque io prendo z. se invece converge puntualmente e non uniformemente vuol dire che la f(z) presenta delle discontinuità? ps: cosa sono i compatti di A? |
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Dopotutto, f{n}(z)=z/n converge puntualmente ma non uniformemente in C alla costante zero, che è continua in C. Quote:
Dire che "f{n} converge a f uniformemente sui compatti di A" vuol dire che, se K è un compatto di C contenuto in A, allora f{n} converge uniformemente a f in K. La convergenza uniforme sui compatti di A è un po' meno della convergenza uniforme in A, ma è sufficiente in parecchie applicazioni. |
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quando è richiesta l'ipotesi di convergenza uniforme del limite, è per la garanzia che il limite f(z) sia una funzione continua? ad esempio il teorema che hai citato tu mi sembra che l'ho studiato tempo fa come "teorema di derivazione termine a termine" , richiede la convergenza uniforme per il motivo che ho ipotizzato? |
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E in effetti, se A è aperto, allora non è necessaria la convergenza uniforme in A, ma basta la convergenza uniforme sui compatti di A a garantire che il limite sia una funzione continua. Quote:
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Uhm, e tramite questa strada si dimostra anche l'esistenza delle derivate di tutti gli ordini? In questo momento non ricordo bene da dove arrivava quel risultato. :wtf:
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almeno così mi ricordo. |
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Più in dettaglio: gli autovalori di A sono tutti e soli i valori v tali che det(vI-A)=0, ossia tali che il sistema vI-A=0 ha una soluzione non banale w. Ma se (vI-A)w=0, allora vw-Aw=0, ossia Aw=vw. |
ho altre due domande :D
allora si definisce insieme chiuso un insieme che contiene tutti i suoi punti di accumulazione. si definisce dominio un insieme chiuso per cui ogni punto è punto di accumulazione di punti interni all'insieme; ma quanto accade questo? quando esiste un secondo insieme che ha elementi in comune col primo? il concetto di dominio(particolare insieme chiuso),ha qualcosa a che vedere col concetto di insieme di definizione(detto anche dominio appunto) di una funzione?! a me sembrerebbe di no... |
Avevo fatto un errore quattro post sopra. Ora ho corretto.
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prendiamo nel piano complesso un cerchio C(0,R) , cioè un cerchio di centro l'origine e raggio R. direi che questo è un dominio(o sbaglio?) sia A il suo complementare, che quindi è un aperto. ora i punti sulla frontiera di C sono punti di accumulazione sia per punti interni a C, sia per punti esterni a C, infatti se prendiamo un intorno piccolo a piacere I di un punto z0 appartenente alla frontiera di C, esso conterrà sia punti di C che punti di A. è esatto questo ragionamento? e se è così come fa ad essere un dominio il cerchio C?! :confused: |
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Sì, è un dominio. Quote:
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Dopotutto, se come esempio tu avessi preso il complementare del cerchio aperto di centro 0 e raggio R, anche quello sarebbe stato un dominio. Tieni a mente che non c'è nulla che impedisca a un punto di essere di accumulazione per due insiemi disgiunti. |
Statistica Inferenziale: Test statistici e livelli di significatività
C'è qualche esperto di statistica?
Ho capito che in base al campione si sceglie il test statistico appropriato. Quando vado a calcolare il livello di significatività dei dati ossservati non riesco ad interpretare il risultato. Qualcuno mi aiuta? Io la statistica la odio! |
Funzioni
Ciao ragazzi....i soliti stupidi dubbi!
Come tutti sapete in una funzione, il segno della sua derivata ne determina la crescenza o la decrescenza....guardando il libro ho però trovato una stranezza o che sono io il rincitrullito! nella y=x^2-1/x^2-4 la derivata è y'= -6x/(x^2-4)^2 quindi studiando il segno dovrebbe decrescere da -infinito a 0 e crescere da 0 a + infinito!invece è tutto il contrario!!!e non riesco a capire il perchè :muro: grazie |
Ei.......LASCIATE PERDERE!!!!!!
CHE IDIOTAAA!!!!! :doh: :doh: :doh: :doh: :doh: :doh: :doh: :doh: :doh: :doh: :doh: :doh: :doh: :doh: :doh: :doh: :doh: |
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Ho una domanda veloce anche io...mi è sorto un dubbio. :D
La famosa proprietà della derivata prima della delta di Dirac: f(t)δ'(t) = f'(0)δ(t) - f(0)δ'(t) è così o sbaglio il segno? Ho un vuoto di memoria...:stordita: |
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Anzi: grazie a te, visto che dopo il tuo post ho corretto gli ultimi due errori che c'erano! :doh: :lamer: :cry: |
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Con delta(t) intendi la distribuzione su IR che associa alla funzione infinitamente differenziabile a supporto compatto f il suo valore nel punto t? Se è così, allora in quanto distribuzione delta(t) è derivabile e il valore di delta'(t) su f è il valore di f' in t, cambiato di segno. (Si tratta semplicemente della formula di integrazione per parti, in cui l'integrale viene valutato su un intervallo chiuso e limitato che contiene propriamente i supporti di f ed f' e include t.) |
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/+oo Quote:
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/+oo E fin qui ci siamo. Il mio dubbio era se si potesse fare un ragionamento del genere. La delta gode di questa proprietà, che si dimostra banalmente prendendo gli integrali di ambo i menbri tra -oo e +oo: f(t)δ(t) = f(0)δ(t) allora uno si può chiedere: f(t)δ'(t) = ? Per rispondere si può provare a prendere la derivata del prodotto: [f(t)δ(t)]' = f'(t)δ(t) + f(t)δ'(t) poi si considera che per la proprietà della delta scritta sopra: [f(t)δ(t)]' = [f(0)δ(t)]' = f(0)[δ(t)]' = f(0)δ'(t) perché f(0) e una costante. Poi sempre usando la stessa proprietà della delta, il primo addendo a secondo membro diventa: f'(t)δ(t) = f'(0)δ(t) Quindi sostituendo i risultati trovati: f(0)δ'(t) = f'(0)δ(t) + f(t)δ'(t) E infine isolando il secondo addendo a secondo membro risulta: f(t)δ'(t) = f(0)δ'(t) - f'(0)δ(t) che è la risposta alla domanda iniziale. Ecco, io ricordavo una proprietà del genere della δ'(t), anche se avevo incertezze sul segno (che infatti è l'opposto di quanto avevo ipotizzato all'inizio!). Il discorso mi funziona, ma sono incerta sui passaggi fatti...in particolare mi chiedevo se fosse rigorosamente lecito applicare la formula della derivata di un prodotto quando c'è di mezzo una distribuzione. :boh: |
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OK: quindi delta è la delta di Dirac "classica". Quote:
Nella tua formula manca un segno "meno" davanti a f'(0); per il resto va bene. Quote:
Dunque: a primo membro hai il prodotto di una funzione fondamentale (ossia: infinitamente differenziabile a supporto compatto) e una distribuzione, che è una distribuzione; invece al secondo hai il prodotto di un numero e di una distribuzione, che va inteso come un multiplo della distribuzione delta (le distribuzioni formano uno spazio vettoriale). Allora l'uguaglianza si può interpretare solo come uguaglianza tra distribuzioni, e l'interpretazione è la seguente: per ogni funzione fondamentale f, la distribuzione f(t)delta(t) è uguale alla distribuzione f(0)delta(t). Il che a sua volta vuol dire: per ogni funzione fondamentale g(t), il valore della distribuzione f(t)delta(t) su g, è uguale a f(0) volte il valore della distribuzione delta su g. E direi che questo è proprio vero. Quote:
Con questa filosofia: se T è una distribuzione e g è una funzione fondamentale, indica con <T,g> il valore di T su g. Se f è una funzione infinitamente differenziabile (non occorre che sia anche una funzione fondamentale), allora puoi definire Tf (o fT) come la distribuzione che soddisfa <Tf,g>=<T,fg> per ogni funzione fondamentale g. (Esercizio: dimostrare che Tf è davvero una distribuzione.) Allora puoi applicare la regola di derivazione del prodotto, perché: Codice:
<(Tf)',g> = - <Tf,g'> Fa' attenzione, però, perché (Kolmogorov&Fomin, edizione italiana, pag. 204) non si può definire il prodotto di due distribuzioni generiche in modo che sia continuo e contemporaneamente che il prodotto di due distribuzioni indotte da funzioni localmente sommabili sia la distribuzione indotta dal prodotto delle due funzioni. |
Ciao ragazzi! :D
Qualcuno di voi potrebbe dirmi se questo integrale l'ho svolto correttamente? Vi ringrazio :) |
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:D La prossima volta, usa LaTeX, o testo puro in un tag "code". Ad ogni modo: parti bene, ma alla terza riga sbagli a calcolare l'integrale di (y+5)dy tra -sqrt(4-x^2) e sqrt(4-x^2). Infatti la primitiva è y^2/2+5y, ma il primo addendo calcolato tra i due estremi è (4-x^2)/2-(4-x^2)/2, ossia 0. Te ne potevi accorgere osservando che y è una funzione dispari, e integrata su un intervallo simmetrico dà 0. Per cui, rimane solo il pezzo 10*sqrt(4-x^2). |
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Il mio dubbio più grande era se integrare direttamente con gli estremi dati e considerare come funzione y=1 oppure fare qualche magagna prima :D Grazie ancora per l'aiuto! ;) |
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Se ho ---x(t)----->[__LTI___]----y(t)---> |
Scusate mi è venuto un altro dubbio :D
"Assegnata la funzione f(x,y)=alfa*log(1+xy) determinare le direzioni di massima e minima pendenza di f nel punto di coordinate (1,2). Per quali valori di alfa tali direzioni sono ortogonali al vettore (1,-2)?" Facendo i conti e risolvendo la prima parte dell'esercizio trovo che le direzioni di massima e minima pendenza sono indipendenti dal valore di alfa.. Di conseguenza ogni valore di alfa sarà accettabile come direzione ortogonale al vettore.. La mia domanda è : qual è il significato nascosto che sta dietro questo fatto? Ovvero perchè accade una cosa del genere (dal punto di vista geometrico?)? Grazie! :D |
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