IpseDixit
18-08-2005, 13:27
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Il sondaggista si è dato a una seconda vita dopo la morte di Hdc con un settimanale sulle tv locali lombarde
Le strane coincidenze per il ritiro di Fiorani dopo un question time di Tremonti contro Fazio
Senza il sostegno Bpi la società succeduta a Datamedia non regge il peso dei debiti
Qualcuno si sarà chiesto perché da tempo non si sente più parlare di Luigi Crespi e della sua Datamedia. Luigi Crespi, quello che da ragazzo era marxista e faceva a botte in piazza con la polizia, e da grande soppiantò Gianni Pilo e divenne sondaggista di Silvio Berlusconi, e poi stratega globale della campagna elettorale del 2001. Luigi Crespi, quello che inventò lo slogan «meno tasse per tutti» e il «patto con gli italiani» sottoscritto da Berlusconi in diretta tv con Bruno Vespa, e che danzò di gioia, davanti a Emilio Fede, per la vittoria del suo cliente e la precisione dei suoi sondaggi.
Sarebbe già una bella storia raccontare la seconda vita di Crespi, ripartito da zero nelle tv locali lombarde e con un settimanale che si chiama «Clandestino», se non fosse per come si è conclusa la prima, due anni fa, in un mirabolante incastro di banche e personaggi ricomparsi in questi giorni fra scalate, controscalate e intercettazioni. Ebbene, siamo nel 2001. Berlusconi è premier per la seconda volta. Crespi è il golden boy della nuova era. Tutti lo blandiscono. Lui è grande e vuole diventare grandissimo. Sogna di sbarcare nel mondo fatato della Borsa e per farlo a chi si affida? Ma al numero uno, Ubaldo Livolsi e alla sua «Livolsi&Partners». Del resto Livolsi è quello che ha quotato Mediaset e ancora oggi, che dichiara di volersi prendere il «Corriere della Sera», occupa un posto nel Cda della Finivest.
Il lavoro comincia, Datamedia diventa Hdc, e il mondo della Borsa è sconvolto prima dal caso della Enron, poi dall’attacco alle Torri Gemelle. Crespi deve aspettare. Ma siccome nel frattempo ha comperato le maggiori società demoscopiche italiane (la Cirm, Directa, World Research) e si è indebitato, contando di rientrare coi titoli della Hdc posti sul mercato, gli consigliano di affidarsi a un banca da cui farsi finanziare in attesa del momento buono per buttarsi a Piazza Affari. E qual è la banca? Ma la Banca popolare di Lodi, quella di Gianpiero Fiorani, l’uomo che poche settimane fa ha mandato per telefono un bacio in fronte ad Antonio Fazio dopo che il Governatore aveva dato l’assenso alla scalata della Popolare di Lodi ad Antonveneta. Lo stesso Fiorani che subito dopo si sente con il finanziere Emilio Gnutti, gli dà la buona notizia, e Gnutti è a cena con Berlusconi e Berlusconi si dichiara «commosso».
Bene, Fiorani aiuta Crespi, il pupillo di Berlusconi, e il cammino di Hdc verso la Borsa prosegue. Intanto il premier ha chiesto una cortesia a Crespi: curare un po’ l’immagine del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, pieno di buone qualità tranne quella di sapersi vendere. Crespi ci si applica ed è un lavoraccio, perché i conti italiani non vanno benissimo, e perché scoppia lo scandalo Cirio, con migliaia di risparmiatori rimasti fregati. Tremonti, con quel caratteraccio, litiga di brutto con il Governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio. Lo accusa di non aver saputo vigilare. Accusa tutto il sistema bancario di aver trattato i bond Cirio quantomeno con leggerezza. E, guarda la sfortuna, Livolsi e Fiorani, i progettisti di Hdc in Borsa, sono ottimi amici di Fazio. Mentre il proprietario di Hdc, Crespi, sta con Tremonti. Un bel disastro. Non bastasse, Livolsi sta impegnandosi anche nel salvataggio della Cirio, salvataggio nel quale Tremonti non crede per niente.
Arriva fine luglio, e qui c’è una notevole coincidenza. Il pomeriggio del 30 c’è un «question time» alla Camera sul caso Cirio. Tremonti ci va pesante. Parla di norme aggirate, dice che ai risparmiatori ci penserà il governo, in poche parole sputtana Fazio e le banche. Il giorno successivo c’è il consiglio d’amministrazione di Hdc. E alla fine della seduta, la Banca popolare di Lodi (cioè Fiorani) si ritira. Revoca tutti gli affidamenti e chiede il rientro dai debiti. In pratica, decreta la morte dell’Hdc di Crespi. Il quale non ci può credere, va da Berlusconi, gli chiede consiglio e aiuto, Berlusconi gli dà l’uno e gli promette l’altro. Interviene Unicredit, tutto sembra potersi accomodarsi, sinché pare che Alessandro Profumo in persona abbia detto non se ne fa nulla.
Crespi oggi non vuole parlare della vicenda perché c’è un’inchiesta penale in corso (lui è accusato di bancarotta fraudolenta, ma fra gli indagati ci sono pure Fiorani e uomini di Publitalia, che lavorava con Hdc), ma una cosa la ricorda: «A Berlusconi dissi: adesso fanno fuori me. Il prossimo sarà Tremonti. Il successivo sarà lei. Ma lui è stato a guardare. Evidentemente non gli importava di sacrificarmi». Inoltre ammette i trucchi contabili, spiega che non sono solo responsabilità sua, e aggiunge di aver ceduto Hdc alla Popolare di Lodi per il prezzo simbolico di un euro: «C’erano cinquecento posti di lavoro da salvare». A gestire Hdc subentra Nicola Piepoli con una società cui partecipa Hopa. E a chi appartiene Hopa? A Emilio Gnutti, l’uomo che era al ristorante con Berlusconi la sera del bacio in fronte a Fazio scoccato da Fiorani (che ha comprato Hdc a un euro). Gnutti, l’uomo che parla al telefono con Fiorani e gli confida d’aver già dato la notizia al Presidente. E il Presidente è «commosso».
Mattia Feltri
La Stampa 12 Agosto 2005
Il sondaggista si è dato a una seconda vita dopo la morte di Hdc con un settimanale sulle tv locali lombarde
Le strane coincidenze per il ritiro di Fiorani dopo un question time di Tremonti contro Fazio
Senza il sostegno Bpi la società succeduta a Datamedia non regge il peso dei debiti
Qualcuno si sarà chiesto perché da tempo non si sente più parlare di Luigi Crespi e della sua Datamedia. Luigi Crespi, quello che da ragazzo era marxista e faceva a botte in piazza con la polizia, e da grande soppiantò Gianni Pilo e divenne sondaggista di Silvio Berlusconi, e poi stratega globale della campagna elettorale del 2001. Luigi Crespi, quello che inventò lo slogan «meno tasse per tutti» e il «patto con gli italiani» sottoscritto da Berlusconi in diretta tv con Bruno Vespa, e che danzò di gioia, davanti a Emilio Fede, per la vittoria del suo cliente e la precisione dei suoi sondaggi.
Sarebbe già una bella storia raccontare la seconda vita di Crespi, ripartito da zero nelle tv locali lombarde e con un settimanale che si chiama «Clandestino», se non fosse per come si è conclusa la prima, due anni fa, in un mirabolante incastro di banche e personaggi ricomparsi in questi giorni fra scalate, controscalate e intercettazioni. Ebbene, siamo nel 2001. Berlusconi è premier per la seconda volta. Crespi è il golden boy della nuova era. Tutti lo blandiscono. Lui è grande e vuole diventare grandissimo. Sogna di sbarcare nel mondo fatato della Borsa e per farlo a chi si affida? Ma al numero uno, Ubaldo Livolsi e alla sua «Livolsi&Partners». Del resto Livolsi è quello che ha quotato Mediaset e ancora oggi, che dichiara di volersi prendere il «Corriere della Sera», occupa un posto nel Cda della Finivest.
Il lavoro comincia, Datamedia diventa Hdc, e il mondo della Borsa è sconvolto prima dal caso della Enron, poi dall’attacco alle Torri Gemelle. Crespi deve aspettare. Ma siccome nel frattempo ha comperato le maggiori società demoscopiche italiane (la Cirm, Directa, World Research) e si è indebitato, contando di rientrare coi titoli della Hdc posti sul mercato, gli consigliano di affidarsi a un banca da cui farsi finanziare in attesa del momento buono per buttarsi a Piazza Affari. E qual è la banca? Ma la Banca popolare di Lodi, quella di Gianpiero Fiorani, l’uomo che poche settimane fa ha mandato per telefono un bacio in fronte ad Antonio Fazio dopo che il Governatore aveva dato l’assenso alla scalata della Popolare di Lodi ad Antonveneta. Lo stesso Fiorani che subito dopo si sente con il finanziere Emilio Gnutti, gli dà la buona notizia, e Gnutti è a cena con Berlusconi e Berlusconi si dichiara «commosso».
Bene, Fiorani aiuta Crespi, il pupillo di Berlusconi, e il cammino di Hdc verso la Borsa prosegue. Intanto il premier ha chiesto una cortesia a Crespi: curare un po’ l’immagine del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, pieno di buone qualità tranne quella di sapersi vendere. Crespi ci si applica ed è un lavoraccio, perché i conti italiani non vanno benissimo, e perché scoppia lo scandalo Cirio, con migliaia di risparmiatori rimasti fregati. Tremonti, con quel caratteraccio, litiga di brutto con il Governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio. Lo accusa di non aver saputo vigilare. Accusa tutto il sistema bancario di aver trattato i bond Cirio quantomeno con leggerezza. E, guarda la sfortuna, Livolsi e Fiorani, i progettisti di Hdc in Borsa, sono ottimi amici di Fazio. Mentre il proprietario di Hdc, Crespi, sta con Tremonti. Un bel disastro. Non bastasse, Livolsi sta impegnandosi anche nel salvataggio della Cirio, salvataggio nel quale Tremonti non crede per niente.
Arriva fine luglio, e qui c’è una notevole coincidenza. Il pomeriggio del 30 c’è un «question time» alla Camera sul caso Cirio. Tremonti ci va pesante. Parla di norme aggirate, dice che ai risparmiatori ci penserà il governo, in poche parole sputtana Fazio e le banche. Il giorno successivo c’è il consiglio d’amministrazione di Hdc. E alla fine della seduta, la Banca popolare di Lodi (cioè Fiorani) si ritira. Revoca tutti gli affidamenti e chiede il rientro dai debiti. In pratica, decreta la morte dell’Hdc di Crespi. Il quale non ci può credere, va da Berlusconi, gli chiede consiglio e aiuto, Berlusconi gli dà l’uno e gli promette l’altro. Interviene Unicredit, tutto sembra potersi accomodarsi, sinché pare che Alessandro Profumo in persona abbia detto non se ne fa nulla.
Crespi oggi non vuole parlare della vicenda perché c’è un’inchiesta penale in corso (lui è accusato di bancarotta fraudolenta, ma fra gli indagati ci sono pure Fiorani e uomini di Publitalia, che lavorava con Hdc), ma una cosa la ricorda: «A Berlusconi dissi: adesso fanno fuori me. Il prossimo sarà Tremonti. Il successivo sarà lei. Ma lui è stato a guardare. Evidentemente non gli importava di sacrificarmi». Inoltre ammette i trucchi contabili, spiega che non sono solo responsabilità sua, e aggiunge di aver ceduto Hdc alla Popolare di Lodi per il prezzo simbolico di un euro: «C’erano cinquecento posti di lavoro da salvare». A gestire Hdc subentra Nicola Piepoli con una società cui partecipa Hopa. E a chi appartiene Hopa? A Emilio Gnutti, l’uomo che era al ristorante con Berlusconi la sera del bacio in fronte a Fazio scoccato da Fiorani (che ha comprato Hdc a un euro). Gnutti, l’uomo che parla al telefono con Fiorani e gli confida d’aver già dato la notizia al Presidente. E il Presidente è «commosso».
Mattia Feltri
La Stampa 12 Agosto 2005