gpc
01-10-2004, 11:00
http://www.espressonline.it/eol/free/jsp/detail.jsp?m1s=o&idCategory=4817&idContent=671761
Le veline di Ugo Eco
La scritta che campeggia in chiusura della trasmissione di Antonio Ricci non è mia. Ma di Ugo Cagna, un romito che vive sopra Cosio D'Arroscia...
Da un po' di tempo giornalisti, negozianti all'angolo, amici e conoscenti si complimentano con me per avere affermato che "siamo tutti veline", e mi spiegano che questa scritta (a mia firma) campeggia sempre in chiusura del programma di Antonio Ricci dove si esibiscono le aspiranti veline.
Mi era capitato di vedere, di zapping in zapping, parte di questo programma che, a parte la venustà delle fanciulle, mi procurava grande soddisfazione, perché udivo queste bellissime affermare di essersi quasi tutte laureate in materie difficilissime, e l'idea che avessero scelto la strada del velinaggio anziché affollare i concorsi universitari per ricercatori (risparmiando a me e ai miei colleghi ore ed ore di lavoro in più) non poteva che riscuotere il mio plauso, se non altro dal punto di vista sindacale.
Tuttavia non mi era mai capitato di vedere il finale del programma, perché sforava sempre un poco e dovevo cambiare canale per non perdermi l'inizio di qualche puntata su marescialli dei carabinieri o squadre di polizia - in quasi tutti i nuovi gialli, da Colombo in avanti, chi sia l'assassino te lo dicono subito all'inizio, e se perdi i primi colpi non capisci più nulla.
Mi sono chiesto se i miei informatori non mentissero, perché era impossibile che io avessi mai scritto o pronunciato una sciocchezza del genere. Che cosa vuol dire che siamo tutti veline? Che io ho la grazia di quelle adolescenti? Che è velina anche Giovanni Paolo II? Dire che siamo tutti veline è come dire che siamo tutti fox terrier o tutti bergamaschi. Non ha senso. È vero che Heidegger ha affermato che "il nulla nulleggia" (che di senso ne ha ancora meno), e su questo apoftegma si scrivono decine di tesi di laurea, ma a me pareva di non aver mai scritto né che il nulla nulleggia né che siamo tutti veline (al massimo, al colmo del delirio filosofico, avrei potuto scrivere che le veline velineggiano o che il nulla siamo tutti noi).
Ho pensato che si può prendere qualsiasi [mio scritto e trovare alla riga dieci la parola 'siamo', alla riga 20 la parola 'tutti' e (almeno in una vecchia Bustina) in altre righe la parola 'veline', e lavorando di taglio e incollo la cosa è fatta. Ma con la stessa tecnica si può far affermare a un teologo della Gregoriana che 'Dio' 'non' 'esiste'.
Alla fine mi sono deciso e ho chiesto chiarimenti ad Antonio Ricci, il quale mi ha risposto con un'amabile lettera, nella quale precisa che la frase non appare firmata 'Umberto Eco' bensì 'U. Eco', e che trattasi di Ugo Eco, "un romito che vive sopra Cosio D'Arroscia. Il suo vero nome è Ugo Cagna, ma nella valle lo chiamano Eco, per il vezzo di ululare i suoi pensieri al vento, sfruttando le onde riflesse". Insomma una trovata surreale (il finale della lettera accenna anche a Ubu Roi), una specie di Tapiro.
Però tutti coloro che mi hanno interrogato su quella frase non mi hanno mai domandato perché avessi pronunciato una bestialità. Al contrario, si congratulavano o mi chiedevano quale fosse il senso profondo della mia affermazione. Se la frase appariva in televisione, andava presa sul serio.
Io appartengo a una generazione che è stata educata a non prestar fede a quello che si leggeva sui giornali, salvo gli annunci funebri. È vero che allora si viveva sotto dittatura, ma anche dopo credo di aver mantenuto un atteggiamento di riserva su ogni cosa che leggevo. Il popolo televisivo invece no. Se una cosa la dice la televisione allora è vera, o per lo meno sensata.
Tutto questo mi fa venire in mente una storia che mi raccontava il compianto Bonvi, quello delle Sturmtruppen, il quale, per arrotondare i guadagni che gli derivavano dal fumetto, lavorava anche nella pubblicità. Un giorno, dovendo trovare un bello slogan per un insetticida, ha scoperto che uno dei suoi ingredienti era il piretro (che, per chiarire le idee agli indotti, è semplicemente il Chrysantemum Cinerariifolium). Così gli era venuta l'idea di mettere su inserti pubblicitari e spot televisivi, in bella vista, 'al fiore di piretro'. Non mentiva, ma è chiaro che l'evocazione di un fiore quasi esotico contribuiva a rendere l'insetticida fresco, olezzante e desiderabile. Un giorno va a casa di sua mamma, sente un odore eccessivo d'insetticida, si lamenta, e la mamma gli risponde che ne spande in abbondanza perché è una miscela deliziosa al fiore di piretro. Bonvi allora si arrabbia e dice: "Ma mamma, quella è una cazzata che mi sono inventato io!". La mamma risponde: "Eh no, figlio mio. L'ha detto la televisione!".
Le veline di Ugo Eco
La scritta che campeggia in chiusura della trasmissione di Antonio Ricci non è mia. Ma di Ugo Cagna, un romito che vive sopra Cosio D'Arroscia...
Da un po' di tempo giornalisti, negozianti all'angolo, amici e conoscenti si complimentano con me per avere affermato che "siamo tutti veline", e mi spiegano che questa scritta (a mia firma) campeggia sempre in chiusura del programma di Antonio Ricci dove si esibiscono le aspiranti veline.
Mi era capitato di vedere, di zapping in zapping, parte di questo programma che, a parte la venustà delle fanciulle, mi procurava grande soddisfazione, perché udivo queste bellissime affermare di essersi quasi tutte laureate in materie difficilissime, e l'idea che avessero scelto la strada del velinaggio anziché affollare i concorsi universitari per ricercatori (risparmiando a me e ai miei colleghi ore ed ore di lavoro in più) non poteva che riscuotere il mio plauso, se non altro dal punto di vista sindacale.
Tuttavia non mi era mai capitato di vedere il finale del programma, perché sforava sempre un poco e dovevo cambiare canale per non perdermi l'inizio di qualche puntata su marescialli dei carabinieri o squadre di polizia - in quasi tutti i nuovi gialli, da Colombo in avanti, chi sia l'assassino te lo dicono subito all'inizio, e se perdi i primi colpi non capisci più nulla.
Mi sono chiesto se i miei informatori non mentissero, perché era impossibile che io avessi mai scritto o pronunciato una sciocchezza del genere. Che cosa vuol dire che siamo tutti veline? Che io ho la grazia di quelle adolescenti? Che è velina anche Giovanni Paolo II? Dire che siamo tutti veline è come dire che siamo tutti fox terrier o tutti bergamaschi. Non ha senso. È vero che Heidegger ha affermato che "il nulla nulleggia" (che di senso ne ha ancora meno), e su questo apoftegma si scrivono decine di tesi di laurea, ma a me pareva di non aver mai scritto né che il nulla nulleggia né che siamo tutti veline (al massimo, al colmo del delirio filosofico, avrei potuto scrivere che le veline velineggiano o che il nulla siamo tutti noi).
Ho pensato che si può prendere qualsiasi [mio scritto e trovare alla riga dieci la parola 'siamo', alla riga 20 la parola 'tutti' e (almeno in una vecchia Bustina) in altre righe la parola 'veline', e lavorando di taglio e incollo la cosa è fatta. Ma con la stessa tecnica si può far affermare a un teologo della Gregoriana che 'Dio' 'non' 'esiste'.
Alla fine mi sono deciso e ho chiesto chiarimenti ad Antonio Ricci, il quale mi ha risposto con un'amabile lettera, nella quale precisa che la frase non appare firmata 'Umberto Eco' bensì 'U. Eco', e che trattasi di Ugo Eco, "un romito che vive sopra Cosio D'Arroscia. Il suo vero nome è Ugo Cagna, ma nella valle lo chiamano Eco, per il vezzo di ululare i suoi pensieri al vento, sfruttando le onde riflesse". Insomma una trovata surreale (il finale della lettera accenna anche a Ubu Roi), una specie di Tapiro.
Però tutti coloro che mi hanno interrogato su quella frase non mi hanno mai domandato perché avessi pronunciato una bestialità. Al contrario, si congratulavano o mi chiedevano quale fosse il senso profondo della mia affermazione. Se la frase appariva in televisione, andava presa sul serio.
Io appartengo a una generazione che è stata educata a non prestar fede a quello che si leggeva sui giornali, salvo gli annunci funebri. È vero che allora si viveva sotto dittatura, ma anche dopo credo di aver mantenuto un atteggiamento di riserva su ogni cosa che leggevo. Il popolo televisivo invece no. Se una cosa la dice la televisione allora è vera, o per lo meno sensata.
Tutto questo mi fa venire in mente una storia che mi raccontava il compianto Bonvi, quello delle Sturmtruppen, il quale, per arrotondare i guadagni che gli derivavano dal fumetto, lavorava anche nella pubblicità. Un giorno, dovendo trovare un bello slogan per un insetticida, ha scoperto che uno dei suoi ingredienti era il piretro (che, per chiarire le idee agli indotti, è semplicemente il Chrysantemum Cinerariifolium). Così gli era venuta l'idea di mettere su inserti pubblicitari e spot televisivi, in bella vista, 'al fiore di piretro'. Non mentiva, ma è chiaro che l'evocazione di un fiore quasi esotico contribuiva a rendere l'insetticida fresco, olezzante e desiderabile. Un giorno va a casa di sua mamma, sente un odore eccessivo d'insetticida, si lamenta, e la mamma gli risponde che ne spande in abbondanza perché è una miscela deliziosa al fiore di piretro. Bonvi allora si arrabbia e dice: "Ma mamma, quella è una cazzata che mi sono inventato io!". La mamma risponde: "Eh no, figlio mio. L'ha detto la televisione!".