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View Full Version : Giovanni Falcone, oggi?


ni.jo
25-05-2004, 08:51
Giovanni Falcone“I disarmati” di Luca Rossi, Mondadori, 1992.

“Il fatto è che il sedere di Falcone ha fatto comodo a tutti.
Anche a quelli che volevano cavalcare la lotta antimafia. In questo condivido una critica dei conservatori; l’antimafia è stata più parlata che agita. Per me, invece, meno si parla, meglio è.
Ne ho i coglioni pieni di gente che giostra con il mio culo. La molla che comprime, la differenza: lo dicono loro, non io. Non siamo un’epopea, non siamo superuomini: e altri lo sono molto meno di me. Sciascia aveva perfettamente ragione: non mi riferisco agli esempi che faceva in concreto, ma più in generale.
Questi personaggi, prima si lamentano perché ho fatto carriera; poi se mi presento per il posto di procuratore, cominciano a vedere chissà quali manovre. Gente che occupa i quattro quinti del suo tempo a discutere in corridoio. Se lavorassero, sarebbe molto meglio.
Nel momento in cui non t’impegni, hai il tempo di criticare: guarda che cazzate fa quello, guarda quello che è passato al PCI, e via dicendo.
Basta, questo non è serio. Lo so di essere estremamente impopolare, ma la verità è questa...”


a parte questo, come considerate l'attuale "silenzio" dopo la guerra del mafia allo stato, le bombe, le stragi d magistrati?

Blue Spirit
25-05-2004, 08:54
è morto invano

ni.jo
25-05-2004, 12:25
no non credo.
per lo meno al prezzo della vita ha dimostrato che la mafia esiste, che non ci si deve adeguare, convivere, perchè sono delle bestie, il nostro terorismo sempre vivo e ben radicato con la politica.
per lo meno quando senti i nomi dei 24 i magistrati uccisi - fra le 400 vittime di mafia, poliziotti, carabinieri, agenti di custodia, pubblici funzionari, amministratori, imprenditori, comuni cittadini:

Agostino PIANTA,
Francesco FERLAINO,
Francesco COCO,
Pietro SCAGLIONE,
Vittorio OCCORSIO,
Riccardo PALMA,
Girolamo TARTAGLIONE,
Fedele CALVOSA,
Emilio ALESSANDRINI,
Cesare TERRANOVA,
Nicola GIACUMBI,
Girolamo MINERVINI,
Guido GALLI,
Gaetano COSTA,
Mario AMATO,
Giangiacomo CIACCIO MONTALDO,
Bruno CACCIA,
Rocco CHINNICI,
Antonio SAITTA,
Alberto GIACOMELLI,
Rosario LIVATINO,
Antonio SCOPELLITI,
Giovanni FALCONE,
Francesca MORVILLO,
Paolo BORSELLINO.


ti accorgi che illudersi che non si sia più in guerra, solo perchè c'è il silenzio...è una illusione a volte in mala fede.
Si muore, in genere, perche' si e' soli", diceva Giovanni Falcone.
Ho letto da poco il libro di Lucarelli, dove racconta di agenti, giornalisti o una semplice ragazza che trova un documento d'identità nella lavanderia e scopre che l'ingegnere non era l'ingegnere, ma un latitante...e viene ammazzata...in una città in cui sembrav che la mafia non ci fosse...una città calma, come l'Italia di oggi, dal 92 in poi...

ni.jo
25-05-2004, 12:44
E non è solo un problema del governo: non ce lo vedo Fini a patteggiare o favorire la Mafia: e come dicevo l'intenzione della legge è buona: ma...c'è sempre un ma... c'è la tentazione di conviverci come diceva il ministro Lunardi... :muro:

In Sicilia il governatore Cuffaro sotto inchiesta per partecipazione esterna, altri consiglieri e assessori arrestati con la stessa ipotesi, un senatore dell’antimafia dentro per corruzione, il generale Ganzer comandante del Ros, l’antimafia dei carabinieri, richiesto di giudizio per associazione a delinquere finalizzata allo spaccio.
I pm Ingroia e Gozzo accusano il braccio destro di Berlusconi, Marcello Dell’Utri, demiurgo di Forza Italia, di "aver consegnato la Fininvest nelle mani di Cosa nostra negli anni ‘70", ad insaputa del fondatore.
Lo stesso Dell’Utri condannato a Milano a due anni per tentata estorsione insieme al boss Vincenzo Virga, vicino a Provenzano. In provincia di Agrigento un intero paese, pensionati compresi, costretto a versare il pizzo parendo giusto che la collettività si faccia carico, quando occorre, di pagare i conti e gli avvocati della "famiglia" regnante. Qui siamo all’intreccio tra mafia e mafiosità, che Caponnetto distingueva in rapporto da genere a specie, il comportamento prepotente, il sentimento antistatale diffuso ovunque e che annuncia o presuppone la mafia.

Che altro è stata la notte folle, da Colosseo, dell’Olimpico dove pochi balordi con dietro le solite protezioni inconfessabili ma risapute impongono la loro volontà a quelli nell’arena e agli ottantamila sugli spalti?
Si sa perfettamente, da anni che i malviventi da curva o da eversione politica sono reclutati e coperti dalle società calcistiche controllate dalla finanza e dalla politica nell’illusione di servirsene. Salvo scoprire che tipi simili, tra i boss delle tifoserie romane c’è gente già indagata nell’omicidio fascista di Fausto e Iaio ventisei anni prima, addirittura con una condanna a 26 anni poi cassata per altro omicidio politico, tipi del genere sono ingestibili, incontrollabili. Un cortocircuito mafioso di cui la città e l’informazione omertosa sono perfettamente a conoscenza, continuando a voltare la testa: i tre arrestati per avere materialmente bloccato la partita sono stati immediatamente scarcerati con gran sollievo della politica cialtrona dal fascista "er Pecora" al verde Cento e della curva che li ha subito eletti suoi eroi.

Qualcosa di non dissimile accade con la mafia del pacifismo, i boss della nonviolenza che impediscono fisicamente di partecipare a una manifestazione contro la guerra a Fassino, persona politicamente discutibile ma umanamente mite e ragionevole. Hanno colpa i Bertinotti e i Diliberto? No, anche loro sono persone civili, ragionevoli, ma incapaci di sottrarsi all’abbraccio ambiguo con gli ultrà del pacifismo che poi gli creano problemi, imbarazzi di cui farebbero volentieri a meno.

Voltare la testa, tenerla voltata oltre il lecito crea a lungo andare conseguenze irrimediabili. In tanti, praticamente tutti l’hanno voltata di fronte alle mafie finanziarie che scavavano i crac Cirio e Parmalat, un’omertà devastante per la quale pagherà il Paese chiamato a dover ripianare circa centomila miliardi di vecchie lire per le collusioni criminali fra industria, banche, controllori e informazione, come anche nella voragine del pallone che oggi un presidente di club, contemporaneamente del governo, vorrebbe spalmare sui cittadini. Mentre un suo luogotenente, nella convinzione che il Paese appartenga al suo clan, annulla al telefono senza averne titolo una partita esattamente come volevano i balordi, sì che vien da sospettare una convergenza d’interessi chissà quanto casuale nel far passare le leggi che salvano le squadre in rovina per il bene di chi le possiede finanziariamente e chi realmente, con la violenza mafiosa.

Con la pagliacciata del festival sanremese siamo oltre il voltare la faccia, siamo all’accondiscendenza immorale e demente. Affidano la direzione a uno che vanta o millanta agganci mafiosi e quando gli va storta convocano Celentano, che alla Rai non può rifiutarsi dovendole la salvezza da debiti colossali, il quale sdogana quanti hanno "amici criminali" mentre una valletta si eccita e il teatro viene giù dagli applausi. Mafia è bello. L’ex guerrigliero comunista Neffa che alla radio fiorentina Controradio tesse l’elogio di Tony Renis senza che nessuno gli chieda perché delira. Siamo oltre il qualunquismo suicida del "tutto è mafia niente è mafia", siamo al "tutto è mafia viva la mafia". Il cantante Gigi D’Alessio, si viene a sapere, fa anche lui la canzoncina di beneficenza insieme a 30 senatori di tutti gli schieramenti e col patrocinio di Unicef e Senato della Repubblica. D’Alessio risulta indagato per mafia in data 25 settembre 2001, la procura di Brescia, nell’ambito dell’inchiesta sul "Cartello di Secondogliano" gestito dai boss Luigi Buono e Ciro Russo detto "Pummarola", gli ha contestato rapporti col clan dei Giuliano signori di Forcella da cui secondo un pentito si sarebbe fatto prestare due miliardi per ripianare un fallimento all’inizio degli anni Novanta, pare anche abbia passato la carta d’identità di un parente allo stesso Luigi Buono. Non lo sanno i trenta senatori bipartisan? Sì che lo sanno, ma voltano la testa dall’altra parte.

Massimo Del Papa

jumpermax
25-05-2004, 14:13
un up doveroso e logorroico ;)

http://www.ilfoglio.it/pdf/25052004_1.pdf
Viva Falcone

Il magistrato buono per tutte le
commemorazioni, ma guai a
ricordare che cosa diceva


Giovanni Falcone? Buono per le immaginette
antimafia, per i santini alla Padre
Pio, per i dibattiti sull’eterogenesi dei fini,
per i cortei che non costano nulla. Ma se poco
poco vai a scavare tra le cose che scriveva
o che diceva, e ti azzardi a ricordare quelle
che erano le sue convinzioni, ecco che ti saltano
addosso. E’ successo al presidente del
Senato, Marcello Pera. Il quale, citando le
parole del giudice massacrato dodici anni fa
a Capaci, ha avuto la sfrontatezza – “un discorso
indegno”, ha tuonato Massimo Brutti,
senatore diessino – di sostenere che l’autonomia
dei magistrati viene messa a dura prova
non solo dalle pressioni esterne ma anche
da “comportamenti, individuali o di gruppo
assunti dentro il corpo stesso della magistratura”.
Apriti cielo. Non c’è stata corrente dell’Associazione
magistrati che non abbia inviato
a Pera la propria carrettatina di insulti.
E non c’è stato esponente della sinistra –
anche Francesco Rutelli, anche Angela Finocchiaro
– che non abbia intimato a Pera di
non cedere mai più alla tentazione di simili
citazioni: Falcone è nostro e ce lo gestiamo
noi.
Povero Falcone. Il suo ricordo va bene,
ma guai a dire che era un convinto sostenitore,
per esempio, della separazione delle
carriere: da un lato il procuratore che indaga,
dall’altro lato il giudice che deve stabilire
se sei colpevole o innocente. Le commemorazioni
vanno ancora meglio, ma guai a
sottolineare che per Falcone non bastava
l’accusa di un malvissuto per gettare in galera
un uomo politico. Ricordate Giuseppe Pellegriti?
Quando Leoluca Orlando e il suo
coordinamento antimafia davano la caccia a
Salvo Lima, lui – il sedicente pentito – accusò
il plenipotenziario andreottiano in Sicilia
di avere ordinato l’omicidio di Piersanti Mattarella,
allora presidente della Regione. Ma
Falcone accertò che dietro le “clamorose rivelazioni”
c’era solo una bugia, e incriminò
il pentito per calunnia. Orlando non gliela
perdonò e continuò a offenderlo, a provocarlo.
“Tu nascondi le prove nei cassetti, tirale
fuori”, gli urlava. Ma Falcone era fatto come
era fatto. Credeva che non poteva esserci
condanna senza prove. E sosteneva pure che
la scorciatoia della giustizia sostanziale
avrebbe gettato sulla magistratura un discredito
tale da indebolire l’intero fronte
della lotta alla mafia.
Più che un’analisi, una profezia. Dopo la
sua morte e l’immediato insediamento, a Palermo,
di Gian Carlo Caselli – siamo nel 1993
-- si è puntualmente aperta la stagione dei
processi politici: prima Giulio Andreotti, poi
Francesco Musotto, poi Corrado Carnevale e,
via via, fino a Calogero Mannino e Marcello
Dell’Utri. Tutti andati a male, tutti – o quasi
– finiti in fumo. Perché erano processi privi
delle prove necessarie, perché non c’erano
riscontri credibili alle dichiarazioni dei pentiti.
Caselli e i suoi procuratori – come temeva
Falcone – avevano decimato una classe
politica; ma alla lunga avevano anche assestato
un colpo mica da ridere alla cosiddetta
credibilità della magistratura. “Hanno distrutto
ciò che noi avevamo costruito in tanti
anni”, ammette Giuseppe Di Lello, deputato
europeo di Rifondazione comunista, che negli
anni Ottanta, fu giudice istruttore, con
Falcone, del primo maxi processo a Cosa nostra.
Marcello Pera ha messo il dito nella
stessa ferita: la politicizzazione. E la magistratura
politicizzata (che oggi, tra l’altro,
sciopera contro governo e parlamento) gli ha
sparato addosso.
Gli ha sparato addosso anche l’Ulivo. Il cui
leader, Romano Prodi, si trovava pure lui, domenica,
a Palermo per commemorare – da sinistra
– il giudice assassinato. Solo che, accanto
a Prodi, c’era Leoluca Orlando: quello
delle “prove nascoste nei cassetti”, quello
degli insulti. E se ne stavano tutti lì, insieme,
dentro l’aula bunker dell’Ucciardone, a lacrimare,
a declamare poesie, a scattare le foto
ricordo, a battere le manine e a gridare: viva
Falcone. Evviva, evviva.

ni.jo
25-05-2004, 14:34
C'è un minimo di ragione, nel senso che notoriamente gli venne lasciato solo e gli venne preferito un altro a capo dell'antimafia, ma da che pulpito però... comodo nascondere l'attacco alla magistratura geneticamente inferiore in toto dalla parte politica che annovera Dell'Utri tra le fila e i candidati recentemente pizzicati...:muro:

cos'è questo silenzio, jumpermax?

jumpermax
25-05-2004, 14:46
Originariamente inviato da ni.jo
C'è un minimo di ragione, nel senso che notoriamente gli venne lasciato solo e gli venne preferito un altro a capo dell'antimafia, ma da che pulpito però... comodo nascondere l'attacco alla magistratura geneticamente inferiore in toto dalla parte politica che annovera Dell'Utri tra le fila e i candidati recentemente pizzicati...:muro:

cos'è questo silenzio, jumpermax?
Dell'Utri non è che la naturale prosecuzione del caso Andreotti... 10 anni fa affrontavo queste discussioni sul capo della cupola e oggi mi tocca farle su Dell'Utri... a dimostrazione che la politica per certuni si fa a colpi di pentiti e di processi costruiti su teoremi. Quando avrete distrutto per bene quel briciolo di credibilità che resta alla magistratura con l'appoggio a scelte così sconsiderate non venite a lamentarvi....

ni.jo
25-05-2004, 14:55
Originariamente inviato da jumpermax
Dell'Utri non è che la naturale prosecuzione del caso Andreotti... 10 anni fa affrontavo queste discussioni sul capo della cupola e oggi mi tocca farle su Dell'Utri... a dimostrazione che la politica per certuni si fa a colpi di pentiti e di processi costruiti su teoremi. Quando avrete distrutto per bene quel briciolo di credibilità che resta alla magistratura con l'appoggio a scelte così sconsiderate non venite a lamentarvi....
Imho Dell'Utri c'è dentro fino al collo, da tempo, così come l'ammazza sentenze...
Andreotti è stato scagionato, ha affontato il processo e si può dire ORA innocente nonostante da decenni si dicesse delle sue collusioni: qualcun altro no, evita, sgabula, giracchia, legifera a suo favore.
Comunque non mi hai risposto al topic, per nulla provocatorio: silenzio, perchè?

jumpermax
25-05-2004, 15:05
Originariamente inviato da ni.jo
Imho Dell'Utri c'è dentro fino al collo, da tempo, così come l'ammazza sentenze...
Andreotti è stato scagionato, ha affontato il processo e si può dire ORA innocente nonostante da decenni si dicesse delle sue collusioni: qualcun altro no, evita, sgabula, giracchia, legifera a suo favore.
Comunque non mi hai risposto al topic, per nulla provocatorio: silenzio, perchè?
Io credo che semplicemente perchè la mafia non ha nulla da temere dalla magistratura attuale, gli esponenti scomodi li ha fatti fuori, gli altri sono troppo presi a cercare il terzo livello... e intanto sedicenti pentiti si ingrassano a nostre spese continuando gli affari che facevano prima... ma cosa importa no? Bisogna buttare giù dell'Utri, come all'ora bisognava buttare giù Andreotti. E per favore non diciamo cavolate, Andreotti è stato CANCELLATO dalla vita politica italiana per un DECENNIO da parte di un gruppo di magistrati di orientamento politico opposto al suo. Il giochino può funzionare una volta, sputtandando in modo irrecuperabile le istituzioni, ma non dura a lungo...

ni.jo
25-05-2004, 15:11
Originariamente inviato da jumpermax
Io credo che semplicemente perchè la mafia non ha nulla da temere dalla magistratura attuale, gli esponenti scomodi li ha fatti fuori, gli altri sono troppo presi a cercare il terzo livello... e intanto sedicenti pentiti si ingrassano a nostre spese continuando gli affari che facevano prima... ma cosa importa no? Bisogna buttare giù dell'Utri, come all'ora bisognava buttare giù Andreotti. E per favore non diciamo cavolate, Andreotti è stato CANCELLATO dalla vita politica italiana per un DECENNIO da parte di un gruppo di magistrati di orientamento politico opposto al suo. Il giochino può funzionare una volta, sputtandando in modo irrecuperabile le istituzioni, ma non dura a lungo...

è una teoria del complotto megagalattica, su cui tra l'altro si basa tutta la politica del governo: il 90% della magistratura impegnata contro berlusconi, entrato in politica per difendersi.
se la scrivi ti accorgi di quanto sia estrema e falsa.
se fossi un estremista potrei risponderti senza remore che chi vince al sud è perchè è appoggiato dalla mafia, come lo era la dc prima che in quei posti senza gli agganci non si vince...allora ci sono o no delle sfumature o vediamo in bianco e nero?

jumpermax
25-05-2004, 15:17
Originariamente inviato da ni.jo
è una teoria del complotto megagalattica, su cui tra l'altro si basa tutta la politica del governo: il 90% della magistratura impegnata contro berlusconi, entrato in politica per difendersi.
se la scrivi ti accorgi di quanto sia estrema e falsa.
se fossi un estremista potrei risponderti senza remore che chi vince al sud è perchè è appoggiato dalla mafia, come lo era la dc prima che in quei posti senza gli agganci non si vince...allora ci sono o no delle sfumature o vediamo in bianco e nero?
Vorrei vedere cosa dicessi tu se Prodi venisse accusato di associazione mafiosa da un gruppo di magistrati vicini a forza italia, e tolto dalle scene politiche per un decennio. Per vedere poi che era tutto un castello di carte.... non c'è bisogno del 90% della magistratura, ne bastano una 30ina..

ni.jo
25-05-2004, 15:22
Originariamente inviato da jumpermax
Vorrei vedere cosa dicessi tu se Prodi venisse accusato di associazione mafiosa da un gruppo di magistrati vicini a forza italia, e tolto dalle scene politiche per un decennio. Per vedere poi che era tutto un castello di carte.... non c'è bisogno del 90% della magistratura, ne bastano una 30ina..
veramente un bel tentativo è stato fatto e il risultato è che se anche fosse stato colpevole delle tangenti telecom (possibile) adesso sembrerebbe comunque davvero un complotto.
Il 90% è la percentuale di scioperanti contro "la riduzione dell'autonomia e indipendenza dell'ordine giudiziario e del magistrato nel concreto esercizio della funzione." contro cui si scaglia l'articolo.

Chromo
25-05-2004, 19:59
Hanno perduto. :(
E anche perchè *qualcuno* dice che dobbiamo imparare a convivere con la mafia.. :muro:

Blue Spirit
26-05-2004, 09:00
Originariamente inviato da Chromo
Hanno perduto. :(
E anche perchè *qualcuno* dice che dobbiamo imparare a convivere con la mafia.. :muro:

Appunto. Questo basta e avanza, purtroppo.

SaMu
26-05-2004, 10:35
Originariamente inviato da ni.jo
Andreotti è stato scagionato, ha affontato il processo e si può dire ORA innocente nonostante da decenni si dicesse delle sue collusioni: qualcun altro no, evita, sgabula, giracchia, legifera a suo favore.

Andreotti si è sempre potuto dire innocente, finchè una sentenza non lo avesse condannato.. e non ora, dopo che una sentenza di assoluzione ha confermato la sua innocenza.. queste sono le basi del diritto.

La speranza era chiara.. che Andreotti morisse di vecchiaia prima che arrivasse l'assoluzione.. interrompendo il processo, e lasciando pendente l'infamia su un uomo di stato e su 50 anni di storia e politica italiana.

Il principale responsabile delle infamanti accuse contro Andreotti siede in parlamento come capogruppo di un partito, che si dichiara portatore della memoria di uomini di Diritto come Falcone.. ma tra il diritto di Falcone, e l'infamia di Violante, c'è un abisso.. lo stesso abisso che le sentenze di assoluzione hanno tracciato tra Andreotti e le accuse che gli erano rivolte.

freddy30
26-05-2004, 10:40
Originariamente inviato da SaMu
Andreotti si è sempre potuto dire innocente, finchè una sentenza non lo avesse condannato.. e non ora, dopo che una sentenza di assoluzione ha confermato la sua innocenza.. queste sono le basi del diritto.

La speranza era chiara.. che Andreotti morisse di vecchiaia prima che arrivasse l'assoluzione.. interrompendo il processo, e lasciando pendente l'infamia su un uomo di stato e su 50 anni di storia e politica italiana.

Il principale responsabile delle infamanti accuse contro Andreotti siede in parlamento come capogruppo di un partito, che si dichiara portatore della memoria di uomini di Diritto come Falcone.. ma tra il diritto di Falcone, e l'infamia di Violante, c'è un abisso.. lo stesso abisso che le sentenze di assoluzione hanno tracciato tra Andreotti e le accuse che gli erano rivolte.


Violante un'altra persona che stimo tantissimo
:Puke:

parax
26-05-2004, 10:59
Originariamente inviato da ni.jo
a parte questo, come considerate l'attuale "silenzio" dopo la guerra del mafia allo stato, le bombe, le stragi d magistrati?

Se intendi il silenzio della mafia, IMHO i nuovi boss hanno scelto la strada del silenzio, la strada che gli ha permesso di andare avanti indisturbati per anni, appoggiati dal potere locale, e proprio così piano piano si stanno riavvicinando agli stessi politici di un tempo, non dimentichiamo che il grosso dell'attività mafiosa ancor prima del pizzo e della droga sono proprio gli appalti pubblici che con l'outsourcing che tanto va di moda hanno trovato la nuova gallina dalle uova d'oro, sfido qualunque imprenditore medio del nord a mettere il naso oltre Cosenza.


Ma poi di cosa ci preoccupiamio, "La mafia non esiste, è un invenzione dei comunisti."
cardinal Ruffini
cardinale di Palermo dal 1946 al 1967 :rolleyes:

Phoenix68
26-05-2004, 16:49
Originariamente inviato da parax
Se intendi il silenzio della mafia, IMHO i nuovi boss hanno scelto la strada del silenzio, la strada che gli ha permesso di andare avanti indisturbati per anni

Se permetti ti quoto,:cool: ,vorrei anche ricordare che parecchi mafiosi della sacra corona ,negli interrogatori, hanno sempre detto che il metodo migliore per evitare di avere la polizia addosso era evitare di far emergere microcriminalità,che avrebbe portato ad un aumento dei controlli.
Per la serie meno se ne parla meglio è

ni.jo
26-05-2004, 17:00
Originariamente inviato da SaMu
Andreotti si è sempre potuto dire innocente, finchè una sentenza non lo avesse condannato.. e non ora, dopo che una sentenza di assoluzione ha confermato la sua innocenza.. queste sono le basi del diritto.
Eh?
Andreotti ha subito per decenni attacchi di ogni tipo, dai giornali, dalle vignette di Forattini con la testa della sicilia a coccodrillo e la gobba di Anderotti, dalle chiacchiere continue e trasversali ecc..quasi tutti pensavano che fosse il capo della cupola, c'erano sospetti illazioni, indizi, pentiti, provicchie...
Adesso che è stato giudicato innocente è ufficialmente innocente: l'ingiustizia non è l'accusa ma che ci siano voluti 10 anni per stabilirlo.
Originariamente inviato da SaMu
La speranza era chiara.. che Andreotti morisse di vecchiaia prima che arrivasse l'assoluzione.. interrompendo il processo, e lasciando pendente l'infamia su un uomo di stato e su 50 anni di storia e politica italiana.
lui disse anche che era un complotto degli usa per eliminarlo dalla vita politica, pensa un pò... :eek:
Era sospettato di mafia e c'erano evidentemente degli elementi tali da giustificare addirittura una condanna: se non c'erano affatto trovo giusto che ci siano degli ispettori che accertato lo sbaglio puniscano il giudice.
Originariamente inviato da SaMu
Il principale responsabile delle infamanti accuse contro Andreotti siede in parlamento come capogruppo di un partito, che si dichiara portatore della memoria di uomini di Diritto come Falcone.. ma tra il diritto di Falcone, e l'infamia di Violante, c'è un abisso.. lo stesso abisso che le sentenze di assoluzione hanno tracciato tra Andreotti e le accuse che gli erano rivolte.

:boh: Per violante simpatia zero.

parax
27-05-2004, 09:45
Per chiudere vorrei dire che la mafia senza appoggio politico non esisterebbe nemmeno, sarebbero solo 4 delinquenti allo sbaraglio + o - organizzati, è solo grazie alla politica che la mafia è diventata quello che è.

SaMu
27-05-2004, 19:35
Originariamente inviato da ni.jo
Eh?
Andreotti ha subito per decenni attacchi di ogni tipo, dai giornali, dalle vignette di Forattini con la testa della sicilia a coccodrillo e la gobba di Anderotti, dalle chiacchiere continue e trasversali ecc..quasi tutti pensavano che fosse il capo della cupola, c'erano sospetti illazioni, indizi, pentiti, provicchie...
Adesso che è stato giudicato innocente è ufficialmente innocente: l'ingiustizia non è l'accusa ma che ci siano voluti 10 anni per stabilirlo.

Non esistono sentenze di innocenza.. l'innocenza, è un fatto finchè una sentenza prova la colpevolezza.. queste sono le basi del diritto, neanche il più ardito forcaiolo credo metta in dubbio almeno questo.

L'ingiustizia, è quando accuse ed illazioni sono considerate sentenze di colpevolezza passate in giudicato.. è così che spesso vengono considerate? Certo che è così.. proprio per questo non bisogna mai stancarsi di dire che è sbagliato, che è una degenerazione.

SaMu
27-05-2004, 20:04
giovedì 27 maggio 2004
Em.ma

Per Falcone un mafioso è mafioso sempre

Martedì a tarda sera, Canale 5 ha trasmesso un filmato dedicato a Giovanni Falcone, curato e animato da un bravissimo Claudio Martelli. Il quale ci ha restituito, senza retorica e falsi piagnistei, un Falcone magistrato che fa sino in fondo il suo dovere, con competenza, coraggio e grande senso dello Stato. Un uomo che ama la vita. Martelli ci ha anche mostrato verità scomode per chi oggi parla in nome di “Giovanni” e ieri tentava di sfregiarlo con calunnie infamanti: le scene in cui appaiono Leoluca Orlando e l'avvocato Alfredo Galasso sono istruttive. C'è un vuoto nel bel lavoro di Martelli, il quale ci fa vedere anche cosa rappresentò la cattura di Brusca: l'uomo che premette il pulsante omicida. Oggi questo Brusca è libero, di fatto non ha mai patito il carcere vero: è un pentito eccellente. Falcone diceva che i pentiti sono utili allo Stato. Vero. Ma diceva anche che «un mafioso non cessa mai di essere tale». E, a mio avviso, non cessa di esserlo anche se “collabora”. Uno sconto di pena, quindi, va bene. Ma un mafioso che ha sciolto nell'acido un bambino e ha premuto quel bottone può cavarsela con niente? O in questa operazione ha vinto ancora una “raffinata” e brutale mafiosità?

ni.jo
27-05-2004, 21:14
Originariamente inviato da SaMu
Non esistono sentenze di innocenza.. l'innocenza, è un fatto finchè una sentenza prova la colpevolezza.. queste sono le basi del diritto, neanche il più ardito forcaiolo credo metta in dubbio almeno questo.

L'ingiustizia, è quando accuse ed illazioni sono considerate sentenze di colpevolezza passate in giudicato.. è così che spesso vengono considerate? Certo che è così.. proprio per questo non bisogna mai stancarsi di dire che è sbagliato, che è una degenerazione.
Non capisco e mi sento un pò cretino, pensavo che una volta passata in giudicato un assoluzione significasse che sei innocente.
:confused:
e le illazioni c'erano e non erano poche: andreotti eraconsideratro il capo mafia, ora nessuno può dire che lo sia, neanche forattini con le sue vignette (forse).

ni.jo
27-05-2004, 21:15
Originariamente inviato da SaMu
giovedì 27 maggio 2004
Em.ma

Per Falcone un mafioso è mafioso sempre

Martedì a tarda sera, Canale 5 ha trasmesso un filmato dedicato a Giovanni Falcone, curato e animato da un bravissimo Claudio Martelli. Il quale ci ha restituito, senza retorica e falsi piagnistei, un Falcone magistrato che fa sino in fondo il suo dovere, con competenza, coraggio e grande senso dello Stato. Un uomo che ama la vita. Martelli ci ha anche mostrato verità scomode per chi oggi parla in nome di “Giovanni” e ieri tentava di sfregiarlo con calunnie infamanti: le scene in cui appaiono Leoluca Orlando e l'avvocato Alfredo Galasso sono istruttive. C'è un vuoto nel bel lavoro di Martelli, il quale ci fa vedere anche cosa rappresentò la cattura di Brusca: l'uomo che premette il pulsante omicida. Oggi questo Brusca è libero, di fatto non ha mai patito il carcere vero: è un pentito eccellente. Falcone diceva che i pentiti sono utili allo Stato. Vero. Ma diceva anche che «un mafioso non cessa mai di essere tale». E, a mio avviso, non cessa di esserlo anche se “collabora”. Uno sconto di pena, quindi, va bene. Ma un mafioso che ha sciolto nell'acido un bambino e ha premuto quel bottone può cavarsela con niente? O in questa operazione ha vinto ancora una “raffinata” e brutale mafiosità?
si, un bel contributo.
ti piace il riformista?

Korn
27-05-2004, 21:20
Originariamente inviato da SaMu
giovedì 27 maggio 2004
Em.ma
O in questa operazione ha vinto ancora una “raffinata” e brutale mafiosità? chiedilo a cuffaro o direttamente a ilvio

fdA40-99
27-05-2004, 21:24
Io sono venuto questa sera soprattutto per ascoltare. Purtroppo ragioni di lavoro mi hanno costretto ad arrivare in ritardo e forse mi costringeranno ad allontanarmi prima che questa riunione finisca. Sono venuto soprattutto per ascoltare perché ritengo che mai come in questo momento sia necessario che io ricordi a me stesso e ricordi a voi che sono un magistrato. E poiché sono un magistrato devo essere anche cosciente che il mio primo dovere non è quello di utilizzare le mie opinioni e le mie conoscenze partecipando a convegni e dibattiti ma quello di utilizzare le mie opinioni e le mie conoscenze nel mio lavoro.
In questo momento inoltre, oltre che magistrato, io sono testimone. Sono testimone perché, avendo vissuto a lungo la mia esperienza di lavoro accanto a Giovanni Falcone, avendo raccolto, non voglio dire più di ogni altro, perché non voglio imbarcarmi in questa gara che purtroppo vedo fare in questi giorni per ristabilire chi era più amico di Giovanni Falcone, ma avendo raccolto comunque più o meno di altri, come amico di Giovanni Falcone, tante sue confidenze, prima di parlare in pubblico anche delle opinioni, anche delle convinzioni che io mi sono fatte raccogliendo tali confidenze, questi elementi che io porto dentro di me, debbo per prima cosa assemblarli e riferirli all'autorità giudiziaria, che è l'unica in grado di valutare quanto queste cose che io so possono essere utili alla ricostruzione dell'evento che ha posto fine alla vita di Giovanni Falcone, e che soprattutto, nell'immediatezza di questa tragedia, ha fatto pensare a me, e non soltanto a me, che era finita una parte della mia e della nostra vita.
Quindi io questa sera debbo astenermi rigidamente - e mi dispiace, se deluderò qualcuno di voi - dal riferire circostanze che probabilmente molti di voi si aspettano che io riferisca, a cominciare da quelle che in questi giorni sono arrivate sui giornali e che riguardano i cosiddetti diari di Giovanni Falcone.
Per prima cosa ne parlerò all'autorità giudiziaria, poi - se è il caso - ne parlerò in pubblico. Posso dire soltanto, e qui mi fermo affrontando l'argomento, e per evitare che si possano anche su questo punto innestare speculazioni fuorvianti, che questi appunti che sono stati pubblicati dalla stampa, sul "Sole 24 Ore" dalla giornalista - in questo momento non mi ricordo come si chiama... - Milella, li avevo letti in vita di Giovanni Falcone. Sono proprio appunti di Giovanni Falcone, perché non vorrei che su questo un giorno potessero essere avanzati dei dubbi.
Ho letto giorni fa, ho ascoltato alla televisione - in questo momento i miei ricordi non sono precisi - un'affermazione di Antonino Caponnetto secondo cui Giovanni Falcone cominciò a morire nel gennaio del 1988. Io condivido questa affermazione di Caponnetto. Con questo non intendo dire che so il perché dell'evento criminoso avvenuto a fine maggio, per quanto io possa sapere qualche elemento che possa aiutare a ricostruirlo, e come ho detto ne riferirò all'autorità giudiziaria; non voglio dire che cominciò a morire nel gennaio del 1988 e che questo, questa strage del 1992, sia il naturale epilogo di questo processo di morte.
Però quello che ha detto Antonino Caponnetto è vero, perché oggi che tutti ci rendiamo conto di quale è stata la statura di quest'uomo, ripercorrendo queste vicende della sua vita professionale, ci accorgiamo come in effetti il paese, lo Stato, la magistratura che forse ha più colpe di ogni altro, cominciò proprio a farlo morire il 1° gennaio del 1988, se non forse l'anno prima, in quella data che ha or ora ricordato Leoluca Orlando: cioè quell'articolo di Leonardo Sciascia sul "Corriere della Sera" che bollava me come un professionista dell'antimafia, l'amico Orlando come professionista della politica, dell'antimafia nella politica. Ma nel gennaio del 1988, quando Falcone, solo per continuare il suo lavoro, il Consiglio superiore della magistratura con motivazioni risibili gli preferì il consigliere Antonino Meli. C'eravamo tutti resi conto che c'era questo pericolo e a lungo sperammo che Antonino Caponnetto potesse restare ancora a passare gli ultimi due anni della sua vita professionale a Palermo. Ma quest'uomo, Caponnetto, il quale rischiava, perché anziano, perché conduceva una vita sicuramente non sopportabile da nessuno già da anni, il quale rischiava di morire a Palermo, temevamo che non avrebbe superato lo stress fisico cui da anni si sottoponeva. E a un certo punto fummo noi stessi, Falcone in testa, pure estremamente convinti del pericolo che si correva così convincendolo, lo convincemmo riottoso, molto riottoso, ad allontanarsi da Palermo. Si aprì la corsa alla successione all'ufficio istruzione al tribunale di Palermo. Falcone concorse, qualche Giuda si impegnò subito a prenderlo in giro, e il giorno del mio compleanno il Consiglio superiore della magistratura ci fece questo regalo: preferì Antonino Meli.
Giovanni Falcone, dimostrando l'altissimo senso delle istituzioni che egli aveva e la sua volontà di continuare comunque a fare il lavoro che aveva inventato e nel quale ci aveva tutti trascinato, cominciò a lavorare con Antonino Meli nella convinzione che, nonostante lo schiaffo datogli dal Consiglio superiore della magistratura, egli avrebbe potuto continuare il suo lavoro. E continuò a crederlo nonostante io, che ormai mi trovavo in un osservatorio abbastanza privilegiato, perché ero stato trasferito a Marsala e quindi guardavo abbastanza dall'esterno questa situazione, mi fossi reso conto subito che nel volgere di pochi mesi Giovanni Falcone sarebbe stato distrutto. E ciò che più mi addolorava era il fatto che Giovanni Falcone sarebbe allora morto professionalmente nel silenzio e senza che nessuno se ne accorgesse.
Questa fu la ragione per cui io, nel corso della presentazione del libro La mafia d'Agrigento, denunciai quello che stava accadendo a Palermo con un intervento che venne subito commentato da Leoluca Orlando, allora presente, dicendo che quella sera l'aria ci stava pesando addosso per quello che era stato detto. Leoluca Orlando ha ricordato cosa avvenne subito dopo: per aver denunciato questa verità io rischiai conseguenze professionali gravissime, ma quel che è peggio il Consiglio superiore immediatamente scoprì quale era il suo vero obiettivo: proprio approfittando del problema che io avevo sollevato, doveva essere eliminato al più presto Giovanni Falcone. E forse questo io lo avevo pure messo nel conto perché ero convinto che lo avrebbero eliminato comunque; almeno, dissi, se deve essere eliminato, l'opinione pubblica lo deve sapere, lo deve conoscere, il pool antimafia deve morire davanti a tutti, non deve morire in silenzio.
L'opinione pubblica fece il miracolo, perché ricordo quella caldissima estate dell'agosto 1988, l'opinione pubblica si mobilitò e costrinse il Consiglio superiore della magistratura a rimangiarsi in parte la sua precedente decisione dei primi di agosto, tant'è che il 15 settembre, se pur zoppicante, il pool antimafia fu rimesso in piedi. La protervia del consigliere istruttore, l'intervento nefasto della Cassazione cominciato allora e continuato fino a ieri (perché, nonostante quello che è successo in Sicilia, la Corte di cassazione continua sostanzialmente ad affermare che la mafia non esiste) continuarono a fare morire Giovanni Falcone. E Giovanni Falcone, uomo che sentì sempre di essere uomo delle istituzioni, con un profondissimo senso dello Stato, nonostante questo, continuò incessantemente a lavorare. Approdò alla procura della Repubblica di Palermo dove, a un certo punto ritenne, e le motivazioni le riservo a quella parte di espressione delle mie convinzioni che deve in questo momento essere indirizzata verso altri ascoltatori, ritenne a un certo momento di non poter più continuare ad operare al meglio.
Giovanni Falcone è andato al ministero di Grazia e Giustizia, e questo lo posso dire sì prima di essere ascoltato dal giudice, non perché aspirasse a trovarsi a Roma in un posto privilegiato, non perché si era innamorato dei socialisti, non perché si era innamorato di Claudio Martelli, ma perché a un certo punto della sua vita ritenne, da uomo delle istituzioni, di poter continuare a svolgere a Roma un ruolo importante e nelle sue convinzioni decisivo, con riferimento alla lotta alla criminalità mafiosa. Dopo aver appreso dalla radio della sua nomina a Roma (in quei tempi ci vedevamo un po' più raramente perché io ero molto impegnato professionalmente a Marsala e venivo raramente a Palermo), una volta Giovanni Falcone alla presenza del collega Leonardo Guarnotta e di Ayala tirò fuori, non so come si chiama, l'ordinamento interno del ministero di Grazia e Giustizia, e scorrendo i singoli punti di non so quale articolo di questo ordinamento cominciò fin da allora, fin dal primo giorno, cominciò ad illustrare quel che lì egli poteva fare e che riteneva di poter fare per la lotta alla criminalità mafiosa.
Certo anch'io talvolta ho assistito con un certo disagio a quella che è la vita, o alcune manifestazioni della vita e dell'attività di un magistrato improvvisamente sbalzato in una struttura gerarchica diversa da quelle che sono le strutture, anch'esse gerarchiche ma in altro senso, previste dall'ordinamento giudiziario. Si trattava di un lavoro nuovo, di una situazione nuova, di vicinanze nuove, ma Giovanni Falcone è andato lì solo per questo. Con la mente a Palermo, perché sin dal primo momento mi illustrò quello che riteneva di poter e di voler fare lui per Palermo. E in fin dei conti, se vogliamo fare un bilancio di questa sua permanenza al ministero di Grazia e Giustizia, il bilancio anche se contestato, anche se criticato, è un bilancio che riguarda soprattutto la creazione di strutture che, a torto o a ragione, lui pensava che potessero funzionare specialmente con riferimento alla lotta alla criminalità organizzata e al lavoro che aveva fatto a Palermo.
Cercò di ricreare in campo nazionale e con leggi dello Stato quelle esperienze del pool antimafia che erano nate artigianalmente senza che la legge le prevedesse e senza che la legge, anche nei momenti di maggiore successo, le sostenesse. Questo, a torto o a ragione, ma comunque sicuramente nei suoi intenti, era la superprocura, sulla quale anch'io ho espresso nell'immediatezza delle perplessità, firmando la lettera sostanzialmente critica sulla superprocura predisposta dal collega Marcello Maddalena, ma mai neanche un istante ho dubitato che questo strumento sulla cui creazione Giovanni Falcone aveva lavorato servisse nei suoi intenti, nelle sue idee, a torto o a ragione, per ritornare, soprattutto, per consentirgli di ritornare a fare il magistrato, come egli voleva. Il suo intento era questo e l'organizzazione mafiosa - non voglio esprimere opinioni circa il fatto se si è trattato di mafia e soltanto di mafia, ma di mafia si è trattato comunque - e l'organizzazione mafiosa, quando ha preparato ed attuato l'attentato del 23 maggio, l'ha preparato ed attuato proprio nel momento in cui, a mio parere, si erano concretizzate tutte le condizioni perché Giovanni Falcone, nonostante la violenta opposizione di buona parte del Consiglio superiore della magistratura, era ormai a un passo, secondo le notizie che io conoscevo, che gli avevo comunicato e che egli sapeva e che ritengo fossero conosciute anche al di fuori del Consiglio, al di fuori del Palazzo, dico, era ormai a un passo dal diventare il direttore nazionale antimafia.
Ecco perché, forse, ripensandoci, quando Caponnetto dice cominciò a morire nel gennaio del 1988 aveva proprio ragione anche con riferimento all'esito di questa lotta che egli fece soprattutto per potere continuare a lavorare. Poi possono essere avanzate tutte le critiche, se avanzate in buona fede e se avanzate riconoscendo questo intento di Giovanni Falcone, si può anche dire che si prestò alla creazione di uno strumento che poteva mettere in pericolo l'indipendenza della magistratura, si può anche dire che per creare questo strumento egli si avvicinò troppo al potere politico, ma quello che non si può contestare è che Giovanni Falcone in questa sua breve, brevissima esperienza ministeriale lavorò soprattutto per potere al più presto tornare a fare il magistrato. Ed è questo che gli è stato impedito, perché è questo che faceva paura.

ni.jo
27-05-2004, 22:20
in qualcosa che ho letto da poco c'era un ossevazione: visse anche lui in carcere, se lo portava dietro quando si spostava, lavorava all'asinara, conviveva con la morte...avevano già provato a farlo saltare in aria...eppure lavorava per uno stato che nonostante (sopratttutto, altro che nonostante) fosse evidente che era nella strada giusta gli remava contro, con quella parte del csm che gli remava contro, contro giornali, la Cassazione...non riesco neanche a immagginarlo un Uomo così.

nijologout

fdA40-99
27-05-2004, 22:40
"Avere fiducia nelle istituzioni è [...] è un alibi il dire che le istituzioni non ci sono, vanno fatte funzionare".
G. Falcone

Giovanni Falcone mi ha sempre ricordato Pier Paolo Pasolini quando rimaneva davanti alla sua macchina da scrivere. E vi rimaneva sempre...

SaMu
28-05-2004, 01:22
Originariamente inviato da ni.jo
Non capisco e mi sento un pò cretino, pensavo che una volta passata in giudicato un assoluzione significasse che sei innocente.
:confused:

Non serve una sentenza, a dire che uno è innocente.. una sentenza può dire solo che uno è colpevole.

Se pensiamo che le accuse siano un mezzo anticipo di condanna, o peggio ancora che bastino le illazioni a portarsi via una quota di innocenza.. allora è il caso che lasciamo perdere il diritto.

jumpermax
28-05-2004, 01:49
Originariamente inviato da SaMu
Non serve una sentenza, a dire che uno è innocente.. una sentenza può dire solo che uno è colpevole.

Se pensiamo che le accuse siano un mezzo anticipo di condanna, o peggio ancora che bastino le illazioni a portarsi via una quota di innocenza.. allora è il caso che lasciamo perdere il diritto.
nell'Italia che si pasce a suon di Cesare Beccaria? Nella culla del diritto?
Una cosa del genere certo non può accadere... ;)

Bet
28-05-2004, 08:52
Originariamente inviato da SaMu
Andreotti si è sempre potuto dire innocente, finchè una sentenza non lo avesse condannato.. e non ora, dopo che una sentenza di assoluzione ha confermato la sua innocenza.. queste sono le basi del diritto.

La speranza era chiara.. che Andreotti morisse di vecchiaia prima che arrivasse l'assoluzione.. interrompendo il processo, e lasciando pendente l'infamia su un uomo di stato e su 50 anni di storia e politica italiana.

Il principale responsabile delle infamanti accuse contro Andreotti siede in parlamento come capogruppo di un partito, che si dichiara portatore della memoria di uomini di Diritto come Falcone.. ma tra il diritto di Falcone, e l'infamia di Violante, c'è un abisso.. lo stesso abisso che le sentenze di assoluzione hanno tracciato tra Andreotti e le accuse che gli erano rivolte.

;)

ni.jo
28-05-2004, 12:47
Originariamente inviato da SaMu
Non serve una sentenza, a dire che uno è innocente.. una sentenza può dire solo che uno è colpevole.

Se pensiamo che le accuse siano un mezzo anticipo di condanna, o peggio ancora che bastino le illazioni a portarsi via una quota di innocenza.. allora è il caso che lasciamo perdere il diritto.

hai ragione ma in realtà in Italia non è così: Andreotti per la sua importanza, per alcune vicende, per conoscenza come i cugini Salvo, come esponente della Dc in Sicilia per alcune leggi come quella per assegnare l'appalto delle esattorie, per altri mille motivi (tra cui non escludo la volontà politica di farlo fuori politicamente, vista la ridicolaggine della storia del bacio...) si è trovato in mezzo a questa storia come accusato: le ingiustizie sono tante, la prima banalissima che i processi si dovrebbero fare solo in tribunale e non nelle piazze e nei giornali o nelle sedi dei partiti (parlo sia di accusa che di difesa), la seconda che ci voliano dieci anni per arrivare alla conclusione, la terza è che ci debbano essere per forza complotti ovunque, la quarta che dopo dieci anni ci siano ancora comunque dubbi, e la quinta che uno, vista la situazione dell'infiltrazione mafiosa in istituzioni, politica e magistratura non possa nemmeno tenerseli, i dubbi.

Bet
28-05-2004, 12:49
Originariamente inviato da ni.jo
..., la seconda che ci voliano dieci anni ...


:asd:

ni.jo
28-05-2004, 12:56
Originariamente inviato da Bet
:asd:

azz i tasti...si incastrano...soprattutto quando il pensiero supera la velocità di battuta. :fagiano:

Bet
28-05-2004, 12:58
Originariamente inviato da ni.jo
azz i tasti...si incastrano...soprattutto quando il pensiero supera la velocità di battuta. :fagiano:

sarà quasi il caso che pulisci la tastiera da quelle briciole di muffin ammuffito ormai da mesi :rolleyes:

:D

ni.jo
28-05-2004, 13:01
Originariamente inviato da Bet
sarà quasi il caso che pulisci la tastiera da quelle briciole di muffin ammuffito ormai da mesi :rolleyes:

:D

:nono: il muffin non ammuffisce...e neanche Andreotti, per tornare al discorso...:asd:

SaMu
28-05-2004, 13:21
Originariamente inviato da jumpermax
nell'Italia che si pasce a suon di Cesare Beccaria? Nella culla del diritto?
Una cosa del genere certo non può accadere... ;)

Proprio perchè accade, è necessario ribadire ogni volta come stanno le cose.. fino a che non basteranno le accuse e le illazioni, a condannare gli uomini..

ziobystek
28-05-2004, 13:26
Originariamente inviato da Blue Spirit
è morto invano


quoto...
considerato questo ed2k://|file|[DivX.-.ITA].Luttazzi,.Intervista.A.Travaglio.[15-03-01].-.Imperdibile.avi|258492764|A9FFFE4A2CD9D49CBC61267FA816A164|/

parax
28-05-2004, 13:47
Se la preoccupazione di motli non è la lotta alla Mafia, ma il processo ingiusto fatto ad andreotti e parare il culo ai nuovi politici conniventi con la mafia, è morto davvero invano. :rolleyes:

Andreucciolo
28-05-2004, 13:48
Originariamente inviato da SaMu
Andreotti si è sempre potuto dire innocente, finchè una sentenza non lo avesse condannato.. e non ora, dopo che una sentenza di assoluzione ha confermato la sua innocenza.. queste sono le basi del diritto.

La speranza era chiara.. che Andreotti morisse di vecchiaia prima che arrivasse l'assoluzione.. interrompendo il processo, e lasciando pendente l'infamia su un uomo di stato e su 50 anni di storia e politica italiana.

Il principale responsabile delle infamanti accuse contro Andreotti siede in parlamento come capogruppo di un partito, che si dichiara portatore della memoria di uomini di Diritto come Falcone.. ma tra il diritto di Falcone, e l'infamia di Violante, c'è un abisso.. lo stesso abisso che le sentenze di assoluzione hanno tracciato tra Andreotti e le accuse che gli erano rivolte.

Completamente d'accordo sul fatto che i tribunali stabiliscono la colpevolezza, e non l'innocenza che esiste sino a prova contraria.
Per il resto mi sembra un esempio di quei "teoremi" e "complotti" che giustamente vengono vengono tanto criticati. Per giudicare "l'infamia" pendente su Andreotti, bisognerebbe sapere cosa avessero in mano i giudici, cosa che io non sono in grado di fare e, immagino, possa fare solo chi abbia una conoscenza delle carte processuali. Del resto, uno degli esiti possibili di un processo è proprio l'assoluzione, se cosi' non fosse andrebbero processati solo coloro che vengono ritenuti sicuramente colpevoli, cosa che fa a pugni con il diritto oltre che con il buon senso; quello che voglio dire è che una giusta assoluzione, non implica necessariamente che non vi fossero elementi validi per istituire un processo, del resto è chiaro che i giudici sono lungi dall'essere infallibili.
A parte lo specifico caso Andreotti, direi che il sospetto che una parte della classe politica (almeno a livello locale) fosse in qualche modo connivente con la mafia, era un qualcosa di ampiamente trasversale, inoltre ricordo che la prima repubblica non è caduta per i sospetti di mafia, quindi non capisco chi o cosa avesse quelle "speranze" di cui parli.

ni.jo
28-05-2004, 13:49
Originariamente inviato da SaMu
Proprio perchè accade, è necessario ribadire ogni volta come stanno le cose.. fino a che non basteranno le accuse e le illazioni, a condannare gli uomini..

ma SaMu nel caso di Andreotti non è che Violante in persona si è svegliato la mattina con l'idea che era colluso con la mafia...e così come lo era lui sarebbe potuto essere chinque altro ma lui lo era perchè doveva essere fatto fuori politicamente: no, c'era il sospetto fondato che lo fosse perchè c'è una serie di fatti e coincidenze e testimonianze raccolte dal 1968 per lo meno che difficilmente puoi far rientrare lelle "illazioni"e che sono state portate al processo, comprese delle foto con i Salvo che lui diceva di non conoscere, ad accoglierlo nel loro albergo, finita agli atti del processo, che poi sono state ritenute insufficenti per la condanna: Carlo Alberto Dalla Chiesa, prima che un commando armato gli spari giudicò gli andreottiani come la corrente politica più inquinata.
Al maxiprocesso l'avvocato di parte civile della famiglia Dalla Chiesa chiederà l'incriminazione per falsa testimonianza di Andreotti...che ha sempre incontrato persone che "allora non erano indagate" o "implicate in procedimenti" ma lo sono stati in un secondo momento: siccome in Sicilia non si sà chi e cosa ha che fare con la mafia (mezza imprenditoria, mezza politica, quella che conta, mezza magistratura, addirittura capi del Ros...:muro: ) se non c'è un processo non si deve avere nessun parere? Ma dai...allora viva l'omertà, sai che il tipo è del clan tal dei tali guai a dire quello che pensi, anche se vive a 100 passi da casa tua...e poi ti fanno fuori perchè rompi le palle...
C'erano tante cose da chiarire, ed è giusto che abbiano fatto un processo anche se mho non hanno chiarito quasi nulla:
comunque ecco la contrappozione tra le tesi di difesa e accusa, che a non sembrano così campate in aria...
(di ENRICO BELLAVIA, La repubblica )
ACCUSA: nel 1968 - subito dopo le elezioni politiche - Salvo Lima aderisce alla corrente di Andreotti, che grazie al nuovo contributo si trasforma da semplice corrente laziale (2 per cento circa degli aderenti al partito della Dc) in corrente di rilievo nazionale (10 per cento circa), determinante per gli equilibri interni della DC.
DIFESA: L'apporto di Lima non modifica il peso di Andreotti dentro al partito. Il prestigio e la sua forza elettorale preesistevano. L'autorevolezza di Andreotti non derivava dalla corrente, come sostiene la Procura, perché gli incarichi di governo sono settoriali, limitati e temporanei. Gli incarichi di governo hanno coperto 39 anni su 50.

ACCUSA: in quel periodo Salvo Lima, figlio dell'uomo d'onore Vincenzo Lima, è uno dei politici più fortemente appoggiati da Cosa Nostra (in particolare da Stefano Bontate), ed è legatissimo ai cugini Salvo, dei quali è il principale candidato.
DIFESA: né a carico di Lima, né a carico dei Salvo era stato adottato alcun provvedimento giudiziario, né si aveva contezza delle frequentazioni dei Salvo, che Andreotti non ha mai conosciuto. I Salvo, oltretutto, avevano simpatie politiche per i dorotei.

ACCUSA: nel 1976, dopo Lima, Andreotti accetta un accordo con Vito Ciancimino, legatissimo ai Corleonesi. Il patto viene stipulato a Palazzo Chigi, in un incontro cui partecipano Andreotti, Salvo Lima, Vito Ciancimino, Mario D'Acquisto, Giovanni Matta. Ciancimino viene anche finanziato dalla corrente andreottiana (tramite Gaetano Caltagirone) e a Palermo Lima gli paga le tessere. Questo accordo, in forme più o meno palesi, dura certamente fino al congresso regionale della Dc di Agrigento del 1983.
DIFESA: si tratta di normali accordi politici all'interno di un quadro politico locale. Nessuno dei protagonisti era coinvolto, allora, in vicende giudiziarie.

ACCUSA: i rapporti tra Andreotti e gli esponenti di Cosa Nostra dei quali Lima è già espressione si intensificano, e diventano diretti, nel periodo 1978-1979, quando si verificano delle situazioni gravemente critiche, che inducono Andreotti a servirsi di Cosa Nostra.
DIFESA: Andreotti non ha mai incontrato alcun esponente di Cosa nostra, né poteva farlo, dato che essendo sempre sotto scorta, i suoi spostamenti e i suoi contatti non potevano passare inosservati.

ACCUSA: la prima di tali situazioni è il sequestro Moro. In una prima fase della vicenda, per input di Salvo Lima e dei cugini Salvo, Bontate si attiva per favorire la liberazione di Moro, ed a tal fine incarica Buscetta di contattare le Br. Poi arriva il contrordine. Il motivo del contrordine si può individuare nel contenuto dei documenti scritti da Moro, documenti in cui Moro attacca pesantemente Andreotti con rivelazioni che in parte saranno rinvenute soltanto 12 anni dopo il sequestro (nel covo di via Montenevoso a Milano nell'ottobre 1990).
DIFESA: i giudizi di Moro sono di un uomo che sente la fine imminente, sotto la pressione dei carcerieri. Andreotti non poteva promuovere alcun genere di rapporti con Cosa nostra per intervenire sulle Brigate rosse. Il suo governo era per la linea della fermezza.

ACCUSA: nel periodo compreso tra il dicembre 1978 ed il gennaio 1979, il generale Dalla Chiesa cerca di acquisire informazioni nel circuito carcerario anche sugli scritti di Moro ed ha contatti con Pecorelli, il quale è pure interessato allo stesso argomento.
DIFESA: quei contatti rientravano nell'ambito delle competenze del generale. Il decreto con il quale Dalla Chiesa fu nominato a capo del coordinamento delle attività contro il terrorismo e il crimine organizzato ha la firma di Andreotti e dei ministri Rognoni e Ruffini.

ACCUSA: Pecorelli viene a conoscenza di parti omesse del memoriale Moro, e dall'ottobre del 1978 sulla rivista OP intensifica gli attacchi contro Andreotti e Vitalone (scandali Italcasse, Sindona).
DIFESA: Andreotti ha subito negli anni diverse campagne di stampa tese a delegittimarlo.

ACCUSA: Vitalone cerca di indurre Pecorelli a cessare gli attacchi (cena alla Famiglia piemontese ed Evangelisti gli offre denaro (subito 30 milioni datigli da Gaetano Caltagirone) per non fargli pubblicare il numero di OP con la copertina dedicata agli assegni del Presidente.
DIFESA: Fu Pecorelli a chiedere un sostegno economico per la rivista.

ACCUSA: Il 20 marzo 1979 Pecorelli viene ucciso a Roma da Massimo Carminati, un killer neofascista incaricato da Danilo Abbruciati (esponente della banda della Magliana ed uomo di Pippo Calò), e da Michelangelo La Barbera (uomo d'onore della famiglia di Boccadifalco, a quell'epoca assai vicino anche a Stefano Bontate). L'omicidio è stato commissionato a Cosa Nostra dai cugini Salvo per conto di Andreotti ed agli uomini della banda della Magliana da Claudio Vitalone.
DIFESA: Questa è l'impostazione accusatoria della Procura di Perugia non una verità processualmente accertata, fondata sul racconto, riferitogli da Gateano Badalamenti, di Tommaso Buscetta. Badalamenti lo ha smentito.

ACCUSA: Nello stesso periodo del 1979, presumibilmente per gli stessi motivi che determinano l'omicidio di Pecorelli (segreti di Moro riguardanti Andreotti), Stefano Bontate "per ragioni legate a questioni che riguardavano ambienti politici cui lo stesso Bontate era vicino" matura il disegno di eliminare Dalla Chiesa, attribuendo il delitto alle Br; viene incaricato Buscetta di contattare le Br, ma queste rifiutano.
DIFESA: Di questo parla solo Buscetta, ma perché la mafia doveva avvertire preventivamente le Br?

ACCUSA: Sempre verso la fine del 1978 Andreotti, utilizzando come tramite Evangelisti (allora Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio) fa ripetute pressioni sulla Banca d'Italia (in particolare su Mario Sarcinelli, allora Capo della Viglianza), in favore di Sindona.
DIFESA: Andreotti non si è mai interessato dei destini personali di Sindona.
Fu invece un avvocato di Sindona a consegnare ad Evangelisti lo schema su un possibile salvataggio della banca. Quando avvenne l'incontro Andreotti era all'estero. Del progetto di intervento il governo delegò l'ex ministro Gaetano Stammati. Verificata l'impossibilità di andare avanti, il caso fu archiviato.

ACCUSA: Sempre tra il 1978 ed il 1979 Andreotti incontra ben 10 volte (25 luglio 1978; 1o settembre 1978; 5 ottobre 1978; 15 dicembre 1978; 8 gennaio 1979; 23 febbraio 1979; 22 marzo 1979; 26 giugno 1979; 5 settembre 1979; 21 maggio 1980) il difensore di Michele Sindona, Rodolfo Guzzi, mostrandosi più che disponibile a tutte le iniziative volte a favorire lo stesso Sindona, sia per il salvataggio finanziario, sia per evitargli l'estradizione. A favore di Sindona si muove, d'intesa con Andreotti, anche Licio Gelli.
DIFESA: Andreotti ha conosciuto Gelli, ma non si è mai interessato dei suoi affari. Quanto a Sindona lo ha conosciuto quando era uno stimato banchiere.

ACCUSA: Nel 1979 nasce in Sicilia il caso Mattarella. Il presidente della Regione Siciliana, fino ad allora partecipe di equilibri politici con Lima e lo stesso Ciancimino, comincia ad andare concretamente contro gli interessi di Cosa Nostra.
DIFESA: E' la ricostruzione di un clima che rende possibile il racconto di Marino Mannoia.

ACCUSA: Nella primavera-estate del 1979 (sicuramente dopo l'omicidio di Michele Reina, commesso a Palermo il 9 marzo 1979), Andreotti, in una riunione svoltasi in una riserva di caccia con Stefano Bontate, Salvo Lima, i cugini Salvo, viene informato del nuovo corso della politica di Mattarella. Prende tempo, e Bontate commenterà: "Staremo a vedere". Sempre nella primavera-estate del 1979 (tra l'1 maggio e il 31 agosto), a riprova dell'intensità dei rapporti che ormai lo legano a Cosa Nostra, Andreotti ha a Catania un incontro con Benedetto Santapaola, cui partecipa Lima.
DIFESA: Andreotti smentisce che vi siano stati gli incontri, l'incontro catanese è inconfutabilmente contraddetto da documenti ufficiali che testimoniano che Andreotti era da tutt'altra parte.

ACCUSA: verso la fine di ottobre del 1979 Mattarella, insistendo nella sua linea politica che lo ha ormai contrapposto agli interessi di Cosa Nostra e dei suoi referenti politici ha un incontro con Virginio Rognoni (allora Ministro dell'Interno) per manifestargli le gravi preoccupazioni che gli derivavano dall'interno del suo stesso partito; al suo capo di gabinetto, Maria Grazia Trizzino, riferisce: "Se dovesse succedere qualcosa di molto grave per la mia persona, si ricordi questo incontro con il Ministro Rognoni, perchè a questo incontro è da ricollegare quanto di grave mi potrà accadere". Proprio nello stesso periodo, si era infatti consolidato il rapporto di alleanza tra gli andreottiani e Ciancimino. Quest'ultimo, per input dei Corleonesi, aderisce alla corrente andreottiana. Il 6 gennaio 1980 viene ucciso a Palermo Piersanti Mattarella. L'omicidio, secondo quanto riconosciuto dalla recente sentenza della Corte di Assise di Palermo è deliberato dalla Commissione; sono d'accordo, anche se non formalmente partecipi della decisione, i cugini Salvo. Pochi mesi dopo, Andreotti ritorna in Sicilia e - in una villetta alla periferia di Palermo incontra Bontate, Lima, i cugini Salvo. Andreotti protesta per l'omicidio ma, quando Bontate lo minaccia di ritirare il sostegno elettorale
di Cosa Nostra alla sua corrente politica accetta la situazione.
DIFESA: la fonte degli incontri palermitani è solo Marino Mannoia. Andreotti nega. In un caso il racconto è indiretto. Mentre del successivo incontro palermitano Marino Mannoia dice di essere testimone oculare. Secondo Mannoia Andreotti sarebbe arrivato dall'aeroporto di Trapani. Piloti e responsabili di compagnie aeree lo smentiscono. Ma, in generale, il capitolo dei viaggi è smentito dalla notorietà di Andreotti, che chiunque avrebbe potuto riconoscere.

ACCUSA: Andreotti, dopo aver pensato di poter utilizzare Cosa Nostra per i suoi fini di potere, e dopo le vicende del sequestro Moro, di Sindona e di Pecorelli, non può più ritrarsi dal patto criminoso con l'organizzazione mafiosa, ma è anzi costretto a consolidarlo. Infatti, anche dopo l'omicidio Mattarella, permangono intensi i suoi rapporti personali e politici non soltanto con l'onorevole Lima, ma anche con i cugini Salvo.
Andreotti ha sempre negato, contro ogni evidenza, di conoscere i Salvo e ciò ben si comprende, poichè questi rapporti rappresentano un riscontro non soltanto dei suoi rapporti con Cosa Nostra, ma anche del suo possibile coinvolgimento in gravissimi fatti specifici quali gli omicidi di Pecorelli e del generale Dalla Chiesa. I rapporti tra Andreotti e i cugini Salvo saranno invece inconfutabilmente provati mediante fotografie, e numerose testimonianze. Così come saranno inconfutabilmente provati i rapporti intrattenuti con i cugini Salvo dal senatore Claudio Vitalone, coinvolto infatti nell'omicidio Pecorelli. Il 3 settembre 1982 viene ucciso a Palermo Dalla Chiesa. Il generale, in un colloquio avuto con Andreotti, il 5 aprile 1982, e sempre incredibilmente negato da Andreotti aveva chiaramente detto a quest'ultimo che che non avrebbe avuto riguardi per quella parte di elettorato alla quale attingevano i suoi grandi elettori e successivamente aveva definito la corrente andreottiana a Palermo la famiglia politica più inquinata del luogo, aggiungendo che gli andreottiani c'erano dentro fino al collo.
DIFESA: Andreotti non conosce i Salvo, era amico di Dalla Chiesa, tanto da volerlo a Palermo, criticò il mancato conferimento dei poteri speciali da lui chiesti e stigmatizzò che gli venisse sottratta la competenza sulla criminalità delle altre regioni del Sud. Nel colloquio che ebbe con Andreotti, richiesto dal generale, come gli altri, Dalla Chiesa gli comunicò che Mario D'Acquisto, allora presidente della Regione, lo aveva invitato a colazione e ad Andreotti che rispondeva che la cosa non gli appariva strana, il generale obiettò che non conosceva la diffidenza che al sud si ha per i carabinieri. Andreotti non sapeva delle resistenze ambientali che Dalla Chiesa ha riferito nel suo diario privato, sotto forma di dialogo con la moglie morta, ma se vi fosse stato motivo per prendere le distanze da qualcuno, il generale ne avrebbe parlato ad Andreotti.

ACCUSA: dopo la presa del potere in Cosa Nostra da parte dei Corleonesi, i rapporti tra Andreotti e Cosa Nostra diventano più difficili ma, quando la corrente andreottiana non si impegna a sufficienza contro il maxi-processo, e soprattutto quando viene approvata la legge Mancino-Violante del 17 febbraio 1987, che sostanzialmente preclude la possibilità della scarcerazione degli uomini d'onore detenuti, Cosa Nostra reagisce in occasione delle elezioni politiche del 16 giugno 1987 pilotando i consensi elettorali a favore del Psi.
DIFESA: la Dc non ha avuto danni in Sicilia. Confrontando i dati siciliani si passa dal 37,9 dell'83 al 38,8 del'87 contro un 41 per cento del '92. Il Psi ha avuto questo andamento: 13,3 (nell'83), 14,9 (nell'87) e 14 (nel '92).

ACCUSA: La posizione di Lima e di Ignazio Salvo che sono sopravvissuti alla guerra di mafia del 1981-82 proprio perchè utilizzati dai Corleonesi quali tramiti con Andreotti si fa pericolosissima. Andreotti è costretto ad incontrarsi con Riina, sia per salvare la vita a Lima sia per non compromettere il potere della sua corrente. L'incontro con Riina, Lima, e Ignazio Salvo avviene a Palermo nell'autunno del 1987. In quel periodo, e precisamente il 20 settembre 1987, Andreotti si trova a Palermo per partecipare alla Festa dell'Amicizia, e nella sua giornata c'è un vuoto di circa 4 ore (dall'ora di pranzo al tardo pomeriggio) in cui nessuno, neppure il suo abituale personale di scorta, sa dove egli sia andato.
DIFESA: Andreotti non si è mosso da Villa Igiea. La sua scorta avrebbe notato ogni spostamento e così la vigilanza predisposta da Polizia e Carabinieri.

ACCUSA: nel 1987 inizia l'opera di sgretolamento del maxi-processo con una lunga serie di provvedimenti della Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione basati su una tecnica di valutazione delle prove (e soprattutto delle dichiarazioni dei pentiti) "che apprezzava atomisticamente ogni singolo indizio, e concludeva per ciascuno che di per sè non era idoneo a confortare le circostanze che intendeva provare, nè a contribuire ad una valutazione di attendibilità del complesso indiziario". Nel maggio-giugno 1991 il Presidente Carnevale designa, per la trattazione in Cassazione del maxi-processo, un collegio che - secondo le previsioni dello stesso Carnevale non potrà che annullare le condanne. Questo disegno fallisce per iniziativa del Presidente Brancaccio che, nell'ottobre 1991, designa come Presidente del collegio Arnaldo Valente, il quale determina la conferma delle condanne, senza che gli altri componenti del collegio, come dirà lo stesso Carnevale abbiano il coraggio di mettersi contro. A riprova delle dichiarazioni dei collaboranti sulla esistenza di un canale politico diretto a condizionare l'esito del maxi-processo in senso favorevole a Cosa Nostra si dimostreranno i rapporti tra Andreotti e Carnevale attuati per tramite di Claudio Vitalone (e sempre negati dagli interessati), attraverso prove fotografiche, documentali e testimonianze.
DIFESA: Andreotti non aveva con Carnevale rapporti di conoscenza intensa, né di frequentazione. Carnevale non ha mai ottenuto alcun incarico su interessamento di Andreotti, né per il premio della Fondazione Fiuggi, né per altro, contrariamente a quanto sostenuto da Vittorio Sbardella, (già vicino al senatore, le cui dichiarazioni furono raccolte in incidente probatorio prima di morire) era molto condizionato dai contrasti interni della Dc. Tuttavia lo stesso Sbardella smentì che Andreotti conoscesse i Salvo. Quanto al premio Fiuggi, è probabile che Carnevale sia arrivato lì per i suoi pregresi rapporti di esperto con il ministero dell'Industria. Su alcune decisioni della sezione del giudice Carnevale, Andreotti intervenne pubblicamente. Dopo la scarcerazione di 40 boss, Andreotti, allora presidente del Consiglio dichiarò che sarebbe intervenuto per "correggere un offesa al popolo italiano". Non subì affatto il decreto, come ha sostenuto l'ex guardasigilli, Claudio Martelli, ma anzi ne fu il promotore. Prefigurando anche una modifica costituzionale che riducesse al primo grado la presunzione di innocenza. La difesa ha poi rintracciato numerose sentenze della prima sezione che smentiscono i collaboratori che parlano di processi aggiustati su interessamento di Carnevale. Il magistrato, oltretutto, ha chiarito che non decise sul maxiprocesso perché aveva già chiesto il trasferimento alla corte d'appello di Roma. E se Andreotti era interessato a che presiedesse la corte del maxiprocesso, perché avrebbe dovuto interessarsi del suo trasferimento. Vitalone ha smentito di avere mai affrontato la questione con Andreotti.

ACCUSA: il 30 gennaio 1992, quando la Cassazione conferma le condanne del maxi-processo, Riina impazzisce, si scatena la vendetta di Cosa Nostra contro i politici che hanno tradito. Il 12 marzo 1992 viene ucciso a Palermo Salvo Lima. Nell'estate del 1992, dopo la strage di Capaci, Brusca e Bagarella concepiscono un attentato contro Andreotti, appunto perché, dopo avere usato Cosa Nostra, ha tradito. Il 17 settembre 1992 viene ucciso a Santa Flavia Ignazio Salvo.
DIFESA: le dichiarazioni dei pentiti che si riscontrano tra loro con aggiustamenti di tiro successivi offrono questa come spiegazione dei delitti a corollario di un teorema accusatorio costruito sull'asse Andreotti-Salvo del quale non c'è prova

in fine alla sentenza:
L'INCONTRO CON SANTAPAOLA. È un falso il faccia a faccia tra l'ex presidente del Consiglio e il boss di Catania Nitto Santapaola. Secondo l'accusa si sarebbe svolto nell'hotel Nettuno di Catania. Ma la testimonianza del barista dell'albergo è completamente inventata.

IL BACIO CON RIINA. Ne aveva parlato Balduccio Di Maggio. Andreotti avrebbe salutato con un bacio il capo di Cosa nostra Totò Riina nell'attico dell'esattore palermitano Ignazio Salvo, anche lui legato alla mafia. Ma le dichiarazioni del pentito sono state giudicate "confuse e contraddittorie".

LA RIUNIONE CON BONTADE. Il collaboratore Marino Mannoia aveva detto che Andreotti avrebbe incontrato i vertici della Cupola nella borgata di Altarello di Baida, per discutere dei rapporti tra mafia e politica. Non ci sono prove, secondo i giudici, che quell'incontro c'è stato davvero. Smentito anche l'episodio del quadro regalato da Stefano Bontade e Pippo Calò ad Andreotti, anch'esso riferito da Mannoia. La corte ha respinto "l'assoluta genericità del ricordo del dichiarante sugli aspetti essenziali della vicenda".

CIANCIMINO E LA MAFIA. È vero, ammettono i giudici, che Andreotti ha "mostrato indifferenza" sui rapporti tra l'ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino e Cosa nostra. Ma questo ma "non si traduce inequivocabilmente in un'adesione all'illecito sodalizio".

L'AMICIZIA CON LIMA. Esisteva, sostengono i giudici, "un rapporto fiduciario tra i due soggetti". Ma Andreotti, nei confronti del suo uomo in Sicilia, non ha mai "tenuto comportamenti suscettibili di rilevanza penale"

IL FILM CON MICHELE GRECO. Anche questo episodio, che secondo le dichiarazioni del teste Benedetto D'Agostino si sarebbe svolto nella saletta riservata dell'hotel Nazionale a Roma, non ha riscontri sufficienti. "Il pm - scrivono i giudici - ha offerto al Tribunale la prova di un'unica possibilità d'incontro tra l'imputato e Michele Greco il quale invece ha con estrema sicurezza vantato, secondo le stesse parole riportate dal D'Agostino, di essersi intrattenuto in quella saletta con Andreotti più di una volta soffermandovisi anche a chiacchierare con lui al termine delle proiezioni".

I RAPPORTI CON FRANK COPPOLA. L'incontro sarebbe avvenuto, sulla base delle dichiarazioni di Federico Corniglia, nel 1970. Ma l'episodio è stato giudicato "Estremamente generico e privo di riscontri utili".

Bet
28-05-2004, 19:40
Originariamente inviato da parax
Se la preoccupazione di motli non è la lotta alla Mafia, ma il processo ingiusto fatto ad andreotti e parare il culo ai nuovi politici conniventi con la mafia, è morto davvero invano. :rolleyes:

Esatto! In troppi si sono preoccupati di condannare Andreotti invece di pensare alla lotto contro la mafia :rolleyes:

ni.jo
29-05-2004, 00:58
Originariamente inviato da Bet
Esatto! In troppi si sono preoccupati di condannare Andreotti invece di pensare alla lotto contro la mafia :rolleyes:
si saranno detti, "certo se fosse colpevole, più in alto non si potrebbe arrivare". :eek:

(battuta non così sciocca come può sembrare)