dantes76
24-05-2008, 20:21
Intervista esclusiva a LaStampa.it
"Mio marito mi ucciderà e sarete colpevoli tutti". La battaglia di Pinuccia
"Dopo l'articolo su La Stampa ho dovuto restare barricata in casa, mercoledì sono tornati i carabinieri, mio marito mi aspettava di sotto, nascosto dietro un albero". Pinuccia Filetti è spaventata ma non si arrende. La sua vicenda di donna perseguitata da un ex marito violento, la sua storia di percosse subite, di minacce continue, di 82 denunce che non sono servite a nulla, il suo caso lo ha raccontato con coraggio "non per me che adesso rischio ancora di più che quello mi ammazzi. Ma per tutte le donne come me, di cui nessuno parla".
Quello che ha passato e che è costretta a vivere, insieme ai suoi due figli, l'incapacità della società e delle autorità di difendere le donne dalle violenze domestiche "deve arrivare in alto, alle istituzioni". In questi ultimi giorni mi hanno chiamato tanti vostri colleghi - racconta Pinuccia - ma nessuna associazione di difesa delle donne, nessun esponente o responsabile pubblico". "La prima causa di morte per le donne è la violenza subita da mariti, fidanzati, padri. Questa sì che è un'emergenza di cui la politica deve occuparsi". Pinuccia Filetti resta convinta della sua terribile profezia, quella che ha scritto sulla maglietta che indossa: io sarò la prossima. "E se mi ammazza sarete colpevoli tutti".
L'intervista è realizzata da Gian Marco Alari (Agr)
http://www.lastampa.it/multimedia/multimedia.asp?p=1&IDmsezione=9&IDalbum=9978&tipo=VIDEO#mpos
link diretto al video
mms://media.lastampa.it/lastampa/20080523/filetti.wmv
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21/5/2008 (9:40) - IL CASO
Denuncia l'ex ottantadue volte:
"Chi mi aiuta?"
Pinuccia Filetti, 37 anni, con la maglietta-appello
OPINIONI L'ex moglie più perseguitata d'Italia E. LOEWENTHAL
L’appello disperato: «Le istituzioni mi lasciano sola»
Non ho paura che mi uccida, io sono già morta». Pinuccia Filetti sorride alle signore sedute dietro di lei al bar. Le fanno i complimenti per la maglietta che indossa. Sulla schiena c’è scritto «No al femminicidio». E davanti: «Sarò la prossima?». Lei risponde: «Peccato che non siano slogan, ma la mia vita». Lunedì ha presentato la denuncia numero 82 contro l’ex marito per violenza e stalking (persecuzione). «Minacce, percosse, una volta mi ha addirittura investita con l’auto - racconta -. Domenica mi ha aggredita di nuovo, sono svenuta e sono finita un’altra volta in ospedale».
E’ il suo inferno personale, un eterno ripetersi di ricoveri al Pronto soccorso e giornate in caserma «e lui, ogni volta, ritorna. Si presenta sotto casa, mi perseguita al lavoro, chiama i nostri figli per insultarmi. Mi ripete sempre che me la farà pagare, che mi farà finire su una sedia a rotelle o che mi ammazza. Forse in quel momento qualcuno capirà che avevo ragione».
Quella di Pinuccia è una storia che appare tragicamente normale, «iniziata 23 anni fa a Catania con la classica “fuitina”. Avevo 14 anni e dodici mesi dopo ero incinta». Non ci ha messo molto a capire che qualcosa, in quell’uomo, non andava: «Mi ero accorta che era molto aggressivo - dice -, anche nei gesti. Mi gridava, mi spintonava, voleva addomesticarmi. Ero solo una ragazzina e pensavo che fosse normale: in quegli anni lo schiaffo alla moglie che non badava bene alla casa faceva parte della cultura popolare. Non esisteva il rispetto per la donna in quanto persona, l’ho scoperto solo molto più tardi».
Sono anni di botte, di scenate di gelosia, di pentole d’acqua bollente tirate addosso, sempre più spesso di ospedali: «Ho perso il conto delle volte in cui ci sono finita. Raccontavo di essere caduta in casa. Solo qualche tempo dopo ho cominciato a dire la verità». Nel ‘96, infatti, qualcosa cambia: «Ci siamo trasferiti a Domodossola. In Sicilia mi dicevano “te lo sei scelto, ora te lo tieni”, qui ho cominciato a vedere le cose in modo diverso. Nel 2002, mentre studiavo di nascosto da operatore socio sanitario, ho deciso di lottare».
Affiancata dal Consorzio intercomunale dei servizi sociali di Ossola, Pinuccia se n’è andata di casa con i figli, portandosi via i vestiti di notte nei sacchi di plastica: «Sono stata in una casa-famiglia per due mesi, mi ha trovata anche lì. Ora vivo in una casa popolare a Domodossola, e lui è sempre lì sotto. Quella che ho adesso non è vita, ho messo a rischio tutto e lui è ancora libero di perseguitarmi».
L’uomo è stato condannato più volte, ma non si è arrivati a una sentenza definitiva. L’unico provvedimento è un foglio di via da Domodossola, non sono mai state applicate altre misure di sicurezza come l’obbligo di dimora, di firma o l’allontanamento. E il carosello continua. Pinuccia oggi ha 37 anni, i suoi figli - tutti maschi - ne hanno 14, 20 e 22: «Andiamo avanti con il mio stipendio da 900 euro al mese. Molti mi consigliano di andarmene, di nascondermi in qualche casa per le donne maltrattate. Ma non voglio perdere quanto ho dolorosamente costruito in questi sei anni. Ma questo le istituzioni non lo vogliono capire».
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cronache/200805articoli/33065girata.asp
"Mio marito mi ucciderà e sarete colpevoli tutti". La battaglia di Pinuccia
"Dopo l'articolo su La Stampa ho dovuto restare barricata in casa, mercoledì sono tornati i carabinieri, mio marito mi aspettava di sotto, nascosto dietro un albero". Pinuccia Filetti è spaventata ma non si arrende. La sua vicenda di donna perseguitata da un ex marito violento, la sua storia di percosse subite, di minacce continue, di 82 denunce che non sono servite a nulla, il suo caso lo ha raccontato con coraggio "non per me che adesso rischio ancora di più che quello mi ammazzi. Ma per tutte le donne come me, di cui nessuno parla".
Quello che ha passato e che è costretta a vivere, insieme ai suoi due figli, l'incapacità della società e delle autorità di difendere le donne dalle violenze domestiche "deve arrivare in alto, alle istituzioni". In questi ultimi giorni mi hanno chiamato tanti vostri colleghi - racconta Pinuccia - ma nessuna associazione di difesa delle donne, nessun esponente o responsabile pubblico". "La prima causa di morte per le donne è la violenza subita da mariti, fidanzati, padri. Questa sì che è un'emergenza di cui la politica deve occuparsi". Pinuccia Filetti resta convinta della sua terribile profezia, quella che ha scritto sulla maglietta che indossa: io sarò la prossima. "E se mi ammazza sarete colpevoli tutti".
L'intervista è realizzata da Gian Marco Alari (Agr)
http://www.lastampa.it/multimedia/multimedia.asp?p=1&IDmsezione=9&IDalbum=9978&tipo=VIDEO#mpos
link diretto al video
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Denuncia l'ex ottantadue volte:
"Chi mi aiuta?"
Pinuccia Filetti, 37 anni, con la maglietta-appello
OPINIONI L'ex moglie più perseguitata d'Italia E. LOEWENTHAL
L’appello disperato: «Le istituzioni mi lasciano sola»
Non ho paura che mi uccida, io sono già morta». Pinuccia Filetti sorride alle signore sedute dietro di lei al bar. Le fanno i complimenti per la maglietta che indossa. Sulla schiena c’è scritto «No al femminicidio». E davanti: «Sarò la prossima?». Lei risponde: «Peccato che non siano slogan, ma la mia vita». Lunedì ha presentato la denuncia numero 82 contro l’ex marito per violenza e stalking (persecuzione). «Minacce, percosse, una volta mi ha addirittura investita con l’auto - racconta -. Domenica mi ha aggredita di nuovo, sono svenuta e sono finita un’altra volta in ospedale».
E’ il suo inferno personale, un eterno ripetersi di ricoveri al Pronto soccorso e giornate in caserma «e lui, ogni volta, ritorna. Si presenta sotto casa, mi perseguita al lavoro, chiama i nostri figli per insultarmi. Mi ripete sempre che me la farà pagare, che mi farà finire su una sedia a rotelle o che mi ammazza. Forse in quel momento qualcuno capirà che avevo ragione».
Quella di Pinuccia è una storia che appare tragicamente normale, «iniziata 23 anni fa a Catania con la classica “fuitina”. Avevo 14 anni e dodici mesi dopo ero incinta». Non ci ha messo molto a capire che qualcosa, in quell’uomo, non andava: «Mi ero accorta che era molto aggressivo - dice -, anche nei gesti. Mi gridava, mi spintonava, voleva addomesticarmi. Ero solo una ragazzina e pensavo che fosse normale: in quegli anni lo schiaffo alla moglie che non badava bene alla casa faceva parte della cultura popolare. Non esisteva il rispetto per la donna in quanto persona, l’ho scoperto solo molto più tardi».
Sono anni di botte, di scenate di gelosia, di pentole d’acqua bollente tirate addosso, sempre più spesso di ospedali: «Ho perso il conto delle volte in cui ci sono finita. Raccontavo di essere caduta in casa. Solo qualche tempo dopo ho cominciato a dire la verità». Nel ‘96, infatti, qualcosa cambia: «Ci siamo trasferiti a Domodossola. In Sicilia mi dicevano “te lo sei scelto, ora te lo tieni”, qui ho cominciato a vedere le cose in modo diverso. Nel 2002, mentre studiavo di nascosto da operatore socio sanitario, ho deciso di lottare».
Affiancata dal Consorzio intercomunale dei servizi sociali di Ossola, Pinuccia se n’è andata di casa con i figli, portandosi via i vestiti di notte nei sacchi di plastica: «Sono stata in una casa-famiglia per due mesi, mi ha trovata anche lì. Ora vivo in una casa popolare a Domodossola, e lui è sempre lì sotto. Quella che ho adesso non è vita, ho messo a rischio tutto e lui è ancora libero di perseguitarmi».
L’uomo è stato condannato più volte, ma non si è arrivati a una sentenza definitiva. L’unico provvedimento è un foglio di via da Domodossola, non sono mai state applicate altre misure di sicurezza come l’obbligo di dimora, di firma o l’allontanamento. E il carosello continua. Pinuccia oggi ha 37 anni, i suoi figli - tutti maschi - ne hanno 14, 20 e 22: «Andiamo avanti con il mio stipendio da 900 euro al mese. Molti mi consigliano di andarmene, di nascondermi in qualche casa per le donne maltrattate. Ma non voglio perdere quanto ho dolorosamente costruito in questi sei anni. Ma questo le istituzioni non lo vogliono capire».
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cronache/200805articoli/33065girata.asp