FabioGreggio
11-04-2008, 08:33
Solo trentamila persone, secondo gli organizzatori, per il comizio finale del Pdl
Diecimila secondo il servizio di sicurezza. Fini e Alemanno in secondo piano
Silvio anticipa il suo trionfo
sotto l'arco degli imperatori
Il Cavaliere accende gli animi. Veltroni? "Un bugiardo affabulatore"
E su Totti che ha fatto campagna per Rutelli: "Avrà tutti contro. Non ci sta con la testa"
Più che il comizio conta il luogo. E il luogo parla chiaro: Roma, Colosseo, Arco di Costantino, l'arco trionfale che il Senato romano eresse nel 315 per celebrare la vittoria dell'imperatore Costantino contro Massenzio. Silvio Berlusconi sceglie questo luogo per il comizio finale della campagna elettorale: non importa quanta gente arriva, cosa dirà "Lui" e cosa vorranno sentirsi dire queste persone assiepate lungo la passeggiata archeologica, ai piedi del colle Palatino e poi anche oltre la strada. Importa che Berlusconi sale su questo palco che lo scenografia ha voluto proprio ai piedi dell'arco; importa che il logo tondo bianco-azzurro "Popolo della libertà-Berlusconi presidente" ha lo stesso diametro dell'arco e che in prospettiva l'Arco diventa la cornice naturale del palco e del simbolo. Importa che Berlusconi stasera a Roma celebre il suo trionfo. Almeno tre giorni prima del responso delle urne.
"Trentamila persone" dicono gli organizzatori. La questura non si pronuncia. Chi se ne intende dice che alla fine saranno al massimo diecimila. Ma il cuore della manifestazione è quando tutto finisce, quando "Meno male che Silvio c'è" smette di suonare e il Cavaliere, novello imperatore, fa a piedi 7-800 metri a fianco del Colosseo, stringendo mani, parlando con le persone, abbracciando bambini, ricevendo nelle mani bigliettini con - si presume - richieste scritte, desideri, speranze.
Come gli ex voto a un santo o i desideri infilati nelle fessure del Muro del pianto a Gerusalemme. Ecco sì, c'è qualcosa di messianico in questa passeggiata: nei gesti, nei tempi, negli atteggiamenti. Ed è questo quello che conta. Mica il comizio. Conta che c'è una fetta di questo paese che ha bisogno di avere santi ed eroi. E di coltivare personalità.
Il comizio in realtà è un flop.
Convocato per le diciassette, inzia con le note un po' tristi dell'orchestrina del maestro Morselli, repertorio da Santana a "10 ragazze per me" di Mogol, ragazze sul palco vestite di lurex che ballano a tempo ma senza cuore.
Il popolo della libertà arriva piano piano. Difficile decifrarlo: sarà per l'ora - mezzo pomeriggio di un giorno feriale - sarà per il tempo - nuvole in cielo che minacciano pioggia - e sarà anche perché di questa campagna elettorale siamo un po' tutti stanchi, non c'è una grande ressa.
Età media, più donne che uomini, e quegli uomini per lo più in età da baby pensionati, parecchi ragazzini, molte borse Vuitton e Prada imitate, giacche a vento, scarpe da ginnastica e golfini, zaini e jeans. Insomma, platea popolare e per lo più femminile. Quattro pullman arrivano da Gaeta e srotolano uno striscione che è un programma: "Silvio, le donne di Gaeta con te. Assolutamente in piedi".
Prima parla Alemanno candidato sindaco ed è un monologo sulla sicurezza, "via gli zingari", via gli extracomunitari "che si passano la voce sulla coste dell'Africa e si danno tutti appuntamento a Roma".
Boati, applausi e bandiere. Passa il tempo, il Cavaliere non arriva ma sta registrando Porta a Porta.
Ci pensa Fini ad intrattenere la folla che via via riempie la passeggiata archeologica. Il presidente di An, lassù, solo, su quel palco che non è riuscito a convocare le migliaia di militanti previsti, sembra uno di quegli sposi che aspettano nervosi in chiesa la sposa ritardataria.
"Ci sono momenti in cui prima del partito viene la patria" spiega Fini cercando di giustificare la fusione del partito di via della Scrofa nel Pdl. "Sarei stato solo l'ennesimo candidato premier...". Alle 19 arriva Berlusconi e la platea un po' sonnecchiosa si sveglia. Bandiere, cori, grida, basta l'apparizione per soddisfare gli animi. Lo chiamano culto della personalità. Che in genere è una deriva dei regimi.
Il canovaccio dell'intervento è quello di sempre: Ici, sicurezza, riduzione delle tasse, soprattutto la demolizione pezzo per pezzo dell'avversario Walter Veltroni "uno straordinario affabultatore a cui avevamo quasi creduto ma che invece ha raccontato un sacco di bugie".
Poi l'ossessione del voto utile "non datelo ai partiti minori" e dei brogli: "Andate e convincete le genti"; "Andate e sorvegliate". Poi le donne, quasi il tormentone di questa campagna elettorale. Sale sul palco Alessandra Mussolini, "bella tusa" le dice il Cavaliere.
"Ma io le donne-domine-nostre padrone, le amoooo - sorride Berlusconi - siete le più brave, le più essenziali, quelle più abituate alla vita e al dolore. Vi amiamo anche perché siete il 53 per cento dell'elettorato". E se poi ha chiesto di fare qualche crostata per i responsabili di lista in servizio ai seggi ... e via, cosa sarà mai. Il pubblico femminile è d'accordo. E lo dimostra.
Quando Berlusconi lascia il palco sono le 19 e 45. Prima l'Inno di Mameli, cantato da tutti con la mano sul cuore (una risposta a Veltroni?), poi le note di "Azzurra è libertà" e infine "presidente siamo con te, meno male che Silvio c'è" mentre Berlusconi fa il solito giochino delle domande. "Volete voi un paese governato dai comunisti?" noooooo. E via di questo passo.
Qualche goccia d'acqua. Sembra tutto finito ma il meglio deve ancora arrivare. Il corteo delle sei auto con cui di solito va in giro, è pronto, portiere aperte, per ripartire. Ma Berlusconi decide di fare a piedi la passeggiata che parte dall'Arco di Costantino e costeggia il Colosseo. Quella della via Crucis, anche. Lungo le transenne si accalcano fan, adulatori, quasi "credenti" in adorazione.
Le signore Rossana, Alma e Silvana gli hanno appena stretto la mano: "Lui è una boccata d'aria, che bel sorriso, un po' di ottimismo". Sì signora, ma i conti pubblici, il caro vita...."Eh, piano piano con un po' di ottimismo si aggiusta tutto". Ildegarda ha 13 anni e farà di tutto, accudita dalla mamma, per avere il suo autografo: aspetta, spinge, spintona, chiama. Alla fine ce la fa. Perché proprio lui? "Mi piace per il carattere...".
Poi tocca al piccolo Domenico, sei mesi, cuffietta bianca in testa: i genitori vogliono che Berlusconi lo prenda in braccio, lo tolgono dalla culla e glielo consegnano. Il Cavaliere si fa anche fotografare. Quando il padre lo riprende in braccio sussurra felice al piccolo Domenico: "Sarai un bambino ricchissimo". Ce n'è per tutti, sono le venti e trenta, sembra non finire mai.
Un giovane comunica a Berlusconi che Totti ha fatto la campagna per Rutelli. Il presidente del Milan non ha dubbi: "Peggio per lui, si attirerà l'antipatia di tutti. Non ci sta con la testa". Le celebrazione di un trionfo, appunto. Peccato che si debba ancora votare.
Repubblica
Diecimila secondo il servizio di sicurezza. Fini e Alemanno in secondo piano
Silvio anticipa il suo trionfo
sotto l'arco degli imperatori
Il Cavaliere accende gli animi. Veltroni? "Un bugiardo affabulatore"
E su Totti che ha fatto campagna per Rutelli: "Avrà tutti contro. Non ci sta con la testa"
Più che il comizio conta il luogo. E il luogo parla chiaro: Roma, Colosseo, Arco di Costantino, l'arco trionfale che il Senato romano eresse nel 315 per celebrare la vittoria dell'imperatore Costantino contro Massenzio. Silvio Berlusconi sceglie questo luogo per il comizio finale della campagna elettorale: non importa quanta gente arriva, cosa dirà "Lui" e cosa vorranno sentirsi dire queste persone assiepate lungo la passeggiata archeologica, ai piedi del colle Palatino e poi anche oltre la strada. Importa che Berlusconi sale su questo palco che lo scenografia ha voluto proprio ai piedi dell'arco; importa che il logo tondo bianco-azzurro "Popolo della libertà-Berlusconi presidente" ha lo stesso diametro dell'arco e che in prospettiva l'Arco diventa la cornice naturale del palco e del simbolo. Importa che Berlusconi stasera a Roma celebre il suo trionfo. Almeno tre giorni prima del responso delle urne.
"Trentamila persone" dicono gli organizzatori. La questura non si pronuncia. Chi se ne intende dice che alla fine saranno al massimo diecimila. Ma il cuore della manifestazione è quando tutto finisce, quando "Meno male che Silvio c'è" smette di suonare e il Cavaliere, novello imperatore, fa a piedi 7-800 metri a fianco del Colosseo, stringendo mani, parlando con le persone, abbracciando bambini, ricevendo nelle mani bigliettini con - si presume - richieste scritte, desideri, speranze.
Come gli ex voto a un santo o i desideri infilati nelle fessure del Muro del pianto a Gerusalemme. Ecco sì, c'è qualcosa di messianico in questa passeggiata: nei gesti, nei tempi, negli atteggiamenti. Ed è questo quello che conta. Mica il comizio. Conta che c'è una fetta di questo paese che ha bisogno di avere santi ed eroi. E di coltivare personalità.
Il comizio in realtà è un flop.
Convocato per le diciassette, inzia con le note un po' tristi dell'orchestrina del maestro Morselli, repertorio da Santana a "10 ragazze per me" di Mogol, ragazze sul palco vestite di lurex che ballano a tempo ma senza cuore.
Il popolo della libertà arriva piano piano. Difficile decifrarlo: sarà per l'ora - mezzo pomeriggio di un giorno feriale - sarà per il tempo - nuvole in cielo che minacciano pioggia - e sarà anche perché di questa campagna elettorale siamo un po' tutti stanchi, non c'è una grande ressa.
Età media, più donne che uomini, e quegli uomini per lo più in età da baby pensionati, parecchi ragazzini, molte borse Vuitton e Prada imitate, giacche a vento, scarpe da ginnastica e golfini, zaini e jeans. Insomma, platea popolare e per lo più femminile. Quattro pullman arrivano da Gaeta e srotolano uno striscione che è un programma: "Silvio, le donne di Gaeta con te. Assolutamente in piedi".
Prima parla Alemanno candidato sindaco ed è un monologo sulla sicurezza, "via gli zingari", via gli extracomunitari "che si passano la voce sulla coste dell'Africa e si danno tutti appuntamento a Roma".
Boati, applausi e bandiere. Passa il tempo, il Cavaliere non arriva ma sta registrando Porta a Porta.
Ci pensa Fini ad intrattenere la folla che via via riempie la passeggiata archeologica. Il presidente di An, lassù, solo, su quel palco che non è riuscito a convocare le migliaia di militanti previsti, sembra uno di quegli sposi che aspettano nervosi in chiesa la sposa ritardataria.
"Ci sono momenti in cui prima del partito viene la patria" spiega Fini cercando di giustificare la fusione del partito di via della Scrofa nel Pdl. "Sarei stato solo l'ennesimo candidato premier...". Alle 19 arriva Berlusconi e la platea un po' sonnecchiosa si sveglia. Bandiere, cori, grida, basta l'apparizione per soddisfare gli animi. Lo chiamano culto della personalità. Che in genere è una deriva dei regimi.
Il canovaccio dell'intervento è quello di sempre: Ici, sicurezza, riduzione delle tasse, soprattutto la demolizione pezzo per pezzo dell'avversario Walter Veltroni "uno straordinario affabultatore a cui avevamo quasi creduto ma che invece ha raccontato un sacco di bugie".
Poi l'ossessione del voto utile "non datelo ai partiti minori" e dei brogli: "Andate e convincete le genti"; "Andate e sorvegliate". Poi le donne, quasi il tormentone di questa campagna elettorale. Sale sul palco Alessandra Mussolini, "bella tusa" le dice il Cavaliere.
"Ma io le donne-domine-nostre padrone, le amoooo - sorride Berlusconi - siete le più brave, le più essenziali, quelle più abituate alla vita e al dolore. Vi amiamo anche perché siete il 53 per cento dell'elettorato". E se poi ha chiesto di fare qualche crostata per i responsabili di lista in servizio ai seggi ... e via, cosa sarà mai. Il pubblico femminile è d'accordo. E lo dimostra.
Quando Berlusconi lascia il palco sono le 19 e 45. Prima l'Inno di Mameli, cantato da tutti con la mano sul cuore (una risposta a Veltroni?), poi le note di "Azzurra è libertà" e infine "presidente siamo con te, meno male che Silvio c'è" mentre Berlusconi fa il solito giochino delle domande. "Volete voi un paese governato dai comunisti?" noooooo. E via di questo passo.
Qualche goccia d'acqua. Sembra tutto finito ma il meglio deve ancora arrivare. Il corteo delle sei auto con cui di solito va in giro, è pronto, portiere aperte, per ripartire. Ma Berlusconi decide di fare a piedi la passeggiata che parte dall'Arco di Costantino e costeggia il Colosseo. Quella della via Crucis, anche. Lungo le transenne si accalcano fan, adulatori, quasi "credenti" in adorazione.
Le signore Rossana, Alma e Silvana gli hanno appena stretto la mano: "Lui è una boccata d'aria, che bel sorriso, un po' di ottimismo". Sì signora, ma i conti pubblici, il caro vita...."Eh, piano piano con un po' di ottimismo si aggiusta tutto". Ildegarda ha 13 anni e farà di tutto, accudita dalla mamma, per avere il suo autografo: aspetta, spinge, spintona, chiama. Alla fine ce la fa. Perché proprio lui? "Mi piace per il carattere...".
Poi tocca al piccolo Domenico, sei mesi, cuffietta bianca in testa: i genitori vogliono che Berlusconi lo prenda in braccio, lo tolgono dalla culla e glielo consegnano. Il Cavaliere si fa anche fotografare. Quando il padre lo riprende in braccio sussurra felice al piccolo Domenico: "Sarai un bambino ricchissimo". Ce n'è per tutti, sono le venti e trenta, sembra non finire mai.
Un giovane comunica a Berlusconi che Totti ha fatto la campagna per Rutelli. Il presidente del Milan non ha dubbi: "Peggio per lui, si attirerà l'antipatia di tutti. Non ci sta con la testa". Le celebrazione di un trionfo, appunto. Peccato che si debba ancora votare.
Repubblica