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View Full Version : Quattro marinai del COMSUBIN feriti nell’esplosione di un ordigno


maxsona
08-09-2006, 18:44
Alle ore 09.00 di venerdì 8 settembre un ordigno è esploso al bordo della strada al passaggio di un mezzo militare italiano in attività di pattugliamento nei pressi di Farah, nella zona di responsabilità del Comando Ovest dell’Operazione I.S.A.F.
Nell’esplosione sono rimasti feriti quattro militari appartenenti al Comando Subacquei ed Incursori (COMSUBIN) della Marina Militare che sono stati immediatamente soccorsi, stabilizzati e trasportati agli ospedali di Herat e di Bagram.

Nessuno dei feriti è attualmente in pericolo di vita, sebbene la prognosi sia mantenuta riservata per il Maresciallo Pella.

http://www.marina.difesa.it/diario/2006/herat/images/03.jpg
:( :(

The Cube
08-09-2006, 20:48
lo chiedo agli esperti .... non è tecnicamente possibile evitare questo tipo di imboscate ?
persino gli USA in iraq hanno subito parecchi attacchi di questo tipo

easyand
10-09-2006, 20:16
L’ATTENTATO POTREBBE SPIEGARSI CON L’ATTIVITA’ DI CONTROLLO DEI MILITARI
«La guerra dell’oppio
dietro quella bomba»
Il comandante: forse diamo fastidio a qualcuno




ROMA. La storia degli incursori incappati in una trappola esplosiva è un po’ diversa da come era stata raccontata. I trenta «commandos» italiani si erano sparpagliati a piccoli gruppi nella provincia di Farah già da alcuni giorni. Come prevede l’addestramento, hanno vissuto all’aperto, girando per villaggi e campagne, incontrando i capi della polizia, dormendo un po’ dove capitava, osservando l’ambiente circostante e informando il quartier generale a Herat. Poi, l’altra mattina, le sette jeep italiane si sono ritrovate al punto prefissato e hanno cominciato il viaggio di rientro verso Herat. Duecento chilometri di strade afghane da percorrere con cautela, sotto un sole cocente. Ma gli itinerari da quelle parti sono pochi. I passaggi obbligati. E così è successo che il convoglio è inevitabilmente passato dove l’attendeva una bomba (due mine collegate da un cavo e con un innesco alimentato da una batteria d’auto). Al passaggio della prima auto, l’ordigno è esploso. Per fortuna se la sono cavata tutti. «Sa, i fatti come quelli di Farah rientrano nella nostra casistica... Abbiamo avuto attentatori suicidi. Prima dell’estate, per un’altra bomba piazzata sulla strada, è morto un soldato spagnolo», racconta il generale Danilo Errico, che da alcuni mesi si trova in Afghanistan, a Herat, al comando del Settore Ovest. Dipende da lui il Prt-provincial reconstruction team a guida italiana con 750 soldati, ma anche i Prt di Farah (americano), Ghor (lituano) e Badghis (spagnolo).

Generale, gli incursori ce li ha mandati lei a Farah. Perché? «Questi nostri colleghi svolgono un lavoro utilissimo di controllo del territorio. E certo così s’infastidisce chi vuole la piena libertà di movimento».

Intende dire i trafficanti di oppio? «Il raccolto del papavero è stato appena portato a termine. Ora c’è la fase della trasformazione e del trasporto. Ma anche qui in Afghanistan non è che queste cose si fanno alla luce del sole. Ci sono corrieri che viaggiano con carichi di stupefacenti e che vogliono le strade libere. Evidentemente i nostri controlli possono infastidire».

Insomma per le indagini battete la pista del narcotraffico più di quella talebana. Non c’entra la battaglia che la Nato ha scatenato a Sud? «Guardi, qui non siamo a Helmand o Kandahar, anche se la provincia di Farah è sicuramente la più vicina al Sud. E l’etnia è pashtun come per i taleban. Quindi non possiamo escludere un collegamento, diretto o indiretto. Ma si ricordi sempre che l’Afghanistan è una realtà tribale. Anche per i taleban non è mica possibile operare da una provincia all’altra».

Pare di capire, allora, che le piste restano due, ma vi convince più la droga che la guerriglia. «A volte l’attività degli insorgenti si va anche a sovrapporre a quella dei narcotrafficanti... Diciamo che è una zona ad alto rischio. Ma sa, questo tipo di attacchi, tramite ordigni improvvisati, è un’insidia che può verificarsi dappertutto in Afghanistan».

E quegli incursori, scusi, che ci facevano a Farah? «Svolgevano un’attività che noi chiamiamo di “protezione del contingente”. Controllavano cioè gli itinerari e intanto stavano sul territorio, parlando con gli anziani, consultando i capi-villaggio e prendendo nota delle loro richieste. In questo modo gli incursori ascoltano e riferiscono. Sa, qui le vie di comunicazione sono scarsissime. Per noi è fondamentale sapere se ci sono indici di pericolo prima di mandare personale dal profilo più basso. Chi si occupa, ad esempio, di ricostruzione delle infrastrutture. Loro, gli incursori, fanno questo lavoro indispensabile di sensori».

Non è che questa volta avevano anche il compito di controllare che non ci fossero gruppi di taleban che scappano dalla battaglia? «Anche».

Ma erano in divisa o in abiti civili? Da quelle parti operano anche squadre paramilitari americane. «I nostri sono sempre rigorosamente in divisa e con la bandierina italiana sulla macchina. Ma guardi che per gli insorgenti non cambia: militari o civili, italiani o americani, soldati o personale delle Nazioni Unite, o delle Ong, per loro siamo tutti occidentali e perciò attaccano».

La Stampa

10/9/2006
intervista di Francesco Grignetti

Punitore
10-09-2006, 20:48
cmq è una guerra.. ci sono i rischi e li corrono i nostri soldati, non c'è da meravigliarsi se ogni tanto avviene qualche attentato, certo vanno evitati in tutti i modi, ma le guerre sono così... mors tua vita mea (non so come si scrive ma si pronuncia così)

majin mixxi
10-09-2006, 20:51
in effetti in guerra si tende a combattere,far scoppiare bombe,sparare...anche subire imboscate,mi sembra normale

Punitore
10-09-2006, 21:14
in effetti in guerra si tende a combattere,far scoppiare bombe,sparare...anche subire imboscate,mi sembra normale

e già... quoto

CliveSt
11-09-2006, 06:01
Trovo curioso mandare dei Marinai in mezzo al deserto mi sembra come il Nord Africa nel '42 :) Vabbe' che ormai i reparti sono diventati talmente poliedrici :stordita:

easyand
11-09-2006, 07:15
Trovo curioso mandare dei Marinai in mezzo al deserto mi sembra come il Nord Africa nel '42 :) Vabbe' che ormai i reparti sono diventati talmente poliedrici :stordita:

per questa unità "marinai" è un termine assai riduttivo dato che si tratta di incursori...anche se in un certo senso anche i Navy Seal sono marinai a tutti gli effetti