Mac Mini M2, il sistema Apple più economico. Ma attenti alla memoria

Il piccolo sistema non "all-in-one" di Apple offre un prezzo abbordabile per entrare nel mondo Mac. E' un sistema desktop polivalente per la maggior parte degli impieghi comuni, ma attenzione al quantitativo di memoria
di Andrea Bai pubblicato il 27 Marzo 2023 nel canale AppleApple
Sono passati 18 anni dal debutto sul mercato della prima generazione di
Mac mini: a gennaio 2005 fu presentato da Steve Jobs in occasione del
Macworld Conference & Expo (condividendo il palco con l’iPod shuffle)
come il “Mac più economico e conveniente di sempre”. Mac mini fu allora
promosso sfruttando lo slogan BYODKM, acronimo di Bring Your Own Display,
Keyboard and Mouse ed indirizzato ad una fascia di utenti alla ricerca di
un computer entry level, dal prezzo accessibile e potenzialmente
interessati allo “switch” perché magari incuriositi dall’ambiente
Apple/MacOS. Insomma, Mac mini poteva essere un interessante cavallo di
Troia per conquistare quote di mercato andando a solleticare l’interesse
di utenti abituati ad utilizzare sistemi operativi diversi da quello della
Mela.
Sul mercato italiano Mac mini venne proposto con un listino che partiva da
499 euro per la configurazione di base, costituita allora da un processore
PowerPC G4 (una versione laptop a 1,25GHz, single core e con 512KB di
cache di secondo livello), 256MB di memoria DDR a 333MHz (espandibili fino
ad un massimo di 1GB) e GPU ATI Radeon 9200 con 32MB di memoria DDR: su
quest’ultima Apple ha fatto leva, sottolineando le maggiori prestazioni a
confronto con i modelli di PC economici che si affidavano a GPU integrate.

Da allora e fino ai giorni nostri si sono susseguite 14 edizioni di Mac mini, che ne fanno una delle famiglie di prodotti più longeva nel catalogo di Apple. 18 anni e 14 edizioni sono, tecnologicamente parlando, un’eternità. Un’eternità durante la quale l’evoluzione, il progresso e la miniaturizzazione hanno permesso di colmare il divario prestazionale che ai tempi della prima generazione di Mac mini poteva esistere tra la componentistica dekstop e quella laptop. Il passaggio dai processori Power ai processori x86 prima e quello dalle architetture x86 a quelle ARM con Apple Silicon ha incarnato il percorso di questo progresso, ed ecco che oggi Mac mini racchiude al suo interno un SoC altamente integrato, adatto sia per usi laptop, sia per usi desktop e non disdegna nemmeno configurazioni multi-sistema in rack e cluster per impieghi server/datacenter.
Mac mini con M2, il punto di ingresso in casa Apple
Come accade con altri sistemi del catalogo Apple, anche Mac mini è stato, nel corso degli anni, oggetto di rivisitazioni stilistiche ed estetiche che però non hanno tradito lo spirito originario del prodotto. Mac mini ha conservato l’aspetto a pianta quadrata con angoli arrotondati, è diminuito in altezza ma “allargatosi” in superficie e, da qualche generazione, è provvisto di chassis in alluminio. E’ un sistema di buona compattezza: le dimensioni di 19,7cm di lato e 3,58 cm di altezza rendono davvero agevole la sua collocazione in qualsiasi spazio.

Apple propone Mac mini in tre configurazioni standard, due delle quali
con chip M2 e una con chip M2 Pro, che riassumiamo in tabella poco oltre.
Le diverse configurazioni, però, determinano anche la disponibilità delle
porte di espansione: le versioni provviste di chip M2 mettono a
disposizione due porte Thunderbolt 4, una porta HDMI, due porte USB
type-A, un connettore RJ.45 Ethernet e un jack 3,5mm per cuffie o
altoparlanti. Per le versioni con chip M2 Pro le porte Thunderbolt sono
presenti in numero di quattro.
Apple Mac mini M2 |
Apple Mac mini M2 |
Apple Mac mini M2 Pro |
|
Processore |
Apple M2 - CPU 8-core/GPU 10-core |
Apple M2 - CPU 8-core/GPU 10-core | Apple M2 Pro - CPU 10-core/GPU 16-core |
Memoria |
8GB unificata |
8GB unificata |
16GB unificata |
Archiviazione |
SSD 256GB |
SSD 512GB |
SSD 512GB |
Porte I/O |
2x Thunderbolt 4, 2x USB-A, 1x HDMI, 1x RJ-45, 1x jack 3,5mm |
2x Thunderbolt 4, 2x USB-A, 1x HDMI, 1x RJ-45, 1x jack 3,5mm | 4x Thunderbolt 4, 2x USB-A, 1x HDMI, 1x RJ-45, 1x jack 3,5mm |
Connessioni wireless |
WiFi 6E 802.11ax, Bluetooth 5.3 |
WiFi 6E 802.11ax, Bluetooth 5.3 | WiFi 6E 802.11ax, Bluetooth 5.3 |
Prezzo |
729,00 Euro |
959,00 Euro |
1579,00 Euro |
In questi 18 anni il prezzo di ingresso di Mac mini è passato da 499 Euro
a 729 Euro. Nonostante l'aumento, Mac mini rimane ancora "il Mac più
economico" nel catalogo di Apple. Per quanto nominalmente il prezzo di Mac
mini sia aumentato di oltre il 60%, in un arco temporale di 18 anni non si
può non considerare anche l'effetto dell'inflazione: calcolando, tramite
lo strumento messo a disposizione da ISTAT, il suo effetto
cumulato in questo periodo di tempo ecco che il prezzo iniziale di 499
Euro corrisponde a circa 701 Euro attuali, non così distanti dal prezzo di listino.
Come avviene ormai da diversi anni per i sistemi della Mela, anche Mac mini non permette alcuna possibilità di upgrade hardware futuro. E’ una strada ormai consolidata, che difficilmente verrà abbandonata e per la quale abbiamo già avuto modo di esprimere diverse volte la nostra perplessità. Tuttavia, provando per un attimo a dismettere i panni dei “nerd smanettoni” e osservando un sistema come Mac mini da una diversa prospettiva, è un’impostazione su cui si può mostrare un po' meno intransigenza: un sistema come questo sarà per sua natura maggiormente orientato ad un pubblico generalista, poco incline a “sporcarsi le mani” quando un computer inizia a mostrare il fianco all’età. Ciò nonostante è sempre bene tenere presente al momento dell’acquisto le effettive esigenze d’impiego, così da poter scegliere la configurazione più idonea anche in ottica di "tenuta futura".
Mac mini con M2: tante prestazioni per un tuttofare domestico
Abbiamo avuto a disposizione Mac mini nella configurazione "base", tra quelle indicate nella tabella più sopra: sul fronte delle prestazioni è pertanto lecito attendersi un comportamento sostanzialmente in linea con la piattaforma M2 che abbiamo avuto modo di analizzare precedentemente in occasione della recensione del portatile Apple MacBook Air, anche se la presenza di un sistema di raffreddamento attivo (ricordiamo che MacBook Air ha un sistema di raffreddamento sprovvisto di ventole), in uno chassis che pur compatto è comunque di classe desktop, merita comunque un approfondimento.
Velocità delle ventole
Temperature d'esercizio CPU
Frequenze operative
Approfondimento che prende quindi il via dall'andare ad analizzare in che modo Mac mini gestisce le frequenze e le temperature d'esercizio in condizioni di carico della CPU, effettuata con un test continuativo di Cinebench R23 per 60 minuti. Anzitutto si osserva che le ventole operano in maniera continuativa, anche quando il sistema è in idle (a differenza di quanto avviene, ad esempio, con un portatile come MacBook Pro 14 dove le ventole entrano in funzione solo quando necessario), con un regime di rotazione relativamente basso e che varia in un intorno piuttosto contenuto di 1700 giri al minuto. Questa attività permette di mantenere le temperature d'esercizio dei core della CPU entro gli 85 gradi. La conseguenza è che una volta a pieno carico gli "Efficiency Core" raggiungono stabilmente una frequenza di 2,4GHz, mentre i "Performance Core" si assestano a 800MHz più su, a 3,2GHz: il buon lavoro del sistema di raffreddamento che, per altro, non produce alcun rumore percepibile in un normale ambiente di lavoro, non consente di innescare alcuna misura di thermal throttling permettendo quindi di disporre di massime prestazioni anche in caso di carichi di lavoro prolungati.
I benchmark effettuati mostrano, di conseguenza, un livello prestazionale leggermente superiore, lato CPU e in scenari multi-core, rispetto a quanto espresso da MacBook Air proprio grazie ad una miglior gestione delle temperature d'esercizio del SoC. Le prestazioni della GPU sono invece di pari livello. Una nota importante per quanto riguarda il test relativo a Blender con la scena "Benchmark" dove registramo prestazioni inferiori rispetto a MacBook Air con M2: ciò è dovuto al quantitativo di memoria, che nella configurazione Mac mini in nostro possesso si ferma a 8GB. La scena Benchmark di Blender è piuttosto sensibile al quantitativo di memoria, e nelle note accompagnatorie è indicato che sono consigliati quantitativi di memoria a partire dai 12GB.
Dal momento che la piattaforma è la medesima, anche su Mac mini si possono avere gli stessi vantaggi dal punto di vista dei consumi, che diventano un parametro da prendere in considerazione specie in un periodo storico in cui i costi energetici sono elevati. Abbiamo messo alla prova, sotto questo aspetto, il piccolo sistema desktop di casa Apple: registrando un assorbimento alla presa (quindi parliamo dell'intero sistema) di circa 40W-45W in condizioni di stress test a pieno carico, e di appena 4W-8W in idle.

Come dicevamo, all’interno del catalogo della Mela mac mini è l’unico sistema “non-integrato”, e cioè sprovvisto di periferiche di input e di display. Questo gli permette di essere commercializzato ad un livello di prezzo più accessibile, e di arrivare ad interessare coloro i quali già dispongono di periferiche dalle quali, per comodità, abitudine, esigenze o costi, non si vogliono separare e nemmeno hanno intenzione di sostituire.

Restando però all'interno del catalogo Apple troviamo ugualmente le periferiche indispensabili per l'uso di un sistema desktop: Magic Keyboard, Magic Trackpad, Magic Mouse e Apple Studio Display. All'interno della serie dei dispositivi "magici" è Magic Trackpad a rappresentare la periferica di maggior interesse, in quanto consente di portare anche su desktop la medesima esperienza d'uso che si può avere sui sistemi portatili, arricchendo quindi l'interazione con il sistema operativo delle gesture multi-touch.

Per quanto riguarda Magic Keyboard si segnala l'utile presenza del sensore Touch ID per l'autenticazione del sistema e che consente inoltre l'agevole compilazione delle credenziali di accesso a tutti gli account salvati. Magic Mouse, infine, rappresenta a nostro avviso l'anello debole delle periferiche Apple: si tratta di un mouse che cede esageratamente al design, soffrendo di un'impugnatura non particolarmente comoda specie per mani grandi, e che impone una manovra del tutto disfunzionale quando è necessario ricaricare le batterie. Il mouse va infatti capovolto per collegare il cavo di alimentazione, rendendolo inutilizzabile fino a quando non si è completata la carica.
Apple Studio Display: molto più di un monitor, ma solo con Mac
Apple Studio Display non è solamente uno schermo, ma una periferica integrata che assieme al display mette a disposizione anche altoparlanti e webcam. Sul mercato esistono numerose soluzioni “multimediali” provviste di altoparlanti integrati e webcam ma Apple cerca, come da sua abitudine, a proporre un prodotto la cui esperienza d’uso possa essere difficilmente paragonabile a quanto offerto dai concorrenti.
Andiamo con ordine e partiamo dalla funzionalità principale, ovvero il display stesso. Abbiamo a che fare con un pannello IPS in risoluzione nativa 5K (cioè 5120x2880 pixel) e diagonale da 27 pollici, che restituiscono una definizione di 218 pixel per pollice. I documenti d’identità di questo monitor parlano di gamut P3, luminanza massima di 600 candele/mq e la tecnologia TrueTone che già conosciamo da tempo, avendola incontrata su iPhone, iPad e sui sistemi MacBook Pro: si tratta, per chi ne sentisse parlare per la prima volta, di una funzione adattiva che permette di variare dinamicamente la temperatura colore del punto di bianco dello schermo in accordo con quella dell’ambiente circostante, così da armonizzare la visione dei contenuti a schermo ed affaticare meno lo sguardo. Si tratta, ovviamente, di una tecnologia da utilizzare con consapevolezza e che necessariamente sarà opportuno disattivare qualora lo schermo verrà utilizzato per applicazioni in cui la fedeltà cromatica del display è un requisito chiave. Apple Studio Display non offre modalità di visualizzazione HDR. Qui sotto vediamo come si comporta questo display alla prova strumentale.
Bilanciamento RGB
Apple Studio Display - Out of the box
Curva di Gamma SDR
Apple Studio Display - Out of the box
. Luminanza misurata |
---|
. Gamma standard 2.2 |
Rapporto di contrasto: 1,012 : 1 |
Spazio Colore CIE 1931 - Coordinate cromatiche Yxy
Apple Studio Display - Out of the box
. Gamut misurato | Copertura | Rapporto |
---|---|---|
. REC BT.709 | 99.97% | 130.46% |
. DCI P3 D65 | 96.08% | 96.17% |
. Adobe RGB | 86.75% | 96.71% |
. BT.2020 | 68.98% | 69.00% |
DeltaE - Macbeth Color Checker
Apple Studio Display - Out of the box
L'analisi strumentale mostra un comportamento piuttosto convincente per Apple Studio Display: si segnala in particolare la copertura di oltre il 96% dello spazio colore DCI-P3, e un rapporto di contrasto che supera il valore di 1000:1 a fronte della massima luminanza non lontana dalle 600 candele su metro quadro. In modalità nativa la neutralità della scala di grigi non è impeccabile, anche se la deviazione rilevata resta all'interno dei livelli di guardia. Di conseguenza anche la fedeltà cromatica risulta leggermente condizionata da questo aspetto, pur mantenendosi su valori di tutto rispetto con un DeltaE medio di pochissimo superiore a 2. Le prestazioni del monitor possono essere migliorate con un piccolo lavoro di profilazione, atto a ripristinare la neutralità della scala di grigi.
Al centro della cornice superiore si trova la videocamera da 12 megapixel, con un ampio angolo di campo da 122° e un’apertura di f/2.4 che consente di disporre di buone prestazioni anche con condizioni di illuminazione ambientale non ottimale. La videocamera è caratterizzata da un sistema per l’inquadratura automatica che grazie alla sinergia hardware/software permette di seguire il soggetto all’interno della scena, o di allargare/stringere l’angolo di campo qualora sia necessario inquadrare più soggetti. Si tratta di una funzione decisamente utile durante videochiamate e videoconferenze, poiché non costringe l’utente a dover orientare a mano il display nel momento in cui si trova a cambiare posizione.
Apple Studio Display dispone poi di un comparto audio composto da sei altoparlanti e un woofer “force cancelling”, capaci di supportare l’audio spaziale con contenuti Dolby Atmos e, più in generale, di ricreare una scena stereofonica dalla buona ampiezza frontale. All’interno del display si trova anche un array di tre microfoni che oltre ad essere caratterizzati da un elevato raporto segnale/rumore può sfruttare anche la tecnologia beamforming allo scopo di ottenere registrazioni chiare e pulite, attenuando il rumore di fondo. Anche in questo caso si rivela una funzionalità utile per le videoconferenze, ma anche per piccole registrazioni audio a livello hobbystico di strumenti musicali e voce in “presa diretta”. Apple Studio Display dispone, infine, solamente di una porta Thunderbolt 3 e tre porte USB-C per il collegamento ad un sistema, con la possibilità di poter fungere da piccolo hub di periferiche.
E’ bene osservare che per sfruttare interamente le funzionalità messe a disposizione da Apple Studio Display è necessario che questo venga utilizzato in congiunzione con un sistema Mac. Se collegato ad un sistema Windows esso fungerà solo come display, senza che l'utente possa sfruttare ad esempio la webcam integrata e le sue funzioni per l'inquadratura che segue il soggetto. Il monitor non offre nemmeno nessun controllo fisico e nessun OSD: tutte le regolazioni avvengono via software tramite il sistema operativo.
Mac mini con M2: è ancora il più economico, ma solo in configurazione base
Nella configurazione “di base”, Mac mini rappresenta attualmente il sistema più economico all’interno del catalogo della Mela. Si tratta di un sistema dal prezzo relativamente contenuto, che può rappresentare una scelta valida per tutta quella parte di pubblico che non ha interesse nel possedere un sistema portatile, ma allo stesso tempo ha bisogno di un computer. Le prestazioni di Mac mini sono infatti tale da consentire un impiego abbastanza disinvolto del mezzo per tutte le attività una volta definite SoHo (Small office, Home office), ma anche per tutti quegli impieghi dei piccoli creator che curano i propri profili e canali social in maniera hobbistica o “prosumer”. Il sistema è anche adatto agli sviluppatori e, considerando l’ambiente Apple, in particolare a coloro i quali si dedicano allo sviluppo di app per l’ambiente iOS, iPadOS o macOS.
A questo punto sono tendenzialmente due i profili di utente-tipo che potra nutrire interesse per un Mac mini: chi è già utente Apple, magari proprio con un Mac mini di precedente generazione (e a coloro i quali, tra questi utenti, è in possesso di un sistema con processore Intel consigliamo l’upgrade al nuovo SoC Apple Silicon) oppure chi non è mai stato utente dell’ambiente macOS e desidera fare il proprio primo ingresso nell’ecosistema Apple.
Il vero limite della configurazione entry di Mac mini non è la potenza di calcolo (certo, per chi ha bisogno di “muscoli” ci sono le configurazioni con M2 Pro, ma difficilmente un videomaker esigente si rivolgerà ad un sistema Mac mini di base) ma il quantitativo di memoria, specie in un sistema caratterizzato da un'architettura memoria unificata. 8GB sono il minimo sindacale qualora si faccia un utilizzo "casual” del sistema: qualche richiesta più intensa, magari con un paio di applicazioni che è frequente vengano utilizzate in accoppiata (come Lightroom e Photoshop, ad esempio), ed ecco che Mac mini può iniziare a mostrare il fianco in termini di reattività. Chi sa a priori di utilizzare applicazioni particolarmente memory-intensive è bene che si orienti verso quantitativi più elevati: la scelta di tagli di memoria superiori si rivela però onerosa: un passaggio da 8GB a 16GB in fase di configurazione del sistema ha un costo di 230 euro.
24 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - infoStanno bene sullo scaffale.
su amazon ci compri un minisforum già configurato con ryzen 6900hx e 32+1000 GB
su amazon ci compri un minisfomur già configurato con ryzen 6900hx e 32+1000 GB
PC monoblocco non aggiornabile venduto a prezzo folle. Un Apple insomma.
Niente di nuovo sotto il sole.
Niente di nuovo sotto il sole.
CVD
dimentichi +6 core, +2 thunderbolt... da non sottovalutare
ladrata che merita gli scaffali. ma sappiamo già che ne venderanno eccome.
Edit: se non fosse chiaro, vorrei che l'articolo spendesse due parole sulla convenienza dell'upgrade da M1, e spero in futuro diciate qualcosa sul modello M2 Pro.
Certo che ne spari di bischerate…
Ma veramente un PC di buona potenza per la gioia del gamer smanettone costa tranquillamente anche di più.
E il LISA proprio non c'entra niente, erano completamente altri tempi con altro contesto ed altro mercato soprattutto.
Il LISA costava uno sproposito perchè Jobs pretese di metterci dentro il top del top dell'hardware all'epoca disponibile.. con conseguente prezzo elevatissimo che ne decretò la morte prima ancora di nascese.
Paragonato ad oggi sarebbe come mettere sul mercato un pc "general purpose" home/office con 128Gb ram ed un Threadripper di fascia alta.
E il LISA proprio non c'entra niente, erano completamente altri tempi con altro contesto ed altro mercato soprattutto.
Il LISA costava uno sproposito perchè Jobs pretese di metterci dentro il top del top dell'hardware all'epoca disponibile.. con conseguente prezzo elevatissimo che ne decretò la morte prima ancora di nascese.
Paragonato ad oggi sarebbe come mettere sul mercato un pc "general purpose" home/office con 128Gb ram ed un Threadripper di fascia alta.
Giusto per precisare: LISA venne progettato per essere un computer professionale da ufficio e non un PC da casa o per la produttività personale. Per quello che offriva, rispetto ad altre soluzioni come lo Xerox Star che veniva venduto come piattaforma integrata enterprise, costava anche “ poco “: 32 bit, 1Mb di ram, HDD, multitasking preemptive, salvataggio automatico dei file aperti, memoria protetta… era semplicemente lo stato dell’arte agli inizi degli anni ‘80!!
Il problema che portò al fallimento di LISA fu la mancanza di software soprattutto quando esplose la PC mania dopo la presentazione del primo PC IBM e di tutti i suoi cloni. Stesso problema che afflisse in maniera più pesante Macintosh: potente, con curva di apprendimento per i neofiti digitali praticamente piatta, relativamente più aperto di LISA, ma con una carenza cronica di software importante ( la suite di MS Office arriverà solamente a metà degli anni ‘90 ).
I prezzi erano un problema relativo: i PC IBM originali con CPU 16/8 bit ( i8088 ) costavano anche loro tanto ed offrivano meno come hardware; con i cloni di buona marca si risparmiava ma non più di tanto; il primo PC clone a 32 bit, il Deskpro 386 di Compaq, venne lanciato ad un prezzo di 5000 USD senza monitor, con un HDD IDE vs lo SCSI usato come standard da Apple su Mac. La differenza era che quella cifra richiesta da Compaq era ben investita perché permetteva nel tempo di accedere ad una quantità di programmi professionali enorme, via via sempre più ottimizzati per sfruttare tutta la potenza delle nuove CPU Intel.
Problema non capito nemmeno da Apple che preferì aprire il sistema ai cloni, invece di investire supportando gli sviluppatori, anche MS, per portare più software possibile su Mac OS!!
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